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Va da se che i richiami alla 'prima puntata' sono molti e molto evidenti, ma Kurosawa pur ancora inesperto - era solamente al suo terzo film e aveva all'epoca appena 35 anni - già sapeva il fatto suo.

Le citazioni non sono solamente sciocche ripetizioni di situazioni già viste, ma guidano lo spettatore a comprendere che la storia, per quanto sia il seguito di quella precedente (nei titoli di testa si afferma che anche questa seconda parte è ricavata dal romanzo Sugata Sanshiro di Tsuneo Tomita), non è la stessa.

Il marinaio, irritato, è ben deciso a dare una sonora lezione all'innocente jinriki, e sembrerebbe poterlo fare senza difficoltà in quanto è d statura gigantesca e pronto a menare le mani.

Però la sua mano viene improvvisamente arrestata da un'altra, che possiede una energia superiore alla sua: è la mano di Sugata Sanshiro.

 

 

Non è più il Sanshiro irruento ed impaziente che conoscevamo.

Accetta di liquidare la questione per le spicce, il marinaio non aspetta altro e non cessa di invitarlo a battersi, ma sembra voler prendere tempo, tergiversare.

In realtà si guarda attorno e fa cenno di aspettare perché sta semplicemente cercando il luogo adatto per la 'discussione' col marinaio. Infine lo trova.

Se non è lo stesso luogo dove anni prima incontrò per la prima volta il maestro Yano, poco ci manca. E' sul bordo di un corso d'acqua dove potrà tranquillamente proiettare l'avversario con la sicurezza di non fargli troppo male, e il regista farà così ricordare allo spettatore la scena con cui Sanshiro iniziò la sua avventura nel mondo del judo.

 

 

Sempre seguito dal furente marinaio Sanshiro arriva sul bordo del molo, e attende che il suo avversario la raggiunga. Questi mostra nei movimenti di conoscere almeno i rudimenti del pugilato, ma le sue mosse sono lente e prevedibili. Sanshiro non ha alcuna difficoltà ad afferrarlo non appena si porta alla corta distanza, e proiettarlo in acqua con quello che sembra essere un classico kata guruma.

Dai titoli di testa leggiamo il nome del consigliere per il judo Kinnosuke Sato. Fu membro di diversi comitati negli anni 1920 e 30 e lo troviamo citato nelle memorie del maestro Kenshiro Abe: fu capitano della squadra dell'est in un torneo del 1936. Aveva all'epoca 39 anni ed il grado di 7. dan. Fu dopo la guerra protagonista di una famosa dimostrazione di judo organizzata dal Kodokan, probabilmente la prima ad essere autorizzata dopo il periodo bellico.

Viene riportato come consigliere per il karate Yasusuke (Yasuhiro) Konishi che si era unito ai corsi tenuti da Gichin Funakoshi nel 1924 alla Università di Keio ed è noto sopratutto per essere stato tra i primi ad adottare un metodo di allenamento che comprendesse anche il kumite (combattimento), oltre ai tradizionali kata (forme a solo).

Il jinriki si avvicina timidamente, pesto e malconcio, per ringraziare il provvidenziale soccorritore.

Il ragazzo rimane a bocca aperta sentendone il nome: Sugata. Sugata Sanshiro?!?....

Kurosawa ci informa così che il protagonista di questo seguito è ormai divenuto una persona ben nota, e sicuramente ben temuta.

Tutti ricordano della sua vittoria al torneo indetto dalla polizia, e tutti sanno che la sua tecnica favorita è lo yama arashi (tempesta sulla montagna) che gli diede la vittoria nel combattimento col maestro Murai (l'epilogo del primo film, Sanshiro Sugata)..

Essere riconosciuto ed ammirato non sembra destare grande piacere in Sanshiro.

Immediatamente prende congedo e si allontana, pensieroso.

 

 

Ne apprenderemo le ragioni subito dopo, in una conversazione a Tokyo tra Sayo, la ragazza che sembrava a lui destinata, ed il saggio prete Osho.

Murai, il padre di Sayo, non si è mai riavuto dalle conseguenze di quel combattimento, e poco tempo dopo è morto.

Sanshiro è da allora scomparso, senza lasciare alcuna notizia di se.

Il vecchio sapiente trova che la personalità di sanshiro per quanto complessa sia apprezzabile: la sua sincerità è assoluta pur confinando con la naïveté: non è capace di andare contro la sua stessa volontà.

Ed è per questo che lui lo ama sopra ogni altro.

 

 

 

 

 

All'udire queste parole Sayo sorride.