Indice articoli

L'incontro viene ulteriormente turbato dall'ingresso improvviso di un nugolo di persone.

Accompagnano Akama, che appena saputo del progetto di matrimonio è venuto a rivendicare Taeko, rimanendo estremamente sorpreso di incontrare lì anche Kameda.

Taeko si ricorda dei loro progetti, dell'anello di diamanti che lui le aveva donato in pegno. Ma non sembra interessata a riprendere i rapporti, e non veda perché debba interessarsi ai suoi programmi di matrimonio.

 

 

 

 

 

 

 

Denkichi Akama non è una persona che demorde facilmente.

Come se non avesse ascoltato il rifiuto della donna Akama offre denaro a Kayama per lasciarla.

Inizialmente la stessa cifra promessagli per sposarla, per poi subito proporre cifre molto più alte, che consegnerà  immediatamente.

Taeko è mossa ad un riso nervoso, quasi isterico: trova buffo quanto strano che la sua quotazione sia improvvisamente lievitata, in pochi minuti.

 

 

 

 

 

 

 

La situazione degenera rapidamente in un nuovo litigio.

Kameda cerca di trattenere Kayama dal mettere le mani addosso alla sorella, ma è lui ad essere colpito per reazione da un violento schiaffo.

La gravità del gesto sembra far rinsavire momentanemente i litiganti, o perlomeno pentirli delle loro esagerazioni.

Kameda si affanna a spiegare che non è successo nulla e non si è offeso, rincuorando i più mortificati: è il suo destino. mentre quello dell'irruente Akama è quello di ribellarsi come una animale selvaggio ad ogni situazione sgradita.

 

 

 

 

 

 

Eppure anche Kadema ha una notevole forza interiore.

Il suo primo pensiero quando si è ristabilita la calma è di rivolgere delle parole gentili a Taeko. Egli sa che il suo vero essere non è quello che sembra, quello che gli altri hanno creduto di capire. Il volto in lagrime di Kameda fa nascere - tra le lagrime - un sorriso su quello di Taeko.

Lei non osa rispondere, bruscamente volta le spalle e si allontana, ma prima ancora di arrivare alla porta avvertirà il bisogno di tornare ed andare a scusarsi con la madre di Kayama. Tutto quello che la donna ha detto nei suoi confronti è, purtroppo, vero, ma chiede solo di essere dimenticata.

 

 

 

 

 

Kurosawa volta pagina. Taeko sta partecipando ad una festa elegante, la festa del suo compleanno; è molto fredda con Tohata, il suo amante e padrone che vuole allontanarla. Continua a bere nervosamente e nessuno osa rivolgerle la parola. I tre uomini che le sono accanto (Ono, Kayama e Tohata) la fissano senza riuscire a dire o fare nulla.

L'impasse viene rotta dall'arrivo di Kameda, che Taeko ha voluto invitare senza dirgli cosa lo aspettava: è vestito con la sua solita giacca militare, malridotta ed inzuppata dalla pioggia. A chi è sorpreso e contrariato del suo arrivo Taeko contesta che sia l'idiota che credono. E' anzi molto più acuto di loro nel comprendere la natura umana.

L'arrivo di Kameda è sfortunato: entrando nel salone urta un vaso prezioso e lo fa cadere a terra dove va in mille pezzi. Gelida, Taeko affronta e risolve anche questa situazione: detestava quel vaso, nonostante il suo grande valore, e avrebbe desiderato romperlo lei, cui d'altra parte era stato regalato. Per dimostrarlo getta immediatamente al suolo il vaso gemello. Nessuno osa fiatare, Ancora una volta Taeko con la sua sola presenza intimidisce ogni uomo che le si trovi di fronte.

Ben presto la tensione torna a salire: Kameda assicura di avere visto già degli occhi come quelli della donna, senza però riuscire a ricordare dove. Lentamente i ricordi iniziano a riafforare: erano gli occhi di una persona condannata a morte, come lui. Sente nella mente i passi cadenzati dei soldati pronti ad aprire il fuoco sui condannati, che attendono il loro turno schierati su due file. L'uomo i cui occhi lo hanno colpito si trova nel primo gruppo di condannati ed è molto giovane, sui venti anni. I suoi occhi mostrano tutto l'orrore della situazione, e Kameda non può sostenerne lo sguardo.

Taeko, di fronte a tutti, informa Kameda che dovrà dare quella notte una risposta a Kayama, che ha chiesto di sposarla. Le consiglia di accettare? A chi trova sconveniente questa richiesta pubblica Taeko rinfaccia che Kameda è l'unica persona che le abbia prestato fiducia senza chiedere nulla di lei, che è pertanto tenuta a ricambiare questa fiducia. Kameda le consiglia di rifiutare e lei è irremovibile: seguirà il consiglio.

Kurosawa è uno dei più grandi maestri nell'arte di montare la tensione, di costringere lo spettatore ad abbarbicarsi allo schermo con i mezzi del mestiere o con quelli che l'arte  impone di creare al momento. Troppi per essere citati, e sciocca sarebbe la pretesa di 'spiegarli'. Rimane unica e peculiare la sua capacità di contaminare il dramma e la tragedia con l'ironia. 

I tre uomini interessati alla risposta di Taeko inscenano un grottesco balletto. Ognuno di loro si sente beffato: Kayama perde Taeko, Tohata è costretto a tenerla, Ono perde la provvigione. Gli ultimi due trovano necessario superare il trauma bevendo compulsivamente fino a sottrarsi la bottiglia dalle mani l'uno con l'altro, mentre Kayama nel goffo tentativo di rifiutare quasi per dispetto i bicchieri che gli vengono offerti si imbratta di liquore.

Taeko non ha ancora finito di stupirli e traumatizzarli: non sposerà Kayama ma non rimarrà con Tohata. Ma costui non si preoccupi, non dovrà pagare alcuna cifra per liberarsi di lei. Andrà via con i soli vestiti che porta indosso, lasciandogli tutto.

A quel punto irrompe di nuovo, sembra ed è il suo destino, Akama. Ha con se il solito pittoresco codazzo ed un pacco: un milione di yen, il suo prezzo per avere Taeko.

Anche lui ottiene un rifiuto. Taeko chiede a Kameda come si regolerebbe lui per farle una offerta. La prenderebbe semplicemente con se e si prenderebbe cura di lei, se lei volesse.

Tutto sembra volgere al meglio, ma non sarà così: nel suo ingenuo entusiasmo Kameda tesse le lodi di Taeko, casta ai suoi occhi, suscitando le risate dei presenti. La donna, furiosa per essere stata messa in ridicolo, ha uno scatto d'ira, lo definisce anche lei idiota, e fa per mettergli le mani addosso.

Si ferma solo quando scorge in Kameda lo stesso sguardo disperato che lui ha scorto nei suoi stessi occhi.

 

 

 

Kameda rivendica la purezza delle sue intenzioni, anche quando sono tradite da parole inadeguate. L'aggressività di Akama, gli apprezzamenti materialisti di Kayama sulla impossibilità che uno spiantato mantenga una donna abituato al lusso, non li scuotono minimamente.

Tornando al registro umoristico che Kurosawa ama spesso provocatoriamente inserire nella scene più drammatiche, mentre i due discutono ancora, incuranti della folla che li sta ascoltando, alcuni degli astanti manifestano un ingenuo ed intrusivo sbigottimento, che ricorda quello dei bambini ad uno spettacolo di marionette.

Nemmeno i comportamenti più invasivi riescono a distoglierli i due dai loro discorsi.

Lui si è sentito chiamato, quando ha visto per la prima volta il suo ritratto. E lei ha atteso a lungo un uomo come lui.

 

 

La macchina da presa si sposta ad inquadrare il 'pubblico', che si è spontaneamente diviso in due gruppi. Gli uomini sono perplessi. Le donne piangono senza ritegno.

Non è possibile resistere alla tentazione di cogliervi una finissima ma affettuosa presa in giro di Kurosawa nei confronti di noi spettatori.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il tutto costituisce un preludio di prammatica per il previsto lieto fine: Ono, colto dai rimorsi, avverte di dover fare un annuncio, anzi una confessione.

Kameda non è povero come hanno creduto tutti: come suo parente più prossimo lui ne ha amministrato al meglio le fortune.

Si è trovato in grande imbarazzo quando, dopo averlo creduto morto, lo ha visto ritornare inaspettatamente. Si era già impegnato a vendere i suoi beni, e ha tentato di nascondergli la verità facendogli credere che la guerra si era portato via tutto.

Ma ora è pentito: Kameda è ancora il ricco proprietario della grande fattoria che abbiamo visto, che gli verrà restituita immediatamente.

 

 

 

 

E' solo una beffa giocataci dal maestro.

Il rude e battagliero Akama non può accettare così facilmente la sconfitta, e chiede a Taeko se veramente vuole unirsi a Kameda.

Viste le premesse sembra una domanda retorica, con una risposta scontata.

Invece, dopo una lunga esitazione, lei dichiara di no: andrà piuttosto via con lui, con lo stupefatto Akama.

Non vuole andarsene però senza dare una spiegazione a Kameda: sente che lo renderà infelice, non saprà mai adeguarsi ad un uomo così buono e puro. Ecco perché deve lasciarlo.

 

 

 

 

 

Rimane un particolare: cosa fare del milione di yen? L'amico che accompagna fedelmente Akama tenta di restituirglieli.

E' impersonato da Bokuzen Hidari che rivedremo nei panni di Johei 2 anni dopo (I sette Samurai), e che in questo film già avevamo scorto nella parte iniziale sul treno che riporta indietro i due protagonisti. Incomprensibilmente riappare solo adesso per poi sparire di nuovo. La sua parte evidentemente cadde, vittima della censura dei produttori.

Taeko furente afferra il denaro e lo getta nel fuoco del caminetto, invitando Kayama, cui era destinato, ad andarlo a riprendere se veramente lo vuole. Kayama vorrebbe, è chiaro. Ma non ha il coraggio di perdere la faccia ed è questa volta lui ad avere bisogno di bere qualcosa di forte, finendo di imbrattarsi di liquore nel bere affannosamente, come si era imbrattato prima nel tentativo affannoso di rifiutare l'alcol.

 

Dopo di che, dignitosamente, sviene.

Accanto al suo corpo, in attesa che rinvenga, Taeko deposita la somma, salvata in extremis con la perdita di poche banconote. Taeko e Akama si allontanano nella notte, mentre Kameda corre loro dietro.

Sembra il canovaccio di una commedia dell'arte, che come sappiamo trae le sue origini dal teatro greco e da quello romano. Lo sciocco avaro viene sbeffeggiato, e la bella rifiuta il ricco spasimante che sembrava averla vinta, per unirsi con colui al quale è stata sempre legata. E non ci sentiamo di escludere che Kurosawa sensei a quel genere di arte si sia voluto ispirare nel dettare i toni di questo non-finale.

Crediamo lecito supporre che qui Kurosawa avrebbe voluto concludere la prima parte dell'opera. Dopo aver lasciato credere - perlomeno tra chi non conosce la trama di Dostoevskij - al lieto fine convenzionale, alla catarsi in cui tutto viene spiegato e viene risolto, rovescia bruscamente la logica del racconto e incatena lo spettatore con una serie di domande insolute che potranno trovare risposta solamente in una seconda parte.