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La visita al museo inizia da una grande sala in cui sono raccolte numerose pregevoli armature, prevalentemente italiane. Per apprezzarle appieno è indispensabile la guida di un esperto, che era in questa occasione Alberto Roatti.

E' particolarmente percepibile fin da qui la particolare impostazione voluta da Stibbert per la sua esposizione, che lo accomuna agli grandi collezionisti ottocenteschi ma che era, come abbiamo già detto, condivisa anche dai maggiori musei istituzionali.

 

 

 

 

 

 

 

L'ambientazione è innegabilmente  artificiosa: si è voluta ricreare una atmosfera suggestiva.

Le grandi sale sono decorate con gusto arcaicizzante e in alto sulle interminabili pareti, lungo le modanature, corrono file di blasoni di gusto medioevale.

Le opere d'arte esposte sono tuttavia di vario genere e varie epoche.

Qui vediamo come le pareti siano letteralmente ricoperte di tele dipinte,che è però difficile apprezzare per la loro collocazione, per il senso di saturazione che dà il loro affollamento, e perché distolti da altre opere.

 

 

 

 

La parte del leone è riservata infatti alle armi, disposte in modo da incutere all'osservatore stupore, ammirazione, una punta di timore.

Giustamente famosa è la cosidetta cavalcata.

All'interno di una lunga sala è disposto su due file un corteo di  cavalieri rivestiti delle loro armature, impenetrabili dietro le loro celate, ed in atteggiamenti anchessi suggestivi.

In atto di porre la lancia in resta ad esempio o di estrarre la lunga spada, come mostrato nella immagine della pagina precedente.

Non potremmo giurare sulla esattezza filologica degli assemblaggi e delle ricostruzioni, lo testimonia ad esempio la presenza nella fila destra di un cavaliere moro, inspiegabilmente collocato fuori della sua destinazione naturale, l'importante sezione medio orientale, di cui non possiamo accennare per mancanza sia di spazio che di competenza.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E' innegabile che l'impatto estetico ed emozionale voluto e rigorosamente perseguito da Frederick Stibbert - benché a prezzo di non poche  trasgressioni - sia forte.

Per ogni visitatore,  con qualunque grado di preparazione culturale e a prescindere da spiegazioni dettagliate.

 

 

 

 

 

 

 

 

Interminabili corridoi, avvolti da una semi penombra anchessa suggestiva, lasciano immaginare innumerevoli altri tesori non accessibili.

La vastità del museo e la scarsezza di personale non permettono infatti di ammettere il pubblico in tutte le sale.

Oltretutto gli oggetti non racchiusi nelle vetrine rimangono a portata di mano di ogni visitatore malaccorto, se non addirittura malintenzionato.

 

 

 

 

 

 

Opportunamente all'interno di una vetrina un oggetto di straordinario fascino. Un elmo legionario rinvenuto nel Po.

Si pensa a giudicare dalla fattura, si direbbe del tipo definito imperiale italico risalente al I secolo d.C., che possa essere una reliquia della battaglia di Bedriaco, in cui le armate dell'imperatore Vitellio tentarono inutilmente di arrestare le legioni di Vespasiano.

Era il cosidetto anno dei 4 imperatori in cui salirono al trono dopo Nerone, in rapidissima successione e sempre condannati ad una tragica fine, prima Servio Galba, poi Marco Otone e dopo ancora Aulo Vitellio. Ma le legioni della Pannonia e della Mesia proclamarono imperatore Tito Flavio Vespasiano, che postosi alla loro testa invase l'Italia sconfiggendo Vitellio a Bedriaco.

Immediatamente dopo la battaglia Vitellio abdicò ma ritornato a Roma il suo temperamento indeciso ed incostante prese il sopravvento. Riprese il potere, invano contrastato dal prefetto dell'urbe Tito Flavio Sabino, fratello di Vespasiano. Ma la notizia dell'avvistamento delle avanguardie di Vespasiano lo gettò nel panico.

Si fece portare in lettiga nella sua dimora all'Aventino, barricandosi dentro una stanza nella incomprensibile speranza di non essere lì rintracciato. Non fu così.

Venne trascinato per i capelli e con una spada alla gola, come si usava per i criminali, verso il foro - non distante - ed ucciso ai piedi delle scale Gemonie. In un ultimo soprassalto di dignità, ai legionari che lo avevano scoperto e chiedevano conferma della sua identità, aveva detto: "Sì, io fui una volta il vostro imperatore."

Ma è tempo ora di occuparsi della mostra Samurai! e della sezione giapponese del museo.