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Kunitoshi: tanto

Juyo token

Mei: Rai Kunitoshi

Nagasa: 27,6

Sori: uchizori

Motohaba: 2,2
Accompagnato da certificato
origami firmato da Honami Kochu, datato Hoei, Ni-Nen (1705)

Quello che immediatamente colpisce nel vedere le magnifiche lame esposte, nude e terribili, nelle vetrine, è il magnifico stato di conservazione, inconsueto nei nostri musei e raro a vedersi anche nelle collezioni private, dove gli oggetti sono amorevolmente curati da proprietari orgogliosi e coscienti del valore artistico e storico di quanto hanno tra le mani ma che non sempre sono in grado di affrontare le elevate spese necessarie per una ripulitura a regola d’arte.

Oltretutto ci sono liste di attesa di diversi anni, e non tutti i collezionisti sono disponibili a separarsi a lungo dai loro oggetti. Ma tutte le lame esposte a Solingen erano state sottoposte a lavori di ripulitura che rivelavano mani molto piú esperte di quanto è solito vedere in occidente.

Bisogna peró pur sempre tenere conto che si trattava di lame risalenti a diverse centinaia di anni, fino a 800 ed oltre per le piú antiche, e lo confermano gli oshigata. L’oshigata è un disegno a mano della lama ove è riportata ogni sua caratteristica. Il catalogo di Solingen riproduce quello pertinente ad ogni lama (come già detto questo deve avere richiesto un impegno non indifferente) e si notano agevolmente quando li si esamina i segni del trascorrere insesorabile del tempo. L’hamon, la linea di tempera che contraddistingue in modo inequivocabile le lame giapponesi, viene impercettibilmente consumata ad ogni successiva operazione di ripulitura avvenuta nel corso dei secoli.

Kunitsugu: tanto

Tokubetsu juyo token

Mei: Rai Kunitsugu

Nagasa: 27,4

Sori: = =

Motohaba: 2,6

 

Difficile da apprezzare quando la lama è esposta, salvo casi eccezionali in cui l’hamon è talmente consumato da essere ridotto ad una fascia sottile o addirittura scomparire a tratti, il livello di usura dell’hamon viene rivelato dall’hoshigata.

L’hamachi infatti, lo scalino presente sul tagliente alla fine della lama dove comincia la tsuka (il codolo) è sovente ridotto e a volte quasi scomparso; contrastano vistosamente i munemachi, gli scalini corrispondenti che si trovano sul dorso della lama, meno soggetti ad usura e che non richiedono affilatura, e di conseguenza quasi intatti.

Tutti particolari che vengono celati se non si asporta l’habaki, la spessore in metallo prezioso (generalmente oro sulle lame di pregio) su cui impernia il fodero, che copre la zona di giunzione tra lama e codolo dove si trovano l’hamachi ed il munemachi.

 

 

Kunimitsu, tanto

Tokubetsu juyo token

Mei: Rai Kunimitsu

Nagasa: 28,6

Sori: leggero uchisori

Motohaba: 2,6

La montatura è firmata Egawa Toshimasa (kao) ed è del tipo aikuchi, eseguita durante la parte finale del periodo Edo (XIX secolo)

 

 

 

Paradossalmente puó avvenire da diversi anni che alcune spade conservate da secoli nei musei occidentali senza alcuna cura, ma mai usate e anzi riposte dei depositi e quindi mai consumate, non appena raggiunte finalmente dall’opera di catalogazione e restauro degli esperti giapponesi che collaborano con le istituzioni occidentali vengano finalmente pulite a regola d’arte, restituendoci lo stupefacente spettacolo di lame secolari praticamente intatte.

C’è anche da dire che gli esperti sono influenzati a vedere da secoli lame “vissute” che recano qualche traccia della loro vita passata, e alcuni intenditori non apprezzano molto gli shinsakuto, le spade fabbricate ai giorni nostri da abilissimi artisti a volte addirittura classificati come Tesoro Nazionale Vivente: le trovano troppo “nuove”, troppo diverse dai modelli del passato che sono soliti prendere come metro di paragone.

Ma basti ora con il commento, sarà meglio lasciare piú spazio possibile alle foto ed alle relative descrizioni.

 

Scuola di Senjuin, tanto

Juyo token

Mumei

Nagasa: 25

Sori: = =

Motohaba: 2,6

 

 

 

 

Nota:

Vengono riportate solo le caratteristiche essenziali delle lame, senza riportare la descrizione completa; le misure sono in centimetri