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Tutti sappiamo quanta importanza abbia la spada nella società tradizionale giapponese, e quanta ne abbia al giorno d’oggi tra gli studiosi e gli appassionati della cultura nipponica.

Chi intende affrontare l’argomento un po’ piú in profondità si trova peró di fronte ad una ricerca di complessità enormemente superiore a quanto previsto. Io stesso mi considero un modesto orecchiante in fatto di nihonto, spade giapponesi, e non mi ritengo assolutamente all’altezza di dire in proposito molto di significativo.

Ma vorrei perlomeno farvi partecipi delle mie impressioni. Ammirandole in un museo o sulle pagine di un libro, me ne ero fatto una idea un pó troppo astratta, troppo slegata dalla realtà.

Le storie di spade in Giappone sono anche storie di tutti i giorni, episodi di vita vissuta al quotidiano. Andiamo quindi a leggere qualcuna di queste storie.

Vi avverto che non seguiró alcun filo conduttore, coglieró l’occasione là dove capita e come capita, senza alcuna traccia da seguire che non sia l’arbitrio del destino che ci porta a conoscere chissà perché questa e non quella spada e relativa grandezza o miseria umana celatavi dietro.

Buona lettura.


 

La spada del postino

E’ abbastanza noto che nel Giappone feudale di epoca Edo solo i samurai erano autorizzati anzi obbligati al porto delle due spade; la lunga (normalmente una katana) e la corta (wakizashi), e il corredo del samurai veniva appunto chiamato dai-sho, lunga-corta. Già nel 1636 (alcune fonti riportano 1642) e poi circa mezzo secolo dopo nell’epoca Kanbun, durante il terzo shogunato dei Tokugawa, si decise anche una linea di demarcazione tra i vari tipi: venivano definite wakizashi le lame che non superavano i 2 shaku (circa 60 cm) di lama e tanto, pugnale, quelle al di sotto di 1 shaku.

Per le spade lunghe le regole fissavano una lunghezza massima per la lama tra gli 80 e gli 85 centimetri circa e ne consigliavano una standard di 71 cm, la cosidetta lunghezza josun che è quella ancora adesso utilizzata nei bokken da allenamento e negli iaito a meno che non si chieda espressamente una misura diversa (troverete oltre le misure dell’apparentemente complicato sistema giapponese, in realtà molto semplice). Bisogna dire che questo tentativo di uniformare le spade non ebbe grande successo al momento, ma fu la base della standardizzazione adottata circa 200 anni dopo in epoca Meiji, quando lo Zen Nihon Kendo Renmei, che aveva il compito di sottrarre alla dispersione il patrimonio culturale delle scuole di spada giapponesi, stabilì di utilizzare armi da allenamento conformi alle norme kanbun-to. Ma con questo basti sull’argomento,

Parliamo di un wakizashi molto particolare.

Erano autorizzate a portare una spada corta alcune categorie di commercianti e professionisti, come per esempio i dottori. O i postini... Perlomeno è quello che sospetto.

Vediamo per esempio questo bel wakizashi: ha un aspetto molto attraente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ma se tentaste di estrarne la lama rimarreste molto sorpresi.

Potete infatti notare che la lama non c’è.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

All’interno del fodero e dell’impugnatura stessa si cela un nascondiglio che sembra fatto apposta per celare una lettera o un messaggio segreto.

Ma non crediate che si tratti di un oggetto da quattro yen, anzi quattro ryo data l'epoca. Che possiamo presumere sia quella Edo: non avrebbea avuto senso un oggetto del genere nel periodo successivo alla proibizione del porto della spada.

Possiamo quindi concludere, anche senza una analisisi dello stile e delle tecniche di costruzione dell'oggetto, che è sicuramente risalente ad un periodo anteriore al 1876.

 

 

 

 

 

 

 

Il particolare evidenzia l’ottimo grado di finitura della laccatura del fodero e la complessa lavorazione del kurikata, l’anello dove passa il cordone che assicura la spada alla cintura (sageo) ove è raffigurata la testa di uno shishi (leone).

L'assieme conferma che l'ingegnoso sistema era destinato ad un professionista di un certo tono, avente l'obbligo gi indossare permanentemente il wakizashi.

Sarebbe quindi da privilegiare l'ipotesi del dottore, che magari vi riponeva i ferri chirurgici, piuttosto che quella del corriere che vi conservava le missive.

 


 

I giapponesi, si sa, hanno il vezzo di catalogare e classificare tutto. In epoca moderna per valutare le capacità umane è prevalso l’uso dei gradi dan, utilizzato soprattutto ma non solo nel campo delle arti marziali in epoca moderna sostituendo il precedente sisteme dei gradi menkyo.

Per rendersene conto basta leggere quel piccolo capolavoro intitolato Il maestro di go, di Yasunari Kawabata, incentrato proprio sullo scontro-incontro tra l’ultimo dei meijingodokoro, grandi maestri elettivi provenienti da una delle quattro famiglie deputate, e il giovane sfidante ormai appartenente al sistema dei dan.  Era possibile che si trascurasse la classificazione dei grandi maestri fabbricanti di spade? Naturalmente no, ma rimarrete sicuramente sorpresi nello scoprire che oltra alle ovvie classificazioni tecniche alcuni hanno pensato di utilizzare lo stesso sistema di graduazione ancora utilizzato oggi nel sumo, la più antica probabilmente delle arti marziali giapponesi, che è oggi anche uno degli sport più seguiti, e che diversi legami col mondo della spada comunque ce l'ha.

Nella illustrazione potete vedere un particolare di una antica stampa, di cui non conosciamo l'autore, raffigurante il campione Somagahana Fuchiemon, attivo sul finire dell'epoca Edo: porta le due spade regolamentari della classe samurai, montate in stile handachi.

Ancora al giorno d'oggi la presentazione di uno yokozuna prevede un cerimoniale particolare in cui la spada ha un ruolo importante.

Durante questa cerimonia, chiamata dohyo-iri, lo yokozuna indossa sopra il mawashi, la fascia che gli copre i reni, dei pesanti ornamenti rituali: un grembiule chiamato kesho-mawashi ed un cordone apotropaico, lo tsuna, che può pesare fino a 15 kg.

 

 

 

 

 

Lo accompagnano un tate-gyōji, arbitro di categoria superiore, e due attendenti.

Uno di essi, lo tsuyu-harai, lo precede, mentre il tachi-mochi lo segue portando una spada nella mano destra, mantenenuta nella stessa posizione in cui la tenevano anticamente gli scudieri del daimyo, feudatario titolare di un territorio.

Nella foto, tratta da Wikipedia, lo yokozuna Asashoryu durante il dohyo-iri, che prevede anche una gestualità legata alla tradizione.

La postura della foto ad esempio, come del resto gran parte delle altre previste, aveva lo scopo di mostrare l'assenza di armi nascoste.

 

 

 

 

 

La classifica che ora andiamo a mostrare è limitata al periodo Shinto. Le ere classiche della spada sono:

Koto (antica) fino al 1596

Shinto (nuova) dal 1596 al 1781

Shinshinto (nuovissima) dal 1781 al 1868 (1860 per alcuni)

Bisogna dire ad onor del vero che le spade Shinto sono considerate da alcuni già decadenti, coincidendo con la fine dell'epoca delle grandi battaglie, e mediamente di valore inferiore a quelle del periodo d’oro Koto e del succesivo rinascimento Shinshinto, pur se le eccezioni non mancano.

Vengono elencati a parte i maestri spadai considerati fuoriclasse, potremmo dire col termine utilizzato per gli spadai contemporanei mukansha: ossia al di sopra di ogni giudizio. Gli altri vengono divisi nei due classici schieramenti dell'Est (ove si trova Edo, residenza dello shogun) ed dell'Ovest (ove risiede l'imperatore, in Kyoto), assumendo che i campioni dell’Est siano di norma di rango superiore a quelli dell’Ovest di corrispondente livello.

Come gli appassionati di sumo sapranno i campioni vengono divisi in cinque categorie, yokozuna, ozeki, sekiwake, komusubi, maegashira, e la loro gerarchia (banzuke) viene pubblicata e distribuita prima dei tornei.

La classifica dei maestri spadai Shinto è stata compilata da Tomita Kiyama nel 1933 e pubblicata in Nihonto Jiten Shintohen nel 1935.

Comprende nell’ordine la moderna prefettura (tra parentesi) e talvolta la provincia in cui operava il maestro, i suoi eventuali titoli onorifici (ad esempio Omi no kami) e il suo nome.

Non riporto l’elenco completo dei maegashira, la categoria inferiore, che comprende molte decine di nomi. La terminologia dei fuoriclasse è come vedrete subito dopo completamente differente.

Non sono un esperto ma ho sollevato qualche dubbio sull’inserimento di Suishinshi Masahide, protagonista indiscusso del rinascimento Shinshinto, in un elenco che dovrebbe limitarsi all’epoca Shinto.

Interpellate in proposito, alcune persone che ne sanno piú di me hanno immediatamente identificato altri “intrusi” di epoca Shinshinto nell’elenco speciale (Naotane e Kiyomaro), sollevando l’ipotesi che si tratti piuttosto di un elenco comparativo tra le due epoche.

Entrambe le tabelle vengono però lasciata integre per dovere di documentazione, anche quando appiono evidenti altri errori, di battitura o di interpretazione: Lo yokozuna dell’Ovest non puó essere originario di Tokyo, che all’epoca tra l'altro veniva chiamata Edo ed è notoriamente la capitale dell'Est. Sembra palese che in questo caso, come negli altri in cui ricorre la località di Tokyo, si sia trattato di un errore per Kyoto (i kanji di Tokyo e Kyoto sono identici ma invertiti nell'ordine, è capitato in passato anche ad altri di confonderli).

Sembrano altrettanti errori la dicitura Shimano al posto di Shinano, la ripetizione di Tokyo anche nello schieramento dell’Est, l’assegnazione di Shiryo ad Hizen invece che ad Osaka, ed altri di minor conto. Riporto prima i due schieramenti dell’Est e dell’Ovest e poi i grandi maestri dell’elenco speciale. Le tabelle originali sono consultabili su diversi siti internet tra cui questo.

Ricordo a titolo di curiosità che Takeda Sokaku, soke del daito ryu aikijujutsu e principale maestro di Ueshiba Morihei (fondatore dell'aikido), possedeva una spada firmata da Kotetsu, Ozeki dello schieramento dell’Ovest, famoso per le capacità di taglio delle sue lame, e Takeda Sokaku, che fece uso  quando dovette affrontare l'aggerssione di un gruppo di malviventi, avrebbe potuto confermarlo con cognizione di causa.

 

Schieramento dell'Est Schieramento dell'Ovest
Yokozuna
(Hishu) Hizen kuni Tadayoshi
Yokozuna
(Tokyo) Shimano no kami Kunihiro
Ozeki
(Osaka) Inoue Shinkai
Ozeki
(Edo) Okisato Nyudo Kotetsu
Sekiwake
(Osaka) Tsuda Echizen no kami Sukehiro
Sekiwake
(Edo) Shigeyoshi
Komusubi
(Osaka) Omi no kami Sukenao
Komusubi
(Osaka) Ikkanshi Tadatsuna
Maegashira
(Tokyo) Hirikawa ju Kuniyasu
(Osaka) Osumi no kami Masahiro
(Kishu) Nanki ju Shigekuni
(Osaka) Kitamado Harukuni
(Osaka) Ise no kami Kuniteru
(Hizen) Tohi Shinryo
(Osaka) Kaga no kami Sadanori
(Aki) Higo no kami Teruhiro
(Ise) Mutsu no kami Toshinaga
(Yamato) Tegai ju Kanekuni
Maegashira
(Edo) Nagasone Okisato
(Tokyo) Higashiyama ju Yoshihira
(Osaka) Sakakura Gonnoshin Terukane
(Osaka) Kawachi no kami Kunisuke
(Tokyo) Echigo no kami Kunitomo
(Tokyo) Dewa daijo Kunimichi
(Edo) Ogasawara Shosai
(Osaka) Tatara Nagayuki
(Tokyo) Etchu no kami Masatoshi
(Mutsu) Sendai ju Kunikane

L'elenco speciale dei maestri spadai al di sopra della norma

Gyoji  
Umetada Myoju Tokyo
Yamaura Minamoto Kiyomaro Edo
Omura Kaboku Edo
Gashiratori  
Suishinshi Masahide Edo
Mutsu no kami Kaneyasu Osaka
Oyogo Kunishige Bitchu
Echizen kuni Yasutsugu Edo
Shumi no kami Yasuyo Sashu
Sewanin  
Omi daijo Tadahiro Hizen
Taikei shoji Naotane Edo
Tamba no kami Yoshimichi Tokyo
Yamato no kami Yoshimichi Osaka
Umetada Shigeyoshi Tokyo
Kanjinmoto  
Iga no kami Kinmichi Tokyo
Omi no kami Hisamichi Tokyo
Sashizoenin  
Shimano kami Nobumitsu Tokyo
Izumi no kami Kinmichi Tokyo

 


 

Proviene sempre dalla stessa fonte un’altra informazione molto interessante, trovata per caso cercando di approfondirne un’altra altrettanto casuale. E’ un elenco nato dalla ricerca dei due esperti Ron Hartmann e Albert Yamanaka, partita da una loro corrispondenza privata: le armi adottate dai 47 ronin per la loro sanguinosa vendetta (adauchi) contro il signore di Kira.

Non posso in questo momento narrare per esteso quanto accaduto nella circostanza, speriamo che ne siano a conoscenza quasi tutti i lettori, in quanto si tratta di uno degli episodi piú noti in assoluto dell’epopea dei samurai. Molto brevemente: si tratta della vendetta dei 47 samurai della casata di Asano, divenuti ronin (uomini onda, cioè samurai senza padrone) in seguito alla morte del loro signore, disonorato da signore di Kira e costretto al suicidio per ordine superiore. Per approndimenti, rimandiamo ad un altro articolo di questo sito, I 47 ronin ove oltre alla storia completa troverete anche l'elenco completo delle loro armi.

Cosí recita il jisei¸ il poema di addio composto da Asano Takumi no Kami signore di Ako, pochi istanti prima di compiere seppuku:

Passa il vento,

cadono i fiori.

Piú della loro scomparsa,

quella della primavera mi accora.

Come spiegarmi?...

Dopo un anno passato a dissipare i sospetti dandosi apparentemente ad una vita dissipata, i 47 ronin si radunarono clandestinamente di notte in un dojo di kenjutsu, dove si armarono e si diressero a dare l’assalto alla tenuta dei Kira, pesantemente difesa. Annientarono ogni resistenza e uccisero il loro nemico. La testa mozzata dopo essere stata lavata con cura venne portata sulla tomba di Asano dove il capo della congiura, Oishi Kuranosuke, la colpí ritualmente alla testa col suo wakizashi. I 47 ronin si consegnarono poi alla forza pubblica, e lo shogun pur ammirato dal loro incrollabile coraggio ordinó loro il seppuku.

Questa stampa è opera di un artista di nome Odake, che lavorò nella seconda metà dell'800 su commissione di lord Redesdale per illustrare il suo libro Tales of old Japan, che ancora oggi a distanza di secoli, rimane una delle opere più importanti pubblicate sulla cultura tradizionale e popolare del Giappone.

Rappresenta il momento in cui Oishi chiede rispettosamente a Kira di compiere seppuku, ottenendone il rifito. Provvederà allora di persona a mozzargli la testa.

Uno dei ronin sta chiamando a raccolta gli altri con un fischietto, e notiamo che tutte le spade che compaiono hanno una montatura del tipo handachi (vedere l'articolo Terminologia: il koshirae).

La cosa è plausibile, si tratta di una montatura robusta adatta a sopportare i traumi di un combattimeno ma anche quelli di un continuo uso quoridiano, ma non sappiamo se corrisponda esattamente alla realtà. Si noti che il gruppo dei ronin non indossa come potrebbe sembrare armature da battaglia, bensì uniformi da pompieri.

Viene riportato nell'inventario delle armi, che qui riproduco limitandomi ai  primi 5 samurai, il nome di ogni ronin e la sua età. Seguono le sue armi: katana, wakizashi e yari (lancia) se utilizzata. I numeri tra parentesi riportano alla classificazione dei kanji utilizzati nelle firme delle lame (mei) per una corretta identificazione del maestro spadaio. Differenti kanji possono infatti avere la stessa pronuncia e spesso lo stesso kanji può avere diverse differenti pronunce, come è il caso di michi (presente nella firma di numerosi spadai come Yoshimichi, Kinamichi, Kenmichi) che può anche essere pronunciato do. Norinaga (1,2) va quindi scritto col kanj “nori” di tipo 1 e il kanj “naga” di tipo 2. La dicitura mumei significa “senza firma”. Il termine te yari si riferisce ad una lancia molto corta, adatta alla lotta corpo a corpo in spazi ristretti.

Ne vediamo una in questa stampa, ove sono rappresentati Yahei Horibe ed il suo figlio adottivo Yasubei Horibe, che ha con sé un'arma che probabilmente non ci saremmo aspettati. Si tratta di un otsuchi, grande martello e consiste in pratica in una enorme mazza di legno con manico di circa 6 shaku (180cm). Veniva utilizzato per abbattere le porte delle fortezze nemiche, e quello fu il suo utilizzo anche nell'assalto notturno dei 47 ronin.

Da notare che nell'elenco completo Horibe senior, che figura come Horibei, nonostante l'età avanzata - aveva 77 anni - risulta essere stato armato della spada più grande, 3 shaku, e non dello yari-te ma di una naginata (alabarda), un'arma probabilmente lunga circa 8 shaku (240cm).

Ma dobbiamo considerare che la stampa è un'opera d'arte, non necessariamente aderente fino in fondo al modello storico.

La fonte ritiene molto interessante notare che parecchi protagonisti dello adauchi (vendetta rituale) erano provvisti di armi piú lunghe del normale e del consentito. Era infatti di quell’epoca l’editto di cui abbiamo parlato in precedenza che limitava la lunghezza del wakizashi a 2 shaku e quella della katana a 2 shaku, 3 sun e 5 bu. Le guardie del corpo asserragliate nella tenuta dei Kira erano infatti equipaggiate con armi regolamentari, e quasi tutti i 47 ronin vollero prendersi il loro vantaggio.  Anche questa osservazione richiede forse un approfondimento: in realtà sembra che soprattutto i wakizashi fossero di lunghezza irregolare mentre sarebbero state conformi alle leggi le katana, che superano spesso la misura consigliata ma non quella proibita dalle regole di epoca Kanbun poi definitivamente adottate con un editto di epoca Shotoku (1712), che come abbiamo visto innanzi erano ben superiori e prevedevano inoltre un margine di tolleranza di un sun.

Per chi vuole togliersi il gusto di sapere cosa si cela dietro queste esoteriche misure, ecco una tabellina che potrà far comodo, che rivela come in fin dei conti la situazione non sia cosí drammatica: quello giapponese è in definitiva un sistema decimale, in cui 10 bu corrispondono ad un sun e 10 sun corrispondono ad uno shaku.

Lo shaku corrisponde a sua volta grossomodo al nostro piede, utilizzato pressoché ovunque in Occidente – anche se con misure leggermente differenti in ogni regione – fino alla Rivoluzione Francese. Quindi approssimativamente un bu è uguale a 3 mm, un sun a 3 cm, uno shaku a 30.

  pollici cm
Shaku 11,93 30,3
Sun 1,193 3,03
Bu 0,1193 0,303

Ma iniziamo finalmente con l’elenco, che si apre naturalmente con le armi del celeberrimo capo dei 47 ronin: Oishi Kuranosuke. iIpetiamo che la prima riga si riferisce alla spada lunga, la seconda alla spada corta, la terza alle armi complementari, quasi sempre varie tipologie di lance. Notiamo tuttavia che Masaaki Mase aveva con sé un arco.

    Età Arma Lunghezza

1

Oishi Kuranosuke Yoshikatsu

45

Norinaga

2 shaku 8 sun

 

 

 

Norinaga

2 shaku

 

 

 

te yari

 

2

Yoshida Chuzaemon Kanesuke

64

Shimada

2 shaku 2 sun

 

 

 

Hiromitsu

1 shaku 1 sun

 

 

 

naga yari

 

3

Hara Soemon Mototoki

56

Hirohuni

2 shaku 9 sun

 

 

 

Kunisuke

2 shaku

 

 

 

te yari

 

4

Kataoka Gengoemon Takafusa

37

Kunimitsu

2 shaku 7 sun

 

 

 

Kunishige

=

 

 

 

te yari

 

5

Mase Kyudayu Masaaki

63

Michitaka

2 shaku 1 sun

 

 

 

Yoshitsuna

2 shaku

 

 

 

yumi

 

 


 

Ma come è nata questa curiosità sulle spade utilizzate dai 47 ronin? Dalla vendita all’asta effettuata pochi mesi prima di una spada dal grande valore storico, perlomeno secondo i venditori.

Eccone il nagako, cioè il codolo. a sinistra potete vederne il lato omote con la firma e i titoli del maestro spadaio: Takada Ju Fujiwara Tsunayuki.

Dopo il lato omote viene mostrato anche il lato ura del nakago, in cui vengono incisi a volte la data e l’eventuale tameshigiri, la prova di taglio della lama. Per questa spada il tameshigiri è stato eseguito e l’iscrizione, “ichi no do Kondo Genpachi Tamesu Kore Akagaki genzo Oishi Yoshitaka” ci informa che se ne sono incaricati i due samurai Kondo Genpachi e Oishi Yoshitaka. Un parente di Oishi Oranosuke, capo dei 47 ronin? Esattamente, e questi due samurai erano ai suoi ordini, anche se non presero poi parte al complotto dei 47.

E’ quindi una spada dal grande valore storico, anche se il suo legame con il leggendario episodio è tutto sommato molto marginale. Dal punto di vista pratico si tratta di una spada antica di ottima fattura e recentemente ripulita, come vediamo dal particolare della lama, che però comincia a mostrare i segni del tempo: si noti l'esiguità dello scalino dell'hamachi, frutto di numerose ripuliture.

Si tratta di una spada solida e robusta, pensata per combattere e proveniente dalla scuola dei mastri spadai di Bungo, mirante all'efficacia ma artisticamente meno apprezzata rispetto ad altre. Forse per questo è rimasta invenduta, sebbene all'asta si sia arrivati ad una somma molto vicina ai 10.000 dollari.

Aveva naturalmente il suo bravo kantei¸come potete vedere: la perizia giurata, firmata da un esaminatore diplomato (i gradi di esaminatore si misurano, ci potevate giurare, in dan e sono tre). E il kantei di una spada assomiglia in modo impressionante ai certificati di grado dan rilasciati nelle maggiori scuole di arti marziali.

Rimarrebbe da togliervi un’ultima piccola curiosità: come viene effettuato il tameshigiri, la prova di taglio di una spada? Iniziamo a spiegarlo con l’illustrazione seguente, che richiede peró un certo sangue freddo.

Anticamente veniva efffettuata anche su dei corpi umani, normalmente di condannati a morte, adagiati su uno strato di sabbia che consentisse di vibrare il colpo - che poteva passare con una certa facilità diversi colpi impilati l’uno sopra l’altro -  senza timore di danneggiare la preziosissima lama.

I colpi erano rigidamente codificati e classificati secondo l’ordine di difficoltà, fino all’impervio ryo guruma.

E’ invece una leggenda metropolitana che i samurai usassero provare le loro spade appostandosi al buio dietro gli angoli dei quartieri malfamati per tagliare il primo innocente passante.

Ci saranno anche stati soggetti del genere, ma cosí come ci sono oggi i ragazzi che passano il loro tempo tirando sassi dai cavalcavia.

La prova sui corpi umani non era comunque la norma: si ricorreva allora ad appositre strutture chiamate tameshiwari che simulavano la resistenza del corpo umano.

La tradizione del tameshigiri è continuata anche in epoca moderna, e tra i più rinomati collaudatori veniva considerato il grande maestro di spada Hakudo Nakayama, creatore del moderno Musho Shinden ryu, una antica scuola che grazie al suo impulso divenne forse la più importante scuola di iaido dei nostri giorni,

citiamo, dal sito internet di una scuola statunitense di iaido, il Kenshinkan Dojo, purtroppo non più on line:

A sword oshigata (tang rubbing) appears in the book Military Swords of Japan: 1868-1945, which records Nakayama Hakudo's test results. The engraved words state, "Hami saijo Nakayama Hiromichi tamesu kore wo" and "Showa 17 nen 11 gatsu kichi nichi" (The highest quality cutting ability. Tested by Nakayama Hiromichi on a lucky day, November 1942) (Fuller and Gregory, 1996:116-117). The authors hasten to add that the test was carried out on a straw bundle or green bamboo, simulating a body.

I wish to point out that "Hiromichi" is an alternative reading of "Hakudo." Nakayama Hiromichi is the same person as Nakayama Hakudo.

Questa testimonianza, corredata anche delle fonti, aiuta a mettere ordine nella confusione generata da troppi altri siti, che citandosi l'un l'altro senza mai risalire ai documenti originali rischiano di confondere le idee a chi prende per buone le loro indicazioni. Un'altra citazione, che proviene dal prestigioso Aikido Journal (omettiamo per rispetto, una svista può capitare a tutti, il nome dell'autore).

Prior to and during the Second World War, the famous kendo and iaido teacher Hakudo Nakayama selected swords for use by the Imperial Palace police by performing tameshigiri on the hip bones of pigs. I know of three swords bearing Nakayama’s sword-testing name, Minamoto no Yoshichika, that have shown up in the United States.

L'autore, probabilmente un cittadino americano di origine giapponese, è incorso in un equivoco che ci apprestiamo a chiarire, riprendendo un documento che abbiamo già pubblicato nell'articolo che tratta di Etichetta e manutenzione della spada.

Come è incontestabilmente provato dalle foto, sul nakago, lato omote, di questa spada, recentemente apparsa sul mercato, appare una firma: nidai Minamoto Yoshichika: Minamoto Yoshichika secondo. Si tratta di un maestro spadaio attivo all'inizio dell'epoca Showa, diciamo approssimativamente negli anni seguenti alla prima guerra mondiale.

Le sue opere sono relativamente facili a reperire sul mercato statunitense, ove sono pervenute in gran numero le spade appartenute agli ufficiali giapponesi sequestrate al termine della seconda guerra mondiale, non meraviglia quindi che la sua firma sia stata vista tre volte.

Ovviamente non ha nulla a che fare con la firma di Nakayama Hakudo, o Hiromichi come abbiamo visto in precedenza, che è visibile invece - così come deve essere - sull'altro lato del nakago, quello ura riservato alla data ed alle certificazioni: Hakudo Nakayama sho: certificato da Hakudo Nakayama.

Sembra del tutto fantasiosa anche l'ipotesi ventilata su Aikido Journal che i tameshigiri riservati alle guardie imperiali venissero eseguiti su ossa di maiali invece che sui consueti shiwari.

Nella foto seguente possiamo vedere Hakudo Nakayama mentre si prepara ad eseguire una dimostrazione di tameshigiri davanti all'imperatore, in un periodo non meglio precisabile intorno al 1933 (eseguì infatti diverse dimostrazioni, in occasione di differenti cerimonie annuali).

Nel filmato da cui è tratta la foto, due brevi documentari in cui vengono tratteggiate le vite di Hakudo Nakayama e di Morihei Ueshiba, attualmente non più disponibile sul mercato,  il maestro esegue dapprima il kata Inyo shintai, che mostra alcune affinità con l'esercizio di taglio sullo shiwari - visibile sulla destra, che esegue immediatamente dopo.

Vengono eseguiti tre tagli consecutivi in rapida successione - meno di un secondo - ognuno dei quali trapassa completamente il fascio di canne di bambu.

Gli shiwari utilizzati correntemente oggigiorno sono verticali, simulano pertanto la resistenza opposta da un corpo umano in posizione eretta. Come si vede quelli utilizzati da Nakayama sensei erano invece orizzontali, assomigliano all'attrezzo ginnico denominato cavallo , e lo strato di canne di bambu da tagliare appare molto più voluminoso: si ispiravano chiaramente ai metodi tameshigiri utilizzati anticamente, in cui potevano essere utilizzati firno a 3 cadaveri.

La foto successiva, della stessa provenienza, mostra il maestro Nakayama, in età ormai molto avanzata (nacque nel 1869 e scomparve nel 1958).

E' ripresa da una serie in cui esegue diversi kata delle serie omori ryu, hasegawa eishin ryu ed okuden ryu. La fase mostrata è il nukitsuke del kata shohatto.

Il certificato tameshigiri citato sul sito Kenshinkan riporta la data del 1942, ossia di quando il maestro aveva già 73 anni.

 

 

 

 

 

 

 

L'ultima foto mostra un particolare della posizione noto assunta dal maestro Nakayama al termine di shohatto.

Da notare anche la particolarità dello tsukamaki, la nastratura che avvolge il manico, di una tipologia non frequente concepita per facilitare al massimo la presa.

 


Se vi siete seduti per sbaglio sulla vostra spada...

Non tutto è ancora perduto: quando uscirete dall’ospedale (temo di avere dimenticato di dirvelo, ma le lame giapponesi tagliano, e tagliano molto) troverete forse che la lama si è piegata.

Sulle lame giapponesi ne sentirete di tutti i colori, dagli innamorati che sostengono che non si piegano, non si spezzano e nemmeno perdono il filo (e non è vero) ai denigratori che non ci trovano niente di speciale (e non è vero). Ma la verità è che anche una lama giapponese si puó piegare.

Cosa fare allora? Prendiamola da lontano: molti anni fa mi è capitato di avere a che fare con “aggeggi” come quelli che vedete accanto.

Anzi, addirittura di costruirli sotto le istruzioni di un esperto, anche se piú spartani e ricavandoli da due manici di martello in legno di robinia. Quelli che vedete sono invece, come rivela la venatura del legno, in quercia bianca (shiro kaji) giapponese, la stessa essenza con cui vengono costruite normalmente le spade da allenamento.

Avete tutti indovinato di cosa si tratta e a cosa servono? La soluzione qualche riga piú sotto.

 

 

 

 

 

 

Se anche le spade giapponesi possono piegarsi, questi utensil, il cui nome non conosco,i servono proprio per raddrizzarle: come si puó intuire meglio che con ogni lunga spiegazione dalla seconda foto.

Le due fessure, una a 90 gradi e l’altra a 45), si utilizza l'una o l'altra a seconda dei casi, servono ad inserirvi la lama per raddrizzarla facendo leva sui manici dell’attrezzo.

Da non lasciar utilizzare in ogni caso a persone non addentro ai misteri iniziatici del nihonto.

Con un attrezzo che costa pochi euro - o magari autocostruito - si possono danneggiare irrimedibilmente in un istante lame dal grande valore storico e venale.

 

 

 

 

 

L'attrezzo successivo è stato invece clamorosamente autocostruito. Un po' per pigrizia, un po' per la difficoltà di reperirlo, un po' - una volta reperita finalmente la fonte - per il fastidio di pagare una cifra non indifferente, ulteriormente appesantita da trasporto e dogana, per un oggetto che è molto più divertente costruire da soli.

Si chiama nakago nugi (martello per codolo, niente di trascendentale) e serve per sfilare la lama dal manico quando non c'è verso di farlo con la procedura manuale.

Un altro martelletto, il mekugi nugi, viene utilizzato per estrarre il perno passante in bambu (mekugi) che vincola il manico (tsuka) al codolo (nakago). Si impugna poi la spada in verticale, con la mano sinistra, e con la destra si vibra un energico pugno a martello sul polso sinistro.

Il contraccolpo libera il nakago, che può essere facilmente estratto.

Se la manutenzione periodica non viene eseguita per molto tempo, succede però che il tannino contenuto nel legno del manico corroda il nakago, fino al punto che la ruggine forma un blocco inamovibile, e non c'è più verso di separare la lama dal manico in questo modo.

A questo punto viene in soccorso il nakago nugi: viene posizionato come si vede nella foto ed un secco colpo vibrato con un martello - di legno - nel punto indicato dalla freccia separa le due parti senza causare danni. Qui la spada non viene impugnata per non nascondere i particolari, ma è ovvio che debba essere tenuta stabilmente per non sfuggire quando riceve il colpo.

Il nakago nugi della foto è in legno africano di boubinga, sufficientemente robusto per resistere ai colpi. Per chi volesse cimentarsi nella costruzione suggerisco come alternativa il ciliegio nostrale.

 

 

Siete tanto fortunati da avere troppe spade, al punto di non sapere più dove metterle?

Ma procuratevi un tansu, perbacco! le vostre tasche non dovrebbero soffrirne piú di tanto se potete spenderne tanto da non sapere piú dove mettere le spade.

Un tansu destinato a custodire e se necessario trasportare spade e accessori è normalmente costruito in legno di kiri (pawlonia) robusto ma molto leggero.

 

 

 

 

 

 

 

Quello che vedete, d’epoca e del valore di diverse migliaia di euro, ha una chiusura indipendente per ogni cassetto, all’interno dei quali delle speciali rastrelliere sono pronte ad accogliere il vostro tesoro.

Le rastrelliere oltre ad aiutare a tenere un minimo d'ordine nel riporre le spade hanno anche lo scopo di evitare che si muovano, danneggiandosi, durante il trasporto.

 

 

 

 

 

 

 

 

In basso ci sono alcuni scompartimenti separati, destinati a raccogliere tutti gli accessori che avrete sicuramente raccolto mentre mettevate assieme la vostra collezione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E concludiamo con un’altra curiosità: se il legno di kiri è molto utilizzato nella fabbricazione di mobili e scatole destinati a raccogliere la spada o la tsuba, il simbolo del kiri ricorre molto spesso nei koshirae cioè nelle montature delle spade giapponesi, essendo l'emblema delle forze di governo, in epoca Edo quindi dello Shogun (in epoca successiva delle forze armate).

Ecco due esempi; un kogai ed un kozuka, i piccoli coltelli di servizio talvolta inseriti nel fodero di una lama giapponese, eseguiti in lega di shakudo ed entrambi decorati col classico motivo delle tre foglie di kiri riportato in oro.

Se erano molte le famiglie che adottavano come mon la foglia di kiri, e se era un motivo ornamentale che ricorreva spesso, solo ai rappresentanti dell'autorità shogunale era consentito adottare il ltriplice kiri.

Manca la lama del kozuka, come spesso avviene: trattandosi di una lama di servizio dagli scopi utilitari viene sostituita quando troppo logora e non necessariamente è di elevata fattura.

Va semplicemente inserita all'interno del manico, che è cavo, e sfilata quando deve essere cambiata o quando il kozuka si deve riporre nel suo astuccio.

Come "supplemento di indagine" ecco infatti un kozuka adagiato sopra la sua custodia d'epoca, che in realtà non era nata per questo scopo. Si tratta infatti di una antica borsa da tabacco.

Ma era necessario fumare per potersi considerare uomini di spada? Non necessariamente, ma erano pochi i samurai che rinunciavano alla tentazione del kiseru, la piccola pipa giapponese.

Tantevvero che nei corredo irrinunciabile dele sale riservate alla cerimonia del the, non manca mai un completo da tabacco.

 

 

 

 

 

 

 

Ce lo conferma, tirando pensieroso una boccata dal suo kiseru mentre si rilassa prima dell'ennesima battaglia in cui saranno protagoniste le spade, un grande attore: Tatsuya Nakadai.

Protagonista sia di tanti classici chambara, opere disimpegnate  che potremmo rendere col nostro "cappa e spada", che di alcuni indimenticabili capolavori del grande Kurosawa, come Kagemusha e Ran.

Ed è tutto. Per ora.