Devo ringraziare quanti hanno partecipato alla conferenza sulla Storia dell'aikido tenuta presso l'Aikizen No Kai Dojo di Roma. Con un ulteriore pensiero agli ex praticanti del Dojo Centrale che mi hanno riservato la gradevole sorpresa di venire espressamente per rivedermi. Parte della conferenza è stata ripresa poi presso il Dojo Musubi in Roma (non replicata: il passato non torna mai e questa volta si è parlato della storia della spada giapponese). Dedico appunto una risposta, un tentativo di risposta a quanti, dopo aver sentito qualcosa sul passato dell'aikido, mi hanno chiesto una opinione sul futuro. Devo ricorrere a quanto spesso citato dal maestro Hiroshi Tada: «Quelli che s’innamorano di pratica, sanza scienza, son come ‘l nocchiere, ch’entra in navilio sanza timone o bussola, che mai ha certezza dove si vada» (Leonardo Da Vinci). In parole povere, solamente studiando il passato, comprendendo da dove siamo venuti, come siamo arrivati fin qui e perché, possiamo tracciare una rotta per il futuro. Ma rimane solo un primo passo, che ci riporta al massimo al presente. Il futuro verrà, senza dubbio: qualunque cosa noi si faccia o non si faccia, verrà. Di qualunque futuro si tratti, ne spetta a noi la costruzione.

PB

Detto questo, tenterò di rendere più trasparente verso il lettore la mia impostazione - ancora più personale del solito e non necessariamente condivisibile - di questa proposta di esplorazione, rivolta come già detto al passato ma funzionale anche e soprattutto al cammino futuro. Se infatti l'aikidô è un percorso di vita, è anche vero che a nessun essere vivente - includendo tra essi anche gli oggetti apparentemente inanimati come un minuscolo ciottolo od una grande catena montuosa - alcun cammino verso il passato è mai possibile.

Ho ripetutamente fatta mia la provocatoria e contraddittoria affermazione che l'aikidô sia allo stesso tempo la più antica e la più moderna delle discipline marziali giapponesi. La seconda affermazione è relativamente facile da supportare con prove materiali: secondo la ricostruzione generalmente proposta ed accettata, fu intorno al 1926 che il fondatore dell'arte, il maestro Morihei Ueshiba, prese veramente coscienza di se stesso e della sua missione. Aveva all'epoca poco più di 50 anni: un'età relativamente avanzata, mediamente gli innovatori, i rivoluzionari, operano più precocemente.

E' difficile pensare, esaminando con acriticità le testimonianze ed i documenti di cui disponiamo, che il fondatore avesse fin dall'inizio identificato tutte le tappe del suo nuovo percorso, programmandole tempestivamente. Ci sono invece diversi indizi che lasciano pensare ad una situazione diversa, in cui Ueshiba sensei, anche se già divenuto consapevole del suo cammino, deve tuttavia ancora identificare le modalità di trasmissione all'umanità di questa risorsa.

Nello storico filmato risalente al 1935 vediamo il fondatore impegnato a dimostrare tecniche che potremmo definire moderne, attuali se non addirittura futuristiche. Dissentendo in questo dalla maggior parte della critica, esprimo l'opinione che fin dall'inizio della sua missione il fondatore avesse fissato indelebilmente i principi dell'arte, che sono rimasti da allora invariati e non dovranno cambiare in futuro.

Diverso è il discorso quando prendiamo in esame la didattica dell'aikidô. Ancora più complessa la creazione e l'organizzazione di una struttura di supporto, quella che ora identifichiamo nell'Aikikai so Hombu come punto di riferimento centrale cui sono collegate molte associazioni, in ogni parte del mondo, che si dedicano all'insegnamento e alla diffusione dell'aikidô. Tralascio di prendere in considerazione al momento le associazioni non legate all'Hombu Dojo, che hanno piena libertà nello scegliere il proprio orientamento.

Non credo che sia possibile comprendere appieno le dinamiche sottintese dalla creazione di queste strutture se non mettiamo preventivamente a fuoco un concetto importante: un sistema di trasmissione del patrimonio marziale esisteva in Giappone già da secoli se non da millenni, riformato dalle autorità in epoca relativamente recente (fine 800). Di conseguenze non sarebbe stato saggio e forse nemmeno possibile derogarvi.

Per quanto l'aikidô sia, ripetiamolo ancora una volta, la più nuova e quasi di conseguenza la più moderna delle discipline marziali giapponesi. è tuttavia indissolubilmente legata non solo ad una millenaria tradizione formale, ma anche a principi basilari che essendo sopravvissuti indenni al trascorrere di tanto tempo hanno ampiamente dimostrato la loro atemporalità, la loro necessità. La loro indipendenza dall'ambiente sociale in cui ci si trova a praticare e a trasmettere l'arte dell'aikidô.

Mi sento quindi di concludere, in risposta alle non poche istanze di rinnovamento dell'aikidô ascoltate recentemente, che è giusto e necessario rinnovare la didattica quando necessario, ancora più necessario saper adeguare tempestivamente le proprie strutture organizzative, meri strumenti che possono e devono essere sostituiti senza rimpianti ma anche senza risentimenti quando usurati e non più adeguati a svolgere le proprie funzioni.

E' necessario salvaguardare e trasmettere alle generazioni future, inalterati, sia lo spirito dell'aikidô che il relativo nocciolo duro appartenente più alla sfera tecnica che a quella che con riluttanza chiamo filosofica, non trovando un termine adeguato.

Solo così avremo una ragionevole aspettativa che i mutamenti in atto corrispondono ad una nuova alba delle arti marziali, e non ad un suo definitivo tramonto, magari mascherato da adeguamento ai tempi.