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Nagisa Oshima: Gohatto

1999

Takeshi Kitano, Ryuhei Matsuda, Asano Tadanobu, Shinji Takeda

 

 

Nagisa Oshima (1932-2013) è conosciuto in occidente soprattutto, se non esclusivamente per tre opere: L'impero dei sensi (1975), Furyo (1983), e infine Gohatto (1999) conosciuto anche con il titolo di Tabu e che fu il suo canto del cigno. Certamente non a caso, sono quelle che hanno maggiore fama di opere erotiche. Ma non sempre a ragione. In realtà la sua produzione è stata imponente, anche come documentarista, ma di questo poco o nulla ci è pervenuto finora. Cresciuto all'ombra dei maestri del dopoguerra - fu assistente di Masaki Kobayashi - scelse tuttavia di prendere una strada diversa da tutte le altre, abbandonando molti stilemi per lasciare una sua impronta personale, ben riconoscibile in ogni opera.

La sua attenzione ai temi ed ai problemi della sessualità è esplicita in L'impero dei sensi - che lo fece conoscere in Europa ammantandolo però di una fama immeritata di voyeur - e nell'altra opera L'impero della passione (1978) che ne è in un certo senso il contrappeso. Mentre la prima opera è ambientata nell'anteguerra quindi in epoca Showa ed appartiene di conseguenza al genere gendai, l'altra ha una collocazione jidai, nell'epoca anteriore Meiji. E' rimasta praticamente sconosciuta fuori dal Giappone, forse perché tratta di una società ignota al mondo occidentale, che del Giappone classico conosce - crede di conoscere - solo le figure del  "samurai" e della "geisha".

Sul finire del secolo XX Oshima, dopo un lungo silenzio, ha trattato in Gohatto il tema dell'attrazione omosessuale, che era rimasto latente nell'altra opera Furyo, risalente al 1983 e ad ambientazione moderna. Preceduto da intense discussioni anche questo film è apparso ai più un ennesimo ritorno del regista ai suoi temi fissi. Le fonti di ispirazione di Oshima andrebbero in realtà approfondite. Nel caso dell'Impero dei sensi ad esempio si è molto discusso sulla morbosità della trama, attribuendogliene le responsabilità. Si trattava invece della messa in scena di un fatto realmente verificatosi, e che aveva fatto scalpore in Giappone.

Anche la trama di Gohatto, derivata da un romanzo di Ryōtarō Shiba (1923-1996), ha origini e motivazioni che devono essere conosciute. L'attrazione verso la figura dell'adolescente ha radici remote nella cultura giapponese, con vaste risonanze anche nella cultura popolare d'oggi. Il bishōnen è infatti un personaggio maschile cui vengono attribuite fattezze androgine ed un fascino che ha presa indifferentemente su uomini e donne, anche se non necessariamente con risvolti di attrazione sessuale.

Tra i personaggi storici che vengono tradizionalmente raffigurati come bishōnen  ricordiamo il principe Minamoto no Yoshitsune (1159 - 1189), intrepido guerriero e vincitore dei Taira nella grande battaglia navale di Dannoura, e il ribelle cristiano Amakusa Shiro Tokisada (1621-1638), protagonista durante la "Rivolta di Shimabara" della strenua difesa del castello di Hara, situato nell'estremo sud del Giappone nell'isola di Kyushu, e giustiziato immediatamente dopo la caduta della fortezza.

Lo stesso AKira Kurosawa ha apparentato alcuni suoi personaggi alla figura del bishōnen: erano visibilmente tali sia il principe Yoshitsune - appunto - in Tora no ofumu otokotachi che lo sventurato Tsurumaru in Ran.

A parte questi personaggi leggendari o letterari, raffigurati un tempo nelle stampe e al giorno d'oggi nei manga (a lato una rappresentazione moderna di Amakusa Shiro), è esistita in Giappone come in altre società antiche - basti citare quella dell'antica Grecia - una tradizione omosessuale formale.

Veniva definita wakashūdo (via dell'attrazione per il giovane), spesso abbreviata in shūdo la particolare simbiosi omosessuale esistente in deteminati ambienti marziali tra una figura dominante di guerriero ed il suo adepto in età pre adulta, verso il quale adempiva a compiti di formazione e di introduzione al passaggio tra gli adulti. Oltrepassata la soglia il wakashu di norma considerava chiusa questa parentesi della sua vita e le regole sociali gli imponevano di assumere a sua volta, eventualmente, la parte del nenja, la figura dominante.

Le prime avvisaglie di un mutamento nei confronti di queste tradizioni si ha solamente in epoca Meiji, quando venne emanato nel 1873 un provvedimento di legge che colpiva l'omosessualità, ritirato tuttavia nel 1880 quando venne emanato il Codice Penale definitivo ispirato a quello napoleonico. Oshima ambienta l'opera in epoca immediatamente precedente, ossia nel 1865. I protagonisti sono membri o aspiranti tali della Shinsengumi, la milizia irregolare fedele allo Shogun (Governatore militare) che agiva a Kyoto con tattiche di guerriglia contro gli analoghi gruppi fedeli al Tenno (Imperatore). Ne abbiamo già parlato altrove. Il titolo Gohatto allude alle 5 leggi fondamentali del codice di comportamento Shinsengumi.

Oshima ricorre ad Asano Tadanobu per la  parte del rozzo Tashiro Hyozo e a Ryûhei Matsuda per quella del giovanissimo, ambiguo ed inquietante Sozaburo Kano.

Era la prima interpretazione di Matsuda, divenuto in seguito apprezzato attore, ed era ancora più giovane del suo personaggio, dichiarato diciottenne. Al momento delle riprese Matsuda aveva invece solamente 15 anni.

Deus ex macchina e voce narrante nella vicenda è l'ufficiale Toshizo Hijikata , impersonato da Takeshi Kitano. Le musiche sono di Ryuichi Sakamoto, che fu interprete principale di Furyo come antagonista di David Bowie.

 


 

I film o i romanzi che trattano della breve quanto sanguinosa epopea dello Shinsengumi iniziano spesso in medias res, con il reclutamento dei miliziani mediante prove di combattimento alla spada.

Oshima non si sottrae a questa regola: all'interno del dojô il comandante Isami Kondo ed il suo luogotenente Toshizō Hijikata (Takeshi Kitano) assistono impassibili.

Si tratta di due personaggi storici. Lo Shinsengumi (Nuovo Gruppo Scelto) nacque come corpo irregolare al servizio dello shogun nel 1863 dalle ceneri di un precedente gruppo denominato Rōshigumi, e si divise ben presto in diverse fazioni. La maggiore, che prese poi il sopravvento sulle altre, era quella comandata da Isami Kondo. ll loro scopo era soprattutto quello di contrastare le azioni di analoghi gruppi irregolari al servizio dell'imperatore, che avevano portato a compimento numerosi attentati. Dopo la sconfitta definitiva delle forze fedeli allo shogun Kondo venne catturato e condannato a morte per l'omicidio del leggendario riformista Ryoma Sakamoto. E' anche questo un indicatore delle contraddizioni di quell'epoca travagliata: formalmente lo Shinsengumi, appoggiando la politica innovatrice dello shogun, andrebbe considerato un gruppo estremista certamente, ma anchesso "riforrnista".

Lo Shinsengumi adottava diverse uniformi, di solito di colore blu, contrassegnate dal profilo di due monti stilizzati in bianco sui baveri dell'aori. Il gohatto, il regolamento che ogni membro dello Shinsengumi si impegnava ad onorare, constava come anticipato di 5 regole. Sarebbe in realtà più corretto parlare di cinque divieti categorici.

Deviare dal codice samurai
Abbandonare lo Shinsengumi
Raccogliere denaro
Partecipare a conflitti tra estranei
Combattere per ragioni private

La pena era l'obblgo del seppuku, o l'esecuzione capitale per chi venisse ritenuto indegno di una morte onorevole. Erano inoltre richiesto mediante giuramento di continuare a combattere fino alla morte in caso di uccisione del proprio comandante, e di abbandonare sul posto i corpi dei propri caduti, sempre eccezione fatta per il comandante.

Toshizō Hijikata (1835 - 1869) era noto per la sua intransigenza nell'esigere il rispetto delle regole e per la fermezza con cui reprimeva i non infrequenti episodi in cui dei membri della milizia abusavano del loro potere di fatto. Dopo  la morte di Kondo raggiunse gli ultimi focolai della resistenza, deciso a testimoniare con la morte in battaglia non solo la sua fedeltà personale allo shogun ma anche quella di tutti i samurai che avevano prestato giuramento. Cadde in combattimento, colpito da una pallottola mentre a cavallo caricava il nemico, il 20 giugno 1869.

E' divenuto anche lui un personaggio leggendario e al giorno d'oggi protagonista degli immancabili manga.

Nelle illustrazioni dei fumetti e nei costumi dei cosplay, adolescenti che amano travestirsi nei loro personaggi preferiti, anche Hijikata viene generalmente rappresentato come un bishōnen, e indossa costumi fantasiosi e sgargianti.

Nonostante avesse nel 1865 appena 30 anni Oshima lo dipinge come un uomo maturo, tendente alla riflessione, più moderato di quanto sembra essere stato nella realtà.

E' il capitano del primo gruppo di combattimento, Sôji Okita (Rinji Takeda, a sinistra), a mettere alla prova di persona i volontari. Solo due emergono dalla massa. Tra di loro l'irruento Tashiro Hyozo (Asano Tadanobu), dalla tecnica non eccezionale ma irriducibile, ed  il giovanissimo efebico Sozaburo Kano.

Sôji Okita (1844-1868) era noto per le sue capacità di guerriero. Rimasto orfano appena nato, entrò nell'orbita della famiglia Kondo, che era depositaria della scuola di spada Tennen Rishin ryu. Divenne già a 18 anni detentore di una certificazione menkyo kaiden e fu nella cerchia del Tennen ryu che conobbe Isami Kondo e Toshizō Hijikata, seguendoli nella avventura dello Shinsengumi.

Apparentemente destinato ad un futuro di insegnamento, poiché Isami Kondo lo aveva designato come suo successore a doshu del Tennen ryu, Okita si spense prematuramente poco dopo l'esito della guerra Boshin (1868-69) in cui le forze imperiali sconfissero quelle shogunali. Era affetto da tubercolosi, all'epoca una malattia che mieteva numerose vittime.

E' anche lui uno dei personaggi che ha fortemente colpito l'immaginazione sia degli artisti che di giovanissimi cosplay: la sua immagine, più o meno deformata, è sempre più viva nella cultura popolare.

 

 

 

Per quanto sconfitti agevolmente da Okita sia Kano che Hyozo hanno mostrato sufficiente talento.

Sono i soli ad avere superato la prova di ammissione e vengono portati al cospetto di Isami Kondo (Yôichi Sai) per l'accettazione formale nello Shinswengumi.

Da questo momento sono vincolati da giuramento al rispetto del gohatto.

 


 

Le due nuove reclute sono destinate fin dall'inizio  ad avere un rapporto intenso e pieno di contraddizioni. Tashiro proviene da una famiglia modesta, forse per questo è molto determinato  nel suo tentativo di scalata sociale attraverso l'arruolamento.

Ha la sensazione che Sozaburo, figlio di facoltosi mercanti che intende ritornare samurai, venga ingiustamente  favorito a suo discapito.

In realtà delle ragioni per privilegiare il giovanissimo Sozaburo ci sono.

 

 

 

 

E' lui che viene prescelto per essere messo subito alla prova: dovrà eseguire la condanna capitale di un miliziano che ha infranto il gohatto chiedendo del denaro in prestito.

Sozaburo quando gli è stato chiesto da Tashiro perché si sia arruolato si era  trincerato dietro un enigmatico sorriso. Lo rivelerà più tardi ad altri: è stato attratto dalla possiblità di uccidere impunemente.

Non ha quindi alcuna difficoltà a decapitare ritualmente il colpevole, presentando impassibile la sua testa ai comandanti dello Shinsengumi come prescritto dal cerimoniale.

Hijikata non ha alcun dubbio: l'atteggiamento del ragazzo è quello di chi ha già ucciso. Sarà un combattente temibile

 

Tashiro è invece talmente incontrollato da venir imprigionato per la sua irruzione di protesta durante la cerimonia. Durante la prigionia non ha fatto altro che pensare a Sozaburo.

Non resiste a dichiarargli la sua passione.

Che non sembra corrisposta. Sozaburo appare anzi deciso a resistere ad ogni costo a Tashiro, difendendosi anche con le armi, da cui non si separa mai.

 

 

 

 

 

 

L'ultima vana resistenza prima di cedere al proprio irrefrenabile istinto? Forse piuttosto un metodo freddamente calcolato per rendersi più prezioso.

Hijikata di lì a poco non avrà alcun dubbio: i due sono diventati amanti.

Durante i combattimenti Tashiro, dalla tecnica rozza per quanto efficace, mette chiaramente in soggezione Sozaburo, ben più preparato tecnicamente e naturalmente predisposto all'arte della spada.

 

 

 

 

 

E' solo l'inizio della scalata del potere da parte di Sozaburo.

Si rende certamente conto che al di là del potere formale determinato dalle gerarchie, esiste un potere di fatto che gli permetterà di dominare chi vuole.

Non romperà mai definitivamente il rapporto con Tashiro, ma non esiterà a rendersi disponibile alle attenzioni di altri, mantenendosi sempre in bilico - e non sappiamo quanto attribuire al suo carattere e quanto al calcolo premeditato - tra la provocazione e l'atteggiamento succube di chi deve cedere alla violenza altrui.

 

 

 

I suoi amanti non possono fare a meno di nutrire sentimenti di rivalsa nei suoi confronti, quando si rendono conto di essere in realtà schiavi della persona che pensavano di dominare.

Tojiro Yuzawa, caduto nella rete mentre pensava di essere il predatore, è tentato di uccidere Sozaburo, anche nei momenti di passione più intensa.

Del resto - Nagisa lo fa dire agli ufficiali dello Shinsengumi riuniti a rapporto - in periodi in cui si liberano potenti passioni politiche è inevitabile l'emergere anche di quelle personali.

 

 


Sozaburo mira però più in alto, per i suoi piani - qualunque essi siano - non gli basta sicuramente appoggiarsi ad un semplice miliziano.

Incontra casualmente il capitano Genzaburō Inoue, comandante del sesto reparto. Sarà lui la sua prossima "tappa".

Anche questo personaggio viene rappresentato da Oshima, come le altre figure storiche, in modo difforme dalla realtà ma più aderente alle necessità della trama.

Sozaburo, che lo ha incontrato per la prima volta mentre era in borghese, lo descrive come un uomo di circa 60 anni, ma viene informato che in realtà ne ha circa 45, per quanto portati male, e che è un adepto del Tennen Rishin ryu, dove viene considerato tuttavia buon elemento di supporto per l'organizzazione della scuola ma privo di talento nell'arte della spada.

Inoue Genzaburō (1830-1868) aveva in realtà all'epoca in cui è ambientata l'opera 34 anni, ed aveva ricevuto quattro anni prima la certificazione della piena padronanza del patrimonio tecnico della scuola. Era anche stimato nello Shinsengumi come comandante abile e coraggioso. Cadde in battaglia all'inizio della guerra Boshin, di cui abbiamo già accennato.

Dipinto da Oshima come persona semplice e di buoncuore, sembra interessarsi di Sozaburo senza secondi fini e con un fondo di ingenuità, offrendosi come insegnante di spada quando è evidente che il discepolo lo supera di molto.

Proprio durante una "lezione" avviene un fatto che ha conseguenze potenzialmente devastanti.

Due samurai con accento della provincia di Higo hanno ottenuto il permesso di assistere alla lezione, ma sbeffeggiano a voce alta la scarsa padronanza della spada da parte di Inoue.

 

 

E' un affronto che l'intero Shinsengumi intende punire. Non si ha alcuna traccia però dei due sconosciuti samurai, che si sono allontanati immediatamente.

Sarà Sozaburo a rintracciarli, con un paziente lavoro di investigazione e pedinamento.

 

 

 

 

 

 

 

 

Riferisce ad Inoue.

Questi intende vendicare l'affronto di persona, per riguadagnare la reputazione perduta.

Di nottte, accompagnato dal solo Sozaburo, si reca presso la locanda dove alloggiano i due samurai di Higo.

Il corpo dello Shinsengumi, riconosciuto ufficialmente dallo shogun, aveva diritto di investigazione e perquisizione, pur avendo sede nella città imperiale di Kyoto ossia nel cuore delle forze avversarie.

 

 

 

 

Il compito di affrontare gli sconosciuti sarebbe improbo per Inoue, che rimane ferito prima ancora di mettere mano alla spada:  viene fatto cadere da una scala a pioli mentre cerca di scendere nel canale dove si sono rifugiati i fuggitivi abbandonando la locanda.

Sozaburo lo difende coraggiosamente, ma ha la peggio. Una ferita alla fronte lo acceca momentaneamente, e sarebbe facile preda del suo avversario.

Lo salva l'arrivo di una squadra dello Shinsengumi guidata da Okita, che ha scoperto la folle impresa dei due e ha ottenuto il permesso di andare in loro soccorso.

 

Della squadra fa parte Tashiro, sconvolto per la ferita di Sozaburo che sembra più grave di quanto sia per l'ingente perdita di sangue.

E' solo a lui e ai suoi disperati appelli però che Sozaburo risponde, riprendendo i sensi.

Tuttavia qualcosa si è incrinato nel loro rapporto, senza ancora rescinderlo del tutto.

 


 

Nel dicembre di quell'anno Kondo Isami rientra da un viaggio ad Hiroshima, e raduna i suoi fedelissimi.

Il sottufficiale Jo Yamazaki partecipa animatamente alla discussione, di  cui approfitta Oshima per sottolineare le stridenti contraddizioni d quel conflitto. I seguaci dello shogun sono tradizionalisti e favorevoli all'espulsione dello straniero, esattamente come i loro avversari.

Kondo chiede anche notizie di Sozaburo, considerato un giovane promettente anche se inquietante. Hijikata non può fare a meno di chiedere a se stesso come mai tutti si sentano in dovere di essere indulgenti col giovane.

 

E' una legge non scritta cui nemmeno lui si sottrae. Proprio Yamazaki viene chiamato al suo cospetto e gli viene affidata una missione delicata: "convertire" Sozaburo, iniziandolo al rapporto con la donna.

Questo dovrebbe far cessare i problemi da lui causati all'ordine interno dello Shinsengumi, ed aiutare anche lui stesso.

Mette a disposizione di Yamazaki del denaro, da utilizzare per una visita al quartiere dei piaceri di Shimabara.

 

 

 

 

Il compito di Yamazaki (Masa Tommies) non sarà facile.

Sozaburo continua a sottrarsi ad ogni offerta, adducendo i motivi più futili per continui rinvii.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Finirà per accettare, non è possibile sapere se per acquiescienza o perché sinceramente incuriosito ed attratto dalla possibilità che un nuovo mondo si apra a lui.

Oppure semplicemente per non contraddire Yamazaki, che è il suo nuovo obiettivo.

 

 

 

 

 

 

 

Tutto è stato preparato a dovere per l'iniziazione di Sozaburo.

La geisha prescelta è una delle più affascinanti, e l'apparato che precede la sua apparizione e che la circonda mentre fa il suo ingresso sulla scena è spettacolare

 

 

 

 

 

 

 

 

Solo una grande maestro come Oshima poteva rendere appieno sullo schermo l'incommensurabile fascino di una geisha.

Incede impassibile eppure inequivocabilmente apportatrice di promesse.

Il suo passo è esasperatamente lento e rituale, mentre si dirige verso l'uomo che avrà la fortuna di essere oggetto delle sue attenzioni.

Ma tutto sarà vano: Sozaburo rientrerà nella caserma dello Shinsengumi a tarda notte,ma  senza avere ceduto alle seduzioni della geisha. A Yamazaki che gliene chiede ragione candidamente confesserà: è lui che vuole, non una donna.

Di lì a breve la situazione precipita: l'antico amante di Sozaburo, Yukawa, viene trovato morto: ucciso con un colpo di spada alla schiena, e finito con uno al ventre.

Yamakazi viene poi assalito di notte, mentre si trova da solo. Riesce a difendersi e a mettere in fuga il suo inseguitore, senza riuscire ad identificarlo. Ma l'uomo ha perduto sul posto un kozuka, il piccolo coltello di servizio che viene spesso inserito nel fodero della katana o del wakizashi, le due spade che il samurai ha l'obbligo di portare.

Una breve indagine accerta che l'arma di Tashiro ha l'alloggiamento per il kozuka, che tuttavia manca.

 

Kondô è categorico: ci sono prove sufficienti per concludere che Tashiro, in preda alla gelosia, è l'autore dei due agguati. Deve essere eliminato, e deve farlo Sozaburo. Hijikata pensa che sia troppo crudele chiederglielo; e che forse l'impresa sia superiore alle sue forze, visto lo stato di soggezione di cui è preda di fronte a Tashiro.

Ma ottiene solo di essere presente allo scontro come osservatore, assieme ad Okita.

Deve quindi convocare Sozaburo per comunicargli le decisioni del comandante. Il giovane si mostra sorpreso quando apprende di dover uccidere Tashiro. Ma non muove obiezioni: assicura solamente che farà del suo meglio.

 


 

Hijikata ed Okita attendono sul posto, defilati per non essere osservati dai due duellanti che stanno per arrivare.

Ingannano l'attesa parlando. Okita confessa di non comprendere persone come Sozaburo o Tashiro, di essere addirittura infastidito da loro.

Nonostante abbia deciso di abbandonare ogni azione autonoma entrando nello Shinsengumi ed eseguendo senza discutere ogni ordine, ama leggere: per farsi una propria opinione e per conoscere il pensiero degli altri.

 

 

 

Una lettura che lo ha molto impressionato è il racconto di un samurai che sceglie la morte per mantenere la parola data, abbandonando il corpo ridotto in prigionia per liberare lo spirito che tornerà così dall'amico cui aveva promesso il ritorno.

Okita vede e denuncia lucidamente i difetti umani che si annidano anche tra gli angeli sterminatori dello Shinsengumi: lo stesso Hijikata non ne è immune, è geloso anche lui.

Geloso del suo rapporto privilegiato con Kondô, e non esita a mettersi di mezzo non appena intraveda un potenziale rivale.

 

 

 

Ma Okita? saprebbe lo stesso Okita mantenersi imparziale di fronte al fascino di Sozaburo?

Lui assicura di non subire quel tipo di influenze, ma Hijikata non allude solamente all'attrazione sessuale.

Non può fare a meno di immaginare se stesso costretto ad affrontare Sozaburo.

E poi Okita, dapprima nella parte del carnefice, poi in quella della vittima.

Senza che sia ben chiaro, né ad Hijikata né tantomeno allo spettatore quando sia un ruolo e quando l'altro.

 

 

 

Non c'è più tempo per i propri pensieri. Sozaburo e Tashiro sono arrivati.

Il giovane tenta di colpire a sorpresa l'altro, che riesce però ad evitare il colpo e messosi in guardia dopo aver estratto la spada gli chiede ragione di questo tradimento

Ne riceve in risposta un ambiguo sorriso, che non si saprebbe se definire angelico o diabolico, se di amore o di sfida.

Sozaburo lo accusa dell'uccisione di Yukawa e dell'agguato a Yamazaki, che hanno provocato la sua condanna a morte.

 

 

Tashiro si difende, e i suoi accenti sono quelli di chi disperatamente afferma la verità.

Non è vero, è stato lo stesso Sozaburo ad uccidere Yukawa, per liberarsi di un legame ormai inutile.

E sempre lui ad aggredire Yamazaki, lasciando sul posto il suo kozuka per fargli ricadere addosso la colpa.

 

 

 

 

 

 

Rimane poco da dire, la parola rimane alle spade.

Sozaburo continua a scontare la sua sudditanza psicologica di Tashiro, che oltre ad essergli superiore fisicamente trova ulteriori risorse nel suo carattere irriducibile.

Riesce a disarmare Sozaburo, e lo ha ormai alla sua mercé.

E' in quel momento che il ragazzo gli chiede perdono. E gli sussurra poi qualcosa che i due samurai che osservano senza essere visti non riescono a cogliere.

 

 

E' un attimo.

Mentre Tashiro esita ed allenta la pressione della spada, Sozaburo fulmineo estrae la seconda lama che porta alla cintura e lo colpisce mortalmente.

Infierirà poi sul corpo inerme, prima di dare freddamente il colpo di grazia e allontanarsi infine con indifferenza, senza degnare di un ultimo sguardo il cadavere del suo antico amante.

 

 

 

 

 

Pur senza aver potuto comprendere cosa abbia detto Sozaburo per sottrasi alla morte, sia Hijikata che Okita hanno la sensazione di avere completamente frainteso la vicenda.

Non è pensabile che Tashiro mentisse, quando pensava di essere solo a solo con Sozaburo senza nessuno che ascoltasse. La sua potrebbe essere stata la verità.

O perlomeno, una parte non rinunciabile della verità.

 

 

 

 

I due si allontanano, in silenzio.

Okita ha un ripensamento: ha dimenticato qualcosa, deve tornare indietro un attimo.

Si allontana velocemente verso la stessa direzione in cui si era diretto Sozaburo.

Hijikata Toshizō rimane solo.

 

 

 

 

 

 

 

 

Di fronte a lui, emergente dalla nebbia notturna, la sagoma di un giovane ciliegio in fioritura precoce.

Come molti sanno il ciliegio - sakura -  è il simbolo dello spirito samurai: fiorisce improvvisamente, con maestosa bellezza, ma il tempo del fiore è limitato. E'  destinato a durare pochi giorni.

Così il samurai: deve essere pronto a cadere in ogni momento, senza rimpianto, lasciando solo il ricordo della sua bellezza.

Hijikita estrarrà la lama per troncare d'un sol colpo l'intero tronco.

Il ciliegio deve cadere quando il suo tempo è arrivato. Senza esitazioni, senza rimorsi, senza rimpianti.