Maître Morihei Uyeshiba

Présence et message

1986, Guy Trédaniel Éditeur 354 p.

 

 

 

 

 

 

Nato nel 1914 e scomparso nel 1999 André Nocquet è stata una figura chiave nella diffusione in Europa, oltre che naturalmente in Francia, delle arti marziali giapponesi e dell'aikido. Praticò da adolescente nel collegio di Saint-Maixent-l'Ecole la lotta greco-romana; alcune biografie indicano invece il ju-jutsu ma sembra improbabile che questa arte venisse insegnata o praticata in un collegio francese di provincia. Iniziò sicuramente lo studio del ju-jutsu nel 1937 a Parigi con Moshé Pinchas Feldenkrais (1904-1984), che era stato l'anno precedente uno dei primi occidentali ad ottenere il grado di shodan nel judo, e poi con Mikonosuke Kawaishi (1899-1969), inviato del Kodokan in Europa. Feldenkrais e Kawaichi furono poi nel 1947 tra i fondatori della Federazione Francese di Judo.

Tra quei precursori ci fu anche Nocquet: Il suo diploma di cintura nera di judo portava il n. 56, mentre nel 1987 - ossia 40 anni dopo al momento di dare alle stampe il libro - la Federazione aveva rilasciato oltre 15.000 diplomi. Negli anni 40 e 50 Nocquet divenne un insegnante di judo e ju-jutsu di buona reputazione e nel 1955 venne selezionato dal governo francese per una missione culturale in Giappone, allo scopo di identificare qualificati insegnanti in grado di far conoscere la cultura giapponese in Francia. Rimase in Giappone circa 3 anni e forte dell'appoggio ufficiale del suo governo e di lettere di presentazione dei vari insegnanti giapponesi in Francia venne ammesso come uchideshi presso l'Honbu Dojo di Tokyo ove seguì le lezioni del grande maestro Ueshiba Morihei (nel titolo del libro viene utilizzata la grafia Uyeshiba seguendo le regole di trascrizione adottate in Francia). Nocquet si era accostato all'aikido sul finire degli anni 40 sotto la guida di Minoru Mochizuki prima e di Tadashi Abe poi.

Avendo in Giappone necessità di un traduttore si avvalse dell'opera di Itsuo Tsuda (1914-1984), che aveva vissuto in Francia prima della guerra e in quegli anni seguiva il metodo di cura del corpo e della mente di Aruchika Noguchi: il seitai. Sicuramente Nocquet, data anche la dimestichezza con Feldenkrais, che aveva sviluppato il noto metodo di autodisciplina che da lui prende il nome, era interessato alle competenze di  Tsuda, mentre questultimo rimase estremamente impressionato dalla personalità di Ueshiba e dalle potenzialità dell'aikido, di cui era del tutto ignaro.

Sarà utile sicuramente riportare almeno uno dei preziosi documenti pubblicati nell'opera: la lettera indirizzata da Tsuda a Nocquet nel luglio 1955, immediatamente dopo avere assistito ad una dimostrazione di aikido tenuta dal maestro Ueshiba.

Je suis estrêmement heureux que la chance m'ait favorisè d'assister à une démonstration d'Aïki , par le vieux Maître lui-même.

Je suis enchanté de faire votre connaissance.

En entendant le vieux Maître expliquer, je ne pouvais pas bien comprendre son système.

Mais quand je suis rentré chez moi, avec un peu de loisir, la solutione venait d'elle-même, sans effort, comme par magie. Maintenant, je crois être en mesure de vous expliquer pas mal des choses.

Je ne crois pas qu'aucune philosopie européenne soit capable d'expliquer aujourd'hui ces principes de paix. On le confrondra aisément avec la notion vulgaire de « l'art de défense ».

On est enclin à retomber si l'on néglige le côté spirituel de cet art sublime.

Il est à souhaiter que non seulement vous en acquierez les techniques, mais ques vous en atteigniez l'esprit. Vous pourriez rapporter en France un présent inestimable d'un monde nouveau. Je vous salue avec déférence.

Itsuo Tsuda

Fu così che Tsuda iniziò anche lui, benché non più giovane, aveva 41 anni, la pratica dell'aikido presso l'Honbu Dojo. Del resto anche Nocquet, suo coetaneo, non era esattamente quel  "jeune Français [qui] quitte famille, amis, pays pour aller seul s'enfermer prés de trois ans, dans un Dojo de Tokyo" descritto nella quarta di copertina. E fu così infine che al suo ritorno in Francia Nocquet era accompagnato da Tsuda, che doveva rimanervi fino alla morte per insegnare seitai, katsugen undo ed aikido, secondo il suo metodo particolare che viene definito talvolta come la scuola della respirazione e di cui abbiamo parlato altrove.

Chi cercasse in questo libro spiegazioni tecniche non ne troverà, ma questo è il suo pregio principale più che il limite.

Limitandosi ad un discorso strettamente tecnico, abbiamo il dovere di ricordare che le credenziali esibite da Nocquet al suo ritorno in Francia vennero contestate dallo stesso Honbu Dojo, che di fatto lo estromesse dal numero degli insegnanti accreditati.

I filmati girati a cura dello stesso autore negli anni 60 mostrano un aikido che ha superato solamente di poco la fase embrionale, rimanendo la maturità tecnica ancora di là da venire.

Nocquet visse comunque una straordinaria avventura umana, fu un coraggioso pioniere che si aprì a fatica la strada rendendo possibile e più agevole il percorso a quanti sarebbero venuti dopo di lui.

 

Il testo fu pubblicato nel corso degli anni in diverse edizioni e con diverse case editrici a causa delle irrequiete peregrinazioni dell'autore in differenti associazioni e federazioni, che ebbero termine solo con l'entrata, con ampi margini di autonomia, nella Associazione diretta da Tamura sensei (1933-2010), nella quale doveva rimanere fino alla sua scomparsa e in cui sono ancora attivi i suoi discepoli.

La parola stampata è relativamente limitata rispetto al materiale iconografico, di eccezionale importanza storica e di notevole qualità grafica. E' tuttavia anchessa materiale di studio per praticanti ed insegnanti.

Vengono riportate in tutto 66 citazioni, presumibilmente delle conferenze settimanali tenute dal fondatore presso l'Honbu Dojo e tradotte in francese da Itsuo Tsuda. Mancano purtroppo del tutto sia per le foto che per gli scritti indicazioni sulle date e sulle circostanze in cui vennero raccolti questi documenti, e da chi, e sulle persone presenti nelle foto.

D'altra parte è in epoche più recenti che si è fortunatamente iniziato a dare la dovuta importanza a criteri di documentazione più rigorosi e dettagliati.

Dopo una breve Conclusione in cui si ricorda opportunamente che l'insegnamento dell'arte è veicolato soprattutto attraverso la trasmissione diretta da maestro a discepolo, e che l'aikido in particolare richiede di "catturare l'attimo presente" più che di affidarsi a studi su quanto avvenuto in passato, una serie di appendici tematiche rappresenta la parte più importante in termini testuali:

 

Exposé de Takuan

Qu'est que c'est le « Ki »

Comment utiliser le «Ki » ?

AÏki-do

Le pouvoir de l'esprit

AÏki-do et non violence

 

Questultimo saggio è suddiviso a sua volta in 5 parti:

 

I    AÏki-do et légitime défense

II   Origine et esprit del 'AÏki-do

III  Méthode et valeur del l'AÏki-do

IV  Spécificité de l'AÏki-do

V   Conclusion

 

Ad onta del titolo che lascia immaginare una identificazione dell'aikido come metodo di difesa personale, il primo capitolo tratta semplicemente in modo succinto della legislazione francese in materia di autodifesa. Fortunatamente nei capitoli successivi si parla dell'arte soprattutto come metodo di superamento delle proprie angosce e dei propri limiti personali.

Un ultimo capitolo, purtroppo afflitto da severi errori di battitura sfuggiti alle correzioni (vi si parla di autorità di occupazione americane dopo la prima guerra mondiale) tratta della

Histoire de l'atemi-jutsu au Japon

E' redatto sulla base di un articolo scritto da Nocquet durante la sua permanenza in Giappone usufruendo della consulenza di due grandi esperti presentati da Ueshiba in persona, di cui tuttavia non viene fatto il nome.

L'arte di vibrare colpi per indebolire l'avversario, paralizzarlo ed in casi estremi ucciderlo, sarebbe stata trasmessa in Giappone intorno all'anno 1000 da monaci provenienti dalla Cina, che utilizzavano queste tecniche a scopo terapeutico applicando dei moxa (minuscoli carboni ardenti) in precise parti del corpo. Solo successivamente quegli stessi punti vitali vennero utilizzati a scopo offensivo mediante percussione.

Conobbe un ulteriore sviluppo molti secoli dopo, verso gli inizi dell'epoca Edo, con l'insegnamento di un altro monaco guerriero cinese, Ching Gen Pin,  cui si aggiunsero gli studi di numerosi medici giapponesi, ed un picco di popolarità con la proibizione dell'uso della spada (quindi sul finire dell'800, risalendo l'haitorei al 1876) per poi rapidamente decadere essendosi il Giappone orientato definitivamente allo studio ed assimilazione della cultura occidentale abbandonando molte sue tradizioni.

N.d.R.:

In questa ricostruzione, non sappiamo quanto basata su documenti e quanto su trasmissione orale, manca l'immancabile riferimento al monastero di Shaolin, cui si vuole far risalire praticamente ogni tecnica di arte marziale. Pur non escludendo questa genealogia sembra lecito dubitare che intorno all'anno 1000 Shaolin fosse l'unico monastero cinese, o l'unico ove si studiassero tecniche curative e di combattimento.

Chin Gen Pin (più conosciuto come Chin Yuan Pin o con altre trascrizioni ancora) fu un artista ceramico vissuto a cavallo tra il XVI ed il XVII secolo che si trasferì a Tokyo ove insegnò le tecniche di combattimento di cui era a conoscenza ai samurai Hishiroemon Fukuno (fondatore dello shorin-ryu, nome che effettivamente lascia immaginare un collegamento con Shaolin), Yushiemon Miura (kito ryu) e Irozaiemon Isami. L'epoca coincide con la distruzione del tempio e la diaspora dei discepoli, lo sfondo storico di questa ricostruzione è quindi coerente.

 

Concludiamo con una citazione del grande maestro Morihei Ueshiba per definire l'aikido, riportata a pagina 271, che taglierebbe corto con molte discussioni (che continueranno tuttavia ad imperversare):

C'est une question de coeur.