Indice articoli

La spada giapponese è fondamentalmente variata di poco nel corso della sua storia ultramillenaria, nel corso della quale è stata non solo utilizzata come arma ma anche apprezzata e studiata come oggetto artistico il cui studio richiedeva oltre che competenza e passione anche l'adozione di una rigorosa metodologia. Nel tentativo di introdurre gradualmente il lettore alla comprensione di una materia quanto mai complessa, senza comunque avere l'ambizione di scendere troppo nel dettaglio, divideremo gli articoli dedicati alla terminologia della spada in due differenti sezioni.

Nella prima, quella che vedete, si parlerà della nuda lama.  A differenza delle lame occidentali, quelle giapponesi sono infatti previste per un disassemblaggio rapido e senza alcun uso di attrezzi, essendo il menuki nuki, il martelletto cacciaspine utliizzato per l'estrazione del perno che vincola la lama al manico, facilmente sostituibile da un attrezzo di fortuna o, con un po' di energia e destrezza, dalla mano nuda.

La vita della lama è quindi separabile da quella della fornitura, che può essere sostituita in tutto o in parte quando usurata o quando non più corrispondente alle aspirazioni del proprietario o di un nuovo proprietario. In sede di valutazione della spada però si fa riferimento soprattutto alla nomenclatura della lama ed è questa di conseguenza la terminologia che occorre conoscere più a fondo. E' assolutamente impensabile che una lama possa essere apprezzata senza essere separata dalla montatura per venire esaminata a fondo, priva di qualunque ornamento ed accessorio.

Faremo riferimento in questo articolo soprattutto alla nomenclatura della katana, la maggiore delle due lame che il samurai aveva obbligo di indossare  e che per questa veniva definita daito (spada lunga) in contrapposizione al wakizashi o shoto (spada corta) assieme al quale costituiva la coppia detta daisho (lunga-corta). I termini descritti rimangono validi però anche nel caso di lame di tipologia differente, le principali delle quali sono il tachi, di dimensioni maggiori e curvatura più accentuata rispetto alla katana, ed il tanto, pugnale con lama normalmente inferiore allo shaku (30 cm circa).

Nella katana possiamo distinguere 3 zone principali: quella del codolo (nakago), quella della lama vera e propria, e la parte terminale (monouchi) che è quella utilizzata normalmente come arma di offesa. Ognuna di queste sezioni è composta di svariate componenti.

 

 

Descrivendo una katana se ne indicano innanzitutto le dimensioni: la lunghezza (nagasa) è la tangente che va dall'inizio della lama alla sua punta (kissaki), dalla parte convessa opposta al tagliente. Il sori è la massima diistanza tra la linea della nagasa ed il dorso della lama. Viene sempre indicato nella descrizione se il sori è collocato nel terzo di lama più vicino all'impugnatura (koshi-zori), nella parte mediana (torii-zori) o nella parte finale (saki-zori) in quanto questa informazione aiuta - assieme ai numerosi altri elementi che vengono inseriti nella descrizione - a comprendere a quale periodo, a quale scuola se non addirittura a quale maestro può essere attribuita la lama.

La visione d'assieme della lama permette attraverso il suo sugata (traducibile grossomodo con sagoma o profilo) di avere già un primo dato da classificare, per poi metterlo a confronto con tutti gli altri che seguiranno, verificarne la coerenza ed emettere un giudizio. Un secondo elemento è la sezione della lama, che nel caso della katana è quasi sempre shinogi-zukuri: si tratta di una tipologia in cui la lama ha praticamente sezione pentagonale: i due lati della lama, due costolature (shinogi) che formano con i lati un angolo vivo, ed un dorso (mune) che può essere a sua volta semi rettangolare (kaku mune), triangolare (iori mune, o mitsu mune quando lo spigolo superiore presenta a sua volta una superficie piatta) o arrotondato (maru mune). Distingueremo meglio queste zone nelle illustrazioni seguenti. A volte lungo lo shinogi corre una scanalatura (hi), a volte due (bobi), aventi lo scopo di allaggerire ed irrobustire la lama.