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E' fuori di ogni dubbio che due figure del mondo uikiyo-e si elevino sopra le altre Hiroshige ed Hokusai, cui si sarebbe forse potuto aggiungere Utamaro se la morte non gli avesse impedito di giungere a compimento del suo percorso artistico.

Si discute spesso sulla superiorità dell'uno o dell'altro, ma come sempre in questo genere di confronti non sarà mai possibile arrivare a conclusioni condivise.

Un confronto impossibile. Eppure necessario.

E' indubbio che la produzione torrenziale di Hokusai puo' portare a considerare superiore la sua versatilità, ma c'è anche chi potrebbe pensare che abbia avuto ragione Hiroshige nel concentrare la sua energia piuttosto che disperderla in troppi campi, come si potrebbe dire per Hokusai ha proposito della sua vasta produzione nei generi shunga e manga.

Ove si può pensare ad un confronto diretto tra i due sommi, a scopo di arricchimento culturale e non di emettere giudizi o sentenze, è nel genere paesaggistico e naturalistico cui entrambi hanno dedicato gran parte delle loro opere, e che è quello in definitiva che ha permesso loro di arrivare alla fama, e al grande pubblico di conoscere l'incanto dei luoghi e delle persone del Giappone.

La differente impostazione tra i due maestri è resa palpabile da quelle serie di stampe a soggetto in cui entrambi vollero cimentarsi.

La prima illustrazione rappresenta la stampa 36 nella serie Le trentasei stazioni del Tokaidô (la via costiera che univa la capitale amministrativa Edo a quella imperiale Kyoto). E' opera di Katsushika Hokusai e venne pubblicata nel 1830 circa.

Nei pressi della stazione di Odogaya viene colto un gruppo eterogeo di viaggiatori.

C'è chi si sofferma ammirato alla vista del monte Fuji - onnipresente sullo sfondo di innumerevoli capolavori anche non espressamente dedicatigli - c'è chi si arresta solamente per detergersi il sudore o prendersi una sosta, c'è chi indifferente a quanto lo circonda sembra voler solo sonnecchiare in sella al suo cavallo.

E' un paesaggio animato dalla presenza umana, elemento insostituibile nella maggior parte delle opere di Hokusai, che celebra il Giappone attraverso gli occhi dei giapponesi.

 

 

 

 

Ritroviamo un tema molto affine nella stazione 27 (stampa 28) della serie di Hiroshige intitolata Le 69 stazioni del Kisokaidô, il percorso alternativo che passava per le montagne, pubblicata negli anni 1834-1842.

Ritroviamo lo stesso tema del viaggio attraverso un percorso di indicibile bellezza, ma qui la presenza umana, pur necessaria e pur maggiormente pervasiva come testimonia il grande ponte che ha modificato quanto natura ha creato, è più discreta.

L'elemento umano che in Hokusai è sovente in primo piano qui rimane sullo sfondo, sostiene la parte che nelle rappresentazioni greche era riservata al coro.

Si tratta ovviamente di tendenze, di scelte artistiche che privilegiano questo o quell'approccio, ma che mai cadono nel manierismo e che conoscono numerose fortunate eccezioni.

 

Ne è riprova un'altra opera di Hokusai, Fiori di prugno in autunno, ove l'elemento umano è totalmente assente e l'artista si limita ad osservare rapito quanto la natura gli dona.

Si nota qui piuttosto un'altra tendenza tipica di Hokusai: il gusto del particolare, la capacità di isolare alcuni singoli elementi dal contesto generale, lasciando comprendere che sono essi a dare un senso a tutto il resto.

 

 

 

 

 

 

 

 

Gli stessi elementi compositivi vengono utilizzati da Hiroshige spostando il tema centrale sullo sfondo ed inserendolo nel tema apparentemente principale della cascata che appare in primo piano.

Come ognuno può constatare non gli ha assolutamente sottratto visibilità ed importanza.

Hiroshige qui ci dimostra che le sue scelte artistiche, spesso alternative a quelle di Hokusai, non sono tuttavia in contrasto con esse.

Entrambi ci dimostrano che elementi convenzionali e ricorrenti, la stagione autunnale rappresentata attraverso la luna ed il prugno, nelle mani e nelle manti dei grandi artisti non sono mai ripetitivi.

La incantevole competizione tra i due maestri ci arricchisce culturalmente e ci lascia spesso attoniti in muta e pensierosa ammirazione.