Indice articoli

La guerra è finita, le truppe d'occupazione americane scorrazzano per Tokyo con le loro jeep: ritorna la vita, sia pure tra le rovine lasciate dalla guerra.

Ma il professor Uchida ha qualche rimpianto.

 

 

 

 

 

 

 

 

Il gruppetto di allievi non lo ha certamente lasciato solo: si recano spesso a trovarlo, anche se a stento riescono ad entrare tutti assieme dentro al minuscolo rifugio.

Eppure il professore ha saputo ritagliarsi qualche sua piccola soddisfazione.

 

 

 

 

 

 

 

Ai piccoli inconvenienti ci si abitua, bene o male: la toilette, rigorosamente all'aperto, non è il massimo durante la interminabile stagione delle piogge.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Mentre al contrario sembravano non conoscere alcun ostacolo i passanti che amano orinare sul muro in rovina proprio accanto alla capanna.

Ma il professore ha qualcosa da spiegare anche a loro, e conclude con un "ideogramma" che la dice lunga sulle sue intenzioni, a meno che non provvedano a cambiare fornitore al più presto.

 

 

 

 

 

 

 

Durante il rogo della casa Uchida e la moglie non sono riusciti a salvare i loro uccellini.

Hanno tentato di liberarli, ma i primi erano periti tra le fiamme mentre tentavano disperatamente di mettersi in salvo. Meglio allora lasciare che gli altri attendessero ove si trovavano il compiersi del destino.

Hanno comunque, anche qui, una piccola creatura che tiene loro compagnia e li allieta col suo canto.

 

 

 

 

 

E, soprattutto, il professore ha con sé un libro prezioso. Nella traduzione francese su cui si basa questa recensione viene citato Kamono Chomei come "poeta del IX secolo", ma si tratta di un lapsus dei traduttori.

Ascoltando attentamente l'audio giapponese è facile constatare che Uchida lo fa risalire genericamente all'Heian Jidai (dal IX al XII secolo a.d.).

In realtà Kamono Chomei nacque nel 1153 circa e scomparve nel 1216, quindi fu indubbiamente attivo nel XII/XIII secolo.

 

 

 

Uchida sostiene di avere attinto molta forza morale dalle "Note del mio eremitaggio" scritte dal poeta, che trascorse parte della sua vita in meditazione, in un rifugio di fortuna tra i monti.

Si tratta probabilmente dell'opera pubblicata in occidente col titolo "Una capanna di 10 metri quadri e le storie di Heike".

 

 

 

 

 

 

 

Dalla lettura delle pagine immortali del poeta tuttavia Uchida ricava anche una amara lezione: perfino nello stato di estrema povertà in cui è ridotto al momento, è riuscito ad accumulare molto più di quanto in realtà gli serva, caricando la sua vita di molto peso inutile.

Arriva a rimpiangere i peggiori momenti della guerra, quando essendo privati di tutto avrebbero potuto veramente essere liberi.

La ricchezza materiale, ecco quanto vuole dirci Kurosawa attraverso la testimonianza di Uchida, non solo facilita la povertà spirituale, ma la rende quasi ineluttabile.