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Il villaggio è conteso tra due bande di trafficanti, che significativamente si occupano di commercio di seta e di sake: una chiara accusa alla brama di potere del capitalismo moderno, che in altre opere di Kurosawa assume i toni di una vera e propria denuncia ma che rimane in sottofondo in Yojimbo.

Un'opera caricata all'estremo su ogni registro, come certe fotografie che andavano di moda all'avvento del colore, dalle tonalità talmente contrastate ed esagerate da diventare surreali; ma il registro dominante è senza ombra di dubbio quello comico, rivolto contro quel genere di miserie umane che fanno più spesso indignare che sorridere.

 

E Yojimbo ride apertamente, al vedere la commedia umana di cui tiene le fila scatenando le due bande l'una contro l'altra, mentre prima le loro sopraffazioni erano rivolte agli inermi abitanti del villaggio.

Tutto sembra dunque andare secondo i piani del misterioso samurai, ma non tarderanno a sorgere complicazioni, che lo costringeranno perfino a mostrare il suo volto umano, ben celato dietro un comportamento brusco, sfrontato e cinico.