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Nel 1943 il professor Uchida (Tatsuo Matsumura) sta tenendo la sua ultima lezione all'Università.

Kurosawa ci lascia immaginare che sia un professore vecchio stampo, terrore degli alunni, che attendono con timore che si apra quella porta e lo spauracchio faccia il suo ingresso.

Non è così. Qualcuno ha fumato: è innegabile, la cattedra si intravede appena dietro una spessa cortina di fumo. Uchida inizia, con fiero cipiglio, quello che sembra uno scontato sermone sulla proibizione di fumare nell'aula.

 

 

 

"Tuttavia - confessa sorridente Uchida tra le risate degli alunni - la proibizione è sempre una tentazione." Infatti confessa che quando sente la campanella d'inizio della lezione anche a lui viene voglia di fumare, nella sala dei professori. Ed accende una sigaretta, poi un'altra, poi un'altra ancora, fino ad accumulare anche venti minuti di ritardo.

E' evidente che il professore non è uomo che possa facilmente rientrare negli schemi, specialmente quelli particolarmente rigidi  dei regimi nazionalisti in tempo di guerra.

Si potrebbe pensare che Uchida si abbandoni a qualche licenza solo perché ormai sul punto di lasciare l'insegnamento, dopo 30 anni, ma i suoi rapporti con gli allievi, alcuni dei quali figli dei suoi primi discepoli, indicano una lunga e giocosa familiarità con tutti loro.

 

Nel terminare di tracciare, con un'ultima pennellata impressionistica, il ritratto del professore, Kurosawa ce lo mostra commosso suo malgrado, mentre cercava senza alcun successo  di mostrarsi impassibile, sullo sfondo della nera lavagna ove ha trascorso gran parte della sua vita, tracciandovi effimeri segni che pure hanno inciso profondamente nell'animo di tanti suoi allievi.