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Nonostante tutto l'ennesima disavventura ha mutato in positivo l'umore nero di Yuzo.

In quei tempi in cui era necessario accontentarsi di poco anche delle condotte poggiate in mezzo alla piazza possono diventare il luogo adatto per mangiare quello che resta dei mochi.

Yuzo commenta filosoficamente che se non fosse stato per quel mezzo disastro non avrebbero mai avuto il coraggio di comprarsi dei dolci.

Quandecco che gli cade dalla tasca un biglietto: è l'indirizzo di un vecchio compagno d'armi, che ha incontrato per caso qualche tempo prima: adesso è proprietario di un cabaret.

Masako non sa resistere: non è mai stata al cabaret, bisogna approfittare di questa coincidenza.

Ed è così che Yuzo si trova coinvolto in una surreale esperienza.

 

 

All'indirizzo indicato dal biglietto da visita è evidente che non si aspettano e non gradiscono visite da gente come Yuzo.

Lo guardano con malcelato senso di disgusto, per quanto cerchi di mantenere un aspetto dignitoso il tono del locale, volgarmente lussuoso, è nel loro giudizio troppo al disopra delle sue pretese.

Lui dal canto suo non può fare a meno di guardare con stupore quella categoria umana di cui nemmeno conosceva l'esistenza.

Viene trattato rudemente, fino a quando perde la pazienza e chiede di parlare urgentemente col presidente Segawa, che non gli sanno o vogliono dire se ci sia o no, esibendo il biglietto da visita in suo possesso.

 

 

 

 

A questo punto il tono di chi gli sta di fronte cambia drasticamente.

Con una cortesia formale ai limiti dell'untuosità, l'uomo della ricezione lo invita a seguire giù per delle scale un impeccabile inserviente in livrea.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L'attonito Yuzo si ritrova a percorrere, seguendo l'inserviente, una lunga teoria di corridoi sotterranei, in condizioni di autentico squallore che risalta ancora di più per il contrasto con l'opulenza dei piani superiori, popolato da inquietanti e misteriosi personaggi che appaiono e scompaiono, intenti in attività non comprensibili.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dopo un lungo andirivieni Yuzo viene condotto in uno scantinato e fatto accomodare ad un tavolo, ove gli viene offerto da bere.

Al tavolo è già seduto un uomo male in arnese, che tiene sotto stretta sorveglianza quanto succede nel locale accanto oltre la porta.

E' lì che i camerieri vanno a gettare nei bidoni gli avanzi dei pasti serviti ai piani superiori.

Lui ne approfitta per servirsene abbondantemente e farne il proprio pasto; sono degli avanzi, certamente, ma pur sempre di piatti che costavano anche 100 yen.

 

 

 

 

 

 

L'omino è in vena di confidenze, anche se interrotte per un attimo dall'arrivo di una ragazza completamente ubriaca, in cerca di un posto per vomitare.

E' una delle attrazioni del locale: deve indurre i clienti a bere, e viene pagata un tanto per ogni tappo di bottiglia che consegna. Si riducono tutte in quel modo, dopo poche ore di lavoro.

La ragazza sviene di colpo, ma in qualche modo viene riaccompagnata via dall'omino, che continua le sue spiegazioni.

Chiedere del direttore è una delle tattiche preferite degli scrocconi, o forse dei piccoli malviventi.

I gestori del locale per evitare disordini offrono  a queste persone la consumazione.

Chiedere del presidente è più vantaggioso, ma più rischioso: a volte si ottiene molto di più, anche del denaro, ma spesso si viene cacciati in malo modo senza avere ottenuto nulla.

 

Ritorna in quel momento l'addetto alla ricezione, e consegna a Yuzo su un vassoio, una busta.

Da parte del 'presidente'.

L'omino è esterefatto: Yuzo ha evidentemente puntato grosso, e ha vinto.

Ma Yuzo non è dello stesso parere.

Disgustato lascia la busta sul tavolo e va via.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L'omino a suo modo è una persona onesta.

Lo rincorre lungo i corridoi e le scale, fino al lussuoso androne d'ingresso.

Inutilmente cerca di rendere a Yuzo la busta: non ne vuole sapere.

Una coppia abbigliata con grande eleganza e dalle movenze ricercate, osserva stupita l'animata discussione tra quei due esseri venuti da un altro mondo.

Per rimarcare la distanza non colmabile tra i due gruppi umani, Kurosawa non inquadra direttamente Yuzo e il suo compagno di pochi minuti, ma riprende la loro immagine sul presuntuoso specchio appeso alla parete.