Shigeru Mizuki

Enciclopedia degli spiriti giapponesi

Kappa Edizioni,  2010

Shigeru Mizuki, trovate qualche cenno biografico nella recensione dell'altro suo saggio Enciclopedia dei mostri giapponesi, è tornato sul luogo del delitto con una nuova opera, a tratti spassosa ma talvolta sconcertante perché lo spirito giapponese - inteso in  tutti i sensi - a volte non si sovrappone perfettamente al nostro.

Chi si è gia svezzato alla Enciclopedia dei mostri non si stupirà quindi nello scoprire che abumimiguchi, il primo della lunga serie di spiriti elencati e descritti in ordine alfabetico, alloggia in un luogo non sospettabile ai più: la staffa (abumi) ove i cavalieri appoggiano i loro piedi. Detto anche shita abumi cioè staffa linguacciuta (anche il primo termine allude alla sua loquacità, significando bocca = guchi a staffa = abumi) è legato alla sorte del cavaliere, il guerriero di cui è stato al servizio, e rimane abbandonato tra le spoglie ed i resti del campo di battaglia quando il samurai trova la morte. Da quel momento rimane fedele a quei luoghi, secondo Mizuki come un cane incapace di abbandonare i luoghi frequentati una volta dal padrone che ha perduto.

Lo ema no sei (è inevitabile con questo genere di libri saltare qua e là senza un filo logico) apparve di notte, secondo un testo dall'inquietante titolo di Racconti di demone di notte alla finestra, al pittore Komagata Doan, insegnandogli i segreti per rappresentare degnamente nelle sue opere i cavalli. Lo ema (disegno di cavallo) è una tavoletta in legno  che gli shintoisti utilizzano per annotarvi le loro preghiere ed altro ancora, e veniva spesso adornata con figure di cavalli in quanto questi animali - apprendiamo dal testo - venivano donati ai templi in occasione delle festività religiose.

Come vediamo quindi la fantasia popolare del Giappone tradizionale ama l'idea che lo spirito possa nascondersi non solo in esseri umani, animali, piante e luoghi, ma anche in singoli oggetti, compresi quelli più comuni e di minore valore intrinseco.

Di dimensioni meno imponenti dell'opera gemella l'Enciclopedia degli spiriti giapponesi si conclude a pagina 316 con lo zenfusho, uno yokai (termine che potremmo tentare di rendere con manifestazione magica inquietante, che appartiene alla grande famiglia degli spiriti domestici: alloggia nelle cucine e più precisamente dentro i calderoni, tantevvero che in alcune zone del Giappone si usava trarre gli auspici sugli avvenimenti futuri interpretando il suono prodotto dal bollire di un calderone.

Vediamo qui lo zenfusho raffigurato dalla abile, magica penna di Mizuki, grande artista mangaka.

E' assieme a lui un altro yokai domestico, il koinryo, villoso e dai piedi uncinati, che impugna un rastrello denominato kumade  e si muove con una andatura danzante che lo accomuna allo zenfusho, mentre il suo aspetto non è ben definito e varia a seconda della credenza popolare in cui viene inserito di volta in volta.

 

La lunga serie degli yokai ed affini è completata da alcune appendici. Particolarmente gustosa quella in cui Mizuki elenca un gruppetto purtroppo ridotto di Spiriti dei tempi recenti. Ma contiamo di vedere questa sezione molto più affollata nelle prossime edizioni.

Un esempio? Come rinunciare, visto che stiamo scrivendo in una torrida serata di luglio, ad una menzione dello Shin Nurarihyon?

"Si tratta di un'entità che sarebbe apparsa solo di recente. Appare nei giorni assolati d'estate, quando le persone schiacciano l'interruttore del condizionatore. In pratica lo spirito strega il condizionatore succhiando tutta l'elettricità. La stanza rimane afosa e a nulla serve abbassare la temperatura dell'aria in uscita."

E' una riedizione (il termine shin in questo caso significa nuovo) dell'antico nurarihyon, uno spirito che si introduceva nelle case in prossimità del tramonto e poi spontaneamente andava via senza apparentemente aver fatto nulla, né di buono né di cattivo. Come tutti gli yokai colpiva e ancora colpisce sce i punti deboli dell'essere umano.

Ammonisce Mizuki: "Lo Shin Nurarihyon è l'esatta fotografia di come procede la nostra civiltà".