Saburo Sakai: Samurai!
Longanesi, 1972

 

Probabilmente ormai introvabile, non siamo al corrente di riedizioni, questo libro vale comunque la pena di qualche ricerca nelle bancarelle dell'usato. La traduzione, condotta su quella inglese e non sull'originale, mostra il segno dei tempi: sarebbero impensabili oggi trascrizioni come Kyusciu o Tsuscima ed è probabile che il doppio passaggio abbia reso non coglibili diverse sfumature.

 

Saburo Sakai, appartenente ad una famiglia samurai di basso rango, i cui avi parteciparono alle guerre del periodo Tokugawa e alla disastrosa invasione della Corea tentata da Toyotomi Hideyoshi nel 1592, ebbe una adolescenza difficile segnata dalla prematura morte del padre. La rigida disciplina della marina, in cui si era arruolato a 16 anni, pur a volte insensata e controproducente, gli diede la forza di ritrovare se stesso, applicando i principi dell'Hagakure che erano patrimonio della classe samurai.

Selezionato per partecipare ai primi corsi per piloti da caccia, trovò finalmente la sua vocazione: vennero ammessi al corso 70 allievi, selezionati tra 1500 candidati, ma solo 25 conseguirono nel 1937 il brevetto di volo, al termine di un addestramento talmente intenso che consentiva ai migliori di loro di distinguere ad occhio nudo le stelle in pieno giorno.

Sakai fu il primo del corso, ricevendo come riconoscimento l'orologio d'argento dell'imperatore, e venne quasi subito assegnato ad un reparto che partecipava alle operazioni sul continente: una serie di guerre non dichiarate, il governo giapponese le classificava come "incidenti", che avevano lo scopo di estendere il dominio e l'influenza del Giappone. Partecipò poi alla guerra mondiale, dopo la dichiarazione unilaterale di guerra del Giappone agli Stati Uniti coincidente con un attacco a sorpresa alle basi americane, e al termine della guerra era l'unico sopravvissuto tra gli assi della caccia giapponese. Contò al suo attivo 64 vittorie.

E' interessante notare come la rigida disciplina samurai prima, e gli inflessibili regolamenti della marina poi, non resero Sakai una insensibile macchina da guerra: seppe sempre conservare il suo equilibrio ed il suo raziocinio, e pur avendo compiuto fino in fondo e forse oltre il suo dovere, rimane spietato e lucido critico della inutile ed insensata carneficina in cui si è trovato ad essere protagonista.

Al termine della guerra Sakai, sopravvissuto senza deliberatamente cercare di sopravvivere, torna a casa dalla giovane moglie Hatsuyo, che dopo averlo abbracciato estrae dalla cintura l'aikuchi, il corto pugnale che le donne samurai indossano, pronte a combattere e se necessarie a togliersi la vita con esso, per sfuggire al disonore. Aveva deciso di uccidersi se gli avessero portato la notizia che Sakai era caduto in combattimento.

"Non ne avrò più bisogno, d'ora in poi!" gridò, lanciando a terra la lama scintillante. Il pugnale rimbalzò sul pavimento e andò a fermarsi in un angolo.