Tecnica e storia
L'olimpo della spada - II
Indice articoli
L’olimpo della spada: la katana
Spade famose passando per storia, spadai giapponesi e samurai
Seconda parte
L’amore per la katana è incondizionato, subconscio, ancestrale. È ora un termine adottato genericamente in occidente per le spade forgiate in Giappone anche se identifica una sola tipologia di lama. Le lame giapponesi sono caratterizzate da un processo di piegatura, ripiegatura e forgiatura di più tipi di metallo, acciaio duro e fragile e più tenero e flessibile combinati insieme. Il pacchetto viene poi battuto e scaldato alla forgia e ripiegato più volte, raddoppiando gli strati ad ogni successiva piegatura: da due se ne ottengono quattro, poi otto e così via. Al termine, dopo quindici ripiegature per esempio, si alternano 32768 strati ottenendo una lama dura ma allo stesso tempo flessibile come un salice che sotto il peso della neve si flette, lascia andare il peso che lo opprime e ritorna nella posizione originale.
Gli artigiani che producono lame sono chiamati “toko” (artigiano di spada), “tosho” (maestro di spada) o “katana kaji” (fabbro).Per semplicità con il termine katana indicheremo talvolta anche tachi (la tipologia di spada più diffusa prima della affermazione della katana), uchigatana, wakizashi e tanto che se ne differenziano per dimensioni, forma, struttura. Tra le altre tipologie possiamo menzionare le seguenti:
- Odachi: di lunghezza maggiore del consueto
- Kenukigata Tachi: tipologia tra il tachi arcaico e quello classico
- Kogarasumaru: con puntale a becco di corvo (nome di una lama tesoro imperiale)
- Nagamaki: ricavata da una naginata
- Naginata: arma in asta simile a una alabarda
Ma esistono persino le shikomi katana, spade mascherate o travestite - ad esempio da ombrello – che danno priorità al camuffamento piuttosto che alla robustezza quindi di norma più sottili e meno robuste.
Non mi soffermerò a definire la resistenza dei materiali delle katana alle forze dinamiche (altrimenti detta resilienza – la parola più comune dall’inizio del covid) e neanche gli aspetti tecnici della metallurgia e della forgiatura, per i quali rimando ai differenti articoli di questo sito.
Qui trattiamo di lame celebri per capacità di taglio e di combattimento, rese famose da maestri spadai, da samurai, da celebri comandanti.
La katana, dalla forma armoniosamente arcuata ed esteticamente piacevole, ha un significato simbolico, è simbolo di potere o pregiato pezzo d’arte, mentre come arma, fin dai tempi antichi, ha rappresentato potenza e precisione di taglio che gli hanno conferito un’aura di leggenda senza paragoni.
Pilastro della cultura spirituale del samurai, anima stessa dei samurai al servizio del governo militare dello shogun cui ha servito per centinaia di anni.
Un apice di perfezione chirurgica del taglio, si potrebbe dire da cecchinaggio, durato circa 600 anni, fino a quando il declino dello shogunato Tokugawa iniziava a delinearsi come sfondo sbiadito per la restaurazione Meiji.
La stessa famiglia imperiale, a riprova dell’importanza storica e simbolica della katana, è depositaria della leggendaria Ame-no-Murakumo-no-Tsurugi (天叢雲剣, Spada Celeste della Raccolta delle Nuvole (di pioggia)) anche detta Kusanagi-no-Tsurugi (草薙の剣, Spada di Kusanagi) che rappresenta uno dei tre tesori sacri del Giappone: gli altri due sono la gemma Yasakani no Magatama (八尺瓊曲玉, giada di Yasakani, forse una replica dell'originale) e lo specchio Yata no Kagami (八咫鏡, specchio a otto campate). Questi tre tesori, conosciuti come le Insegne Imperiali del Trono del Crisantemo rappresentano tre virtù: il valore (la spada), la benevolenza (la gemma) e la saggezza (lo specchio).
Non vera spada ma sempre di simbolica grande potenza è anche la “Jintachi Koshirae” che accompagna lo Yokozuna durante la cerimonia d’apertura ai tornei di Sumo.
Il sumo è lo sport nazionale giapponese con origini e rituali che risalgono al VI secolo ancora in uso, soprannominato “lo sport degli dèi” perché usato per propiziarsi gli dei dello shintoismo. Lo Yokozuna (campione assoluto) usava una vera spada per entrare nel doyo, ma dopo la seconda guerra mondiale fu bandita dal GHQ (Comando Alleato in Giappone), e sostituita con un Takemitsu (legno di bambù lavorato a somiglianza di una lama - ecco perché non è una vera spada).
La Takemitsu pesa complessivamente circa 4 kg ed è portata in verticale con una sola mano, cosa non facile, come tradizionalmente veniva portato il tachi dallo scudiero del nobile; viene tenuta dal fodero (saya) e non dal manico (tsuka), con la mano protetta da un panno per proteggerne la preziosa lacca.
Un po’ di storia e di storie
La fama della katana è arrivata nei giorni nostri oltre mare, ma già nel tardo periodo Heian (794– 1185) a riprova della squisitezza della sua fattura, la katana era riconosciuta come una esportazione pregiata del Giappone e viene citata dal mercante Ou-yang Hsiu (1007-72) in una poesia “A poem about the Katana”. Questo poema e altri lavori si possono trovare in “The Literary Works of Ou-yang Hsiu (1007-72)” di Ronald C. Egan.
La qualità delle spade, inizialmente, era ancora molto lontana da quella che si sarebbe raggiunta non solo con l’esperienza metallurgica ma anche con le prove “sul campo” (tameshigiri, taglio di corpi o parti di corpo per provarne l’efficacia). Da scavi nella prefettura di Saitama e Shimane sono venute alla luce, corrose e danneggiate, spade in ferro con iscrizioni in caratteri cinesi risalenti al 471. Alcune però con finiture in oro e bronzo, sempre nella prefettura di Shimane, sono arrivate fino a noi miracolosamente in buono stato di conservazione.
Dal settimo secolo in poi le spade hanno mantenuto un buono stato di conservazione, principalmente lame dritte del tipo “tachi” di origine cinese, importate o prodotte internamente. Intorno al X secolo iniziano ad assumere in via definitiva la loro forma arcuata, per un cavaliere molto più efficace nel colpire un soggetto, a cavallo o appiedato.
Sempre in questo periodo inizia la produzione delle katana a sezione pentagonale (shinogi zukuri) al posto di quelle triangolari hira zukuri: la resistenza agli urti, la capacità di taglio su differenti materiali, la flessibilità senza piegarsi o rompersi che questa struttura conferisce alla katana ne fa la preferita dagli spadai e naturalmente dai samurai.
Nei territori tra le odierne prefetture di Okayama, Shimane e Tottori, le scuole fioriscono grazie all’abbondante presenza e alla qualità della sabbia di ferro: Awataguchi, Ichimonji, Rai, Fukuoka, Osafune e Aoe, sono solo alcune che possiamo citare per non perderci.
Goro-nyudo Masamune, ne abbiamo parlato nella parte 1, fu a detta di molti il più brillante fabbro del periodo del massimo splendore, tanto che oggigiorno si assegna un premio “Masamume” per il lavoro migliore in questo campo. Lo stile di Masamune influenzò enormemente l'artigianato della spada in varie regioni al punto che ci furono fabbri chiamati “Masamune Juttetsu” (I dieci discepoli di Masamune). Sebbene la maggior parte di essi visse in seguito senza avere alcun rapporto effettivo tra maestro e discepolo, questo mostra l'influenza del pensiero di Masamune in varie regioni.
Con la guerra Onin, 1467-1477, ha inizio il periodo denominato Sengoku jidai o Periodo degli Stati Combattenti, durato fino al 1603 quando venne riconosciuto lo shogunato Tokugawa, impostosi di fatto dopo la famosa battaglia di Sekigahara (1600) e poi consolidatosi mantenendo una relativa pace fino al 1868.
Il Sengoku jidai vide purtroppo un deterioramento generale della qualità delle spade, a beneficio della produzione di massa del periodo di guerra.
Ma anche per l'introduzione a partire dal 1543 dei fucili importati dai portoghesi sbarcati sull’isola di Tanegashima sebbene il processo di produzione delle lame fosse in rapido progresso grazie al miglioramento della tecnologia siderurgica, delle fornaci tatara da cui si ricavava l'acciaio grezzo e delle forge a soffietto utilizzate dagli spadai.
Nonostante il periodo di generale decadimento della qualità e vista anche la fornitura stabile di acciaio di alta qualità, si ha lo sviluppo del “chumon-uchi” o “spade su ordinazione”: notabili e samurai richiedevano opere agli spadai più accreditati.
I due principali fabbri del periodo si possono identificare in Magoroku Kanemoto e Muramasa. Naturalmente non solo durante il periodo Sengoku ma anche durante il periodo Edo ci furono maestri spadai degni di menzione, tra i quali Kotetsu Nagasone, Kunihiro Horikawa, Shinkai Inoue e Sukehiro Tsuda.
In questo periodo, denominato shinto (nuova spada), fiorirono particolarmente, ordinate da benestanti mercanti, lussuose wakizashi (con lama da uno a due shaku, 30-60 cm) riccamente decorate. Arricchimento decorativo tuttavia evitato dai samurai conservatori ritenendolo un aspetto decadente dallo stile spirituale del guerriero, bushi.
Se la conoscenza tecnica progrediva ma non era diffusa ovunque, fu sviluppata, arricchita e diffusa la tecnica degli ornamenti e accessori (kodogu) della katana: tsuba (guardia), kozuka (coltello accessorio), menuki, fuchi e kashira (ornamenti del manico), kogai (accessorio per pettinare i capelli).
E naturalmente maestri spadai guadagnavano fama: Matashichi Hayashi, Yasuchika Tsuchiya, Toshinaga Nara, Somin Yokotani, Shozui Hamanoe Ichijo Goto.
Tra uno shogun Tokugawa e l’altro passano 250 anni arrivando verso la fine del periodo Edo quando si fanno strada sentori di rinnovamento e voglia di far rivivere l’antica arte del periodo Koto, il più antico.
Il nuovo sarà lo Shin shinto (nuovissima spada), ma assieme alla voglia di “revival” si scuoteva anche la realtà politica del paese.
Gli Stati Uniti imponevano al Giappone sotto la minaccia delle armi ad opera del Commodoro Perry l’apertura al mondo e al commercio estero siglata con la Convenzione di Kanagawa nel 1854. Si avvia poi nel 1868 l’era della Restaurazione Meiji, mettendo fine al periodo di auto reclusione dal mondo chiamato Sakoku.
Nel 1873 fu emesso il 28 marzo il bando Katana rei che riservava il porto della spada a polizia ed esercito e iniziò il deciso progressivo e inesorabile declino dell’arte della katana. Non scomparve ma diventò appannaggio di classi di élite e degli ufficiali per i quali divenne parte dell’uniforme d’ordinanza fino alla fine della II Guerra Mondiale; questi furono sempre più addestrati all’uso della spada nel combattimento ravvicinato, e crebbe la produzione industriale di lame militari (shingunto) ma con livelli qualitativi generalmente lontani da quelli passati. Con poca richiesta di spade artigianali la forza lavoro venne decimata e l’arte della spada rischiava la scomparsa, fu così che molte spade presero la via dell’estero e sembrò essere una soluzione. Nel 1873 l’artigianato nipponico aveva fatto il suo ingresso ufficiale nella realtà occidentale l’Expo di Vienna: stampe ukiyo-e, porcellane, lacche, strumenti vari e naturalmente spade.
La katana e la sua fabbricazione non erano stati sicuramente il pensiero dominante dalla fine del secolo XIX al termine della Seconda guerra mondiale quando per giunta il Comando Alleato le bandì con piglio pistolero da far west, infondendo la paura di essere incarcerati per il possesso di una katana. Fu così che anche tra chi poteva essere in possesso di un tesoro nazionale si corse ai ripari distruggendo la mortale nemica della democrazia sia sotterrandola provocandone la corrosione e l’inevitabile danneggiamento oppure consegnandola, favorendo così il rientro in patria dei combattenti con souvenir esotici del misterioso Paese del Sol Levante.
Il Giappone naturalmente corse ai ripari vedendo preziosi tesori in pericolo e avviò un sistema di registrazione del possesso di lame in modo da autorizzarne il possesso almeno in casa. Viene rilasciato dalla polizia un cartellino che deve sempre obbligatoriamente accompagnare ogni lama.
“Non rompersi, non piegarsi e contemporaneamente tagliare”: sembra essere stato questo l’obiettivo per cui le tecniche di forgiatura e rifinitura delle lame sono state sviluppate nel corso di secoli.
Un connubio che ha creato oggetti da taglio micidiali nella pratica, immortali e leggendari nello spirito.
La piegatura dell’acciaio, che richiede il riscaldamento a centinaia di gradi. martellamento e poi decine di ripiegature, consente al processo di rimuovere le impurità dell'acciaio e ottenere la resilienza di cui si è parlato.
L'intero processo di fabbricazione della spada giapponese è considerato un'arte sacra al punto che prevede vengano eseguiti rituali shintoisti, trasformando la lama in oggetto sacro per i suoi futuri proprietari e le loro famiglie. Purezza rarità e valore sono infatti i valori che si richiedeva fossero presenti quando gli dèi venivano coinvolti nelle vicende umane. La katana così creata sarà tramandata come cimelio di famiglia ad ogni nuova generazione.
Tale perseveranza nel continuare a preservarne sviluppo e storia suggerisce che la katana possa essere considerata una delle spade più iconiche della cultura mondiale. Iconica perché la figura che racchiude in un solo oggetto la maestria, essenziale, degli spadai per la sua produzione di qualità; la maestria, rinomata, degli artigiani per il suo “confezionamento” estetico; infine la maestria, vitale, del samurai nel brandirla e farla diventare uno strumento letale nel duello “all’arma bianca”. Il samurai e la sua lama sono diventati una cosa sola, un duo inscindibile: l'essenza del samurai è la sua spada e l’anima della spada risiede nel suo samurai.
La katana, nelle sue varie declinazioni, ha un grande significato culturale in Giappone. Gli ideali e il codice samurai sono adottati ancora oggi da uomini d'affari giapponesi, e la spada rimane un simbolo per quelle stesse tradizioni. Una lama realizzata a mano è un oggetto prezioso, dal punto di vista economico visto il costo della produzione a mano, e da quello spirituale per tutto ciò che rappresenta.
Nella terza e ultima puntata di questo viaggio nel mondo della katana presenteremo ancora alcune leggendarie lame storiche.