Scritto da Michelangelo Stillante

In questo periodo sono in Inghilterra: suoneranno nella città che vide i natali dei Beatles, Liverpool. Poi si sposteranno in Irlanda, ancora Inghilterra e quindi Germania, Paesi Bassi, Svezia, Estonia, Finlandia e Russia.

Son passati per la Francia e prima ancora c'è stato un momento in Italia dove hanno inaugurato, il 29 Gennaio, "Kodo One Earth Tour 2014: Legend Europe Tour" presso L'auditorium Parco della Musica a Roma.

Dopo sono stati anche a Milano dove hanno registrato il tutto esaurito per le tre giornate in programma e hanno dovuto programmare una quarta giornata per non lasciare la città sotto scorta ...

Nato nei primi anni '70 sull'isola di Sado, nella prefettura di Niigata, sul mar del Giappone, tra il continente asiatico e l'Honshu centrale,  questo gruppo di artisti giapponesi gira ormai il mondo da anni, passando all'estero quasi un terzo dell'anno ogni anno.

Kodo, o in caratteri kanji 鼓童 che in giapponese ha due significati, battito cardiaco o tamburo del bambino (o bambino del tamburo?) ... in entrambi i casi si fanno sentire! -

E' un gruppo giapponese misto di uomini e donne che suonano i taiko, i tipici tamburi giapponesi, e li suonano in modo coinvolgente e penetrante, al punto che in certi momenti il tuo cuore sobbalza al loro ritmo e ti sembra di essere sul punto di salutarti con il tuo stesso cuore tanto sembra questo voglia uscire dal petto.

Decine di tamburi accompagnati sovente da flauti che rimandano alla memoria le tipiche atmosfere di samurai, geishe e ambientazioni imperiali del Giappone medievale, suonati con vigore, precisione ed entusiamo.

Taiko è un termine che indica in generale il tamburo giapponese, ma di questi ce ne sono più tipi. Senza entrare molto nello specifico ricordiamo quelli usati durante lo spettacolo, chiamati a seconda delle dimensioni odaiko, chu-daiko, okedo-daiko, shime-daiko (quando unita ad una parola precedente la T viene pronunciata più come una D).

Lo spettacolo è iniziato con flauti suonati al buio, che hanno subito inizializzato la nostra fantasia e convogliato la nostra mente verso il Sol Levante.

Due gruppi di tre artisti l'uno hanno poi preso la scena suonando chu-daiko principalmente (ma erano presenti anche shime-daiko).

E' forse il più comune dei tamburi giapponesi e si trova anche presso i vari templi e monasteri in Giappone, se non altro perché si presta egregiamente ad un uso ornamentale.

In questa foto lo vediamo all'esterno di un ambiente presso il Tempio Meiji-Jingu in Tokyo

Dopo la pausa necessaria per sgombrare la scena e riallestire il palcoscenico, le pulsazioni sono di nuovo aumentate con i figuranti che suonavano ancora chu-daiko, questa volta più piccoli e posizionati orizzontalmente su cavalletti e vestiti in modo decisamente appariscente....

.... ancora mi chiedo come faranno mai a suonare in modo così energico stando in questa posizione, ma si sa: il Giappone è la terra delle cose impossibili...

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Cambiando ancora la scenografia, in corsa questa volta e senza pausa, è arrivato il pezzo forte della serata.

Tutti i tipi di taiko descritti in precedenza presenti contemporaneamente

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Qui le domande sulle loro capacità di suonare questi piccoli e grossi "tamburi " sono aumentate, in merito soprattutto alla resistenza che hanno nel suonare anche in posizioni scomode.

Questo interrogativo è scaturito soprattutto per quanto riguarda la capacità e resistenza nel suonare il più grosso dei Taiko presenti, Odaiko (o significa appunto grande...).

Non solo per la mera tecnica di percussione, ma anche perché i bachi (撥, le bacchette) sono particolarmente pesanti visto che devono suonare adeguatamente questo strumento che arriva a pesare anche 400 kg.

Qui i suonatori per tamburo sono due, uno di spalle al pubblico e uno dietro, quasi invisibile. Il ruolo di questo secondo suonatore è altrettanto importante di quello visibile perché deve dare supporto e ritmo al player principale. Entrambi i suonatori suonano vestendo il tipico abbigliamento: i fundoshi, una specie di pannolone e null'altro (e vorrei vedere, vista la fatica che fanno...).

Due coppie si sono avvicendate per suonare questo mastodontico taiko e nell'avvicendamento erano sempre accompagnati dai colleghi che mantenevano il ritmo. È stato il pezzo forte della serata, anche perché quando son saliti sulla pedana, con il protagonista di spalle al pubblico, c'è stato un brusio generalizzato diffuso soprattutto dalle donne in sala, che ha fatto impennare la temperatura della sala e l'apprezzamento dello spettacolo.

Non è stata solo una performance di bravura percussionista: una vera e propria scenografia ritmata non solo dalle bacchette ma anche dalle voci proprie dei protagonisti, che sembrava chiamassero il cambio in corsa come gli staffettisti.

Alla fine, oltre il bel ricordo per questa ennesima prima volta su un tema giapponese, rimarrà anche un segno tangibile e usufruibile di questa serata: