1979Dojo200px1979... Dojo Centrale di Roma. I praticanti sono radunati attorno a Hosokawa sensei e al dojo-cho Danilo Chierchini; casualmente... perché nessuno era stato avvertito della presenza del fotografo a fine lezione, è quindi l'attimo che suggella un giorno come gli altri. Chi c'è c'è... E' una immagine che viene da un passato non recente, ove tutti guardano però avanti, al futuro.

 

 

 

 

1979DojoSia chi ha potuto continuare il cammino, sia chi per ragioni diverse l'ha dovuto interrompere. Perlomeno apparentemente. Infatti chiunque abbia vissuto quell'epopea ne è rimasto segnato per sempre, qualcosa per sempre porterà dentro di sé. L'aikido lo ha cambiato definitivamente. Chi guarda verso l'obiettivo in questa foto guarda anche verso un futuro che non conosce ma di cui non ha timore.

E' difficile poter spendere le stesse parole a favore di un dojo, al giorno d'oggi. Non ci sono colpe da cercare: il mondo è cambiato. Se non ci sono colpe, ci sono perlomeno ragioni? Certamente, ma cerchiamo soprattutto le ragioni di quanto c'è o c'era di positivo.

Alcuni anni fa venne chiesto a Roberto C. (il primo a destra di chi guarda, nella fila degli yudansha) come mai proprio lui, considerato a quei tempi tra i migliori praticanti italiani, avesse poi interrotto la pratica.

2014 06RcIn realtà non spiegò perché avesse smesso, ma piuttosto perché avesse praticato: senza alcuna ragione specifica, senza attendersi in cambio di ottenerne nulla. Semplicemente perché era bello farlo; era bello fare qualcosa per un ideale, lo sarebbe stato anche per un ideale diverso.

Passando pudicamente dal sacro al profano mi apostrofò poi con un "A secco, passa quella birra!!!, ma ci eravamo ormai già irrimediabilmente, irreversibilmente, sentiti ancora sull'onda di quei tempi lontani. Assieme a tutti gli altri compagni di via.

So già naturalmente che avrò problemi non solo a spiegare l'accostamento tra la prima foto e qualla successiva a questa ma anche per rendere conto di chi era veramente questo personaggio. Ma, come si suol dire: "Hai voluto l'hakama? E adesso, shikko!".

OmuraYasukuniQuesta statua, di un samurai in tenuta formale, si trova nel parco di Yasukuni a Tokyo e mi ha colpito immediatamente. Sembra - anche lui - un essere umano che in un momento topico della sua vita è in sospeso tra il passato, determinato dalle sue azioni, e il futuro cui guarda con attenzione pur sapendo che in realtà non potrà vedervi con chiarezza.

Alle sue spalle il santuario di Yasukuni, apparentemente antico, in realtà costruito tradizionalmente, all'antica, ma contemporaneo al personaggio. Davanti a lui, e sembra che stia fissando proprio quelli, moderni edifici in cemento, vetro acciaio. Sembra che anche Omura Masujiro, personaggio chiave dell'epoca Meiji, si stia chiedendo che senso abbia quanto da lui compiuto fino ad allora, e cosa riserva il futuro. A lui, al Giappone tutto.

Quale è, dove porta, il cammino che ha intrapreso e seguito con coerenza?

UenoE' tempo di aggiungere qualche altro tassello; non per arrivare a una soluzione, ma casomai per accrescere la portata del problema. Omura nacque a Yamaguchi, in quella che era allora la provincia di Soshu, di cui riorganizzò l'esercito modernizzandolo sui metodi occidentali.

L'esercito dello shogun, organizzato tradizionalmente venne più volte sconfitto dalle forze riunite dei feudi di Soshu e Satsuma e infine costretto alla resa nella battaglia di Ueno a Tokyo.

Venne combattuta ferocemente e in gran parte all'arma bianca, essendo ormai le due fazioni arrivate al corpo a corpo.

Questa immagine è ancora esposta nel luogo della battaglia, che è ora uno dei parchi più frequentati di Tokyo e che non lascia immaginare di essere stato teatro di questi drammatici eventi .

ShogiTaiQui il monumento ai caduti dello Shogi-tai, il corpo armato legato allo shogun che venne sconfitto nella battaglia di Ueno.

Uno dei sopravvissuti dello Shogi-tai, Okisato Ogawa, ottenne alcuni anni dopo il permesso di erigere questo monumento, di cui i suoi discendenti ebbero cura per 120 anni, prima che passasse nel 2003 sotto la tutela della città di Tokyo.

Come diremo poi furono protagonisti sia della battaglia che del susseguirsi di eventi di quel periodo di guerra civile, passato alla storia come Bakumatsu, altri personaggi di cui non sarebbe male parlare.

E le cui decisioni di vita sfuggono a facili definizioni.

Esattamente come quelle di Omura.

 

MeijiEsercitoOmura venne al termine del conflitto incaricato di modernizzare il nuovo esercito nazionale, entrando in urto con la classe samurai, fino ad allora l'unica cui era consentito il mestiere delle armi, di cui propose l'abolizione. Nel 1869, l'anno successivo alla battaglia di Ueno, venne assalito e ferito mortalmente da un gruppo di samurai reazionari.

Era quindi un progressista? Al contrario. La tentazione di catalogare le scelte di un essere umano è sempre forte, ma spesso fuorviante.

L'esercito che Omura organizzò era al servizio del progetto di rifiuto della modernizzazione del Giappone, ricacciando in mare gli stranieri, forzando la destituzione dello shogun (che seguiva una politica progressista) e tornando al passato col restituire il potere all'imperatore.

L'ironia della sorte ha voluto che il suo cavalcare la tigre, tentando di rinunciare alla eredità materiale del passato per mantenerne vivo lo spirito, di combattere la modernità con mezzi moderni, gli abbia attirato l'ira dei tradizionalisti ad oltranza che lo assassinarono, l'anno successivo alla sua vittoria sul campo.

SaigoUenoConcludo; sempre nell'idillliaco parco di Ueno insospettabile teatro nel 1868 di feroci combattimenti all'arma bianca, a pochi metri dal monumento ai seguaci dello shogun c'è quello a Saigo Takamori: il comandante delle truppe imperiali, che vinse contro di loro la battaglia.

Concluse poi una tregua cui parteciparono da protagonisti alcuni dei personaggi di cui Tada sensei raccomanda lo studio (Yamaoka Tesshu, Katsu Kaishu...).

Non ha nulla della pomposità di molti monumenti occidentali: Saigo indossa un semplice yukata e porta al guinzaglio il suo fido amico a quattro zampe. Ma il suo aspetto e il suo atteggiamento non lasciano dubbi: è un uomo da prendere con le molle.

La sua storia? Dopo la vittoria, ricevuti importanti incarichi dall'imperatore Meiji, si trovò in disaccordo con la politica forzatamente innovatrice dek governo.

Diede le dimissioni, tornò a Satsuma e infine si ribellò in armi. Si tolse la vita dopo avere combattuto alcune impari battaglie.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

takamori yoshitoshiA dirla tutta secondo Hollywood (per tacere di tanti altri) i tradizionalisti ossia i seguaci dello shogun prima e i ribelli guidati da Saigo poi si gettavano con armature d'epoca e spade contro i progressisti armati e vestiti all'occidentale,

Il loro legame con il passato viene espresso, o immaginato, soprattutto come vincolo non dissolubile e privo di logica alla materialità del passato, a quanto era legato a momenti contingenti e non necessariamente destinato a sopravvivere nella vita quotidiana, venendovi eventualmente conservato solo come usanza tradizionale.

in questa stampa di Yoshitoshi (1839-1892 quindi contemporaneo agli eventi vediamo Saigo Takamori assediato a Shiroyama intento a scrivere il suo poema di addio prima di togliersi la vita. Sia lui che i suoi uomini hanno uniformi e armamento moderno, per quanto sia sempre al loro fianco la spada.

In realtà le circostanze della morte di Saigo Takamori sono incerte né il suo corpo venne mai ritrovato. Il suo ricordo è tuttavia imperituro, perpetrato sia dai suoi seguaci che dai suoi nemici.

Morale della favola. Se c'è una morale.

Il futuro ci è ignoto, raramente riusciamo a immaginarlo, tantomeno a condizionarlo, né a volte le nostre azioni portano alle conclusioni da noi volute.

Ma avere affrontato gli eventi con onestà morale e coraggio è sufficiente per sentirsi appagati. E non è raro, anche se spesso deve trascorrere prima del tempo, anche se questo non può, ma nemmeno dovrebbe, influenzare le proprie azioni, che questa dignità venga riconosciuta anche da chi militava in campo avverso.