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Nel 1995/96 venne organizzata in Italia una serie di mostre raccolte sotto il titolo collettivo di Giappone in Italia. Si svolsero in varie città d'Italia e lungo tutto l'arco dell'anno. Potrebbe essere interessante, a distanza di tanti anni, oltre a ricordare quell'evento anche innescare una riflessione sullo stato della conoscenza reciproca tra la cultura italiana e quella giapponese. Indubbiamente ci sono stati molti progressi, altrettanto indubbiamente il cammino è ancora lungo. Ma si tratta di un cammino, per quanto impegnativo, molto bello. Qui rendiamo conto di alcune delle iniziative che ebbero luogo a Roma. Prima fra tutte la grande mostra intitolata Il Giappone prima dell'Occidente.

 

 

Il Giappone prima dell'Occidente

4000 anni di Arte e Culto

Immaginate di aver conosciuto il David di Michelangelo solo attraverso la sbiadita ed infelice fotografia formato francobollo di un testo scolastico, burocraticamente illustrata da uno svogliato professore. Sono cose che succedono nelle migliori famiglie e non sapremmo come classificare l'Italia: famiglia nobile, se teniamo conto della incessante produzione di immortali capolavori. Famiglia dissestata e in rovina se dobbiamo considerare lo stato di abbandono in cui versa il nostro patrimonio culturale. Ma lasciamo perdere queste considerazioni.

Poi vi trovate a Firenze, alla Galleria dell'Accademia. E all'improvviso, perché l'edificio pur armonioso non ha la teatralità e la magniloquenza di molti musei e non prepara psicologicamente ad un grande evento,  vi trovate davanti a quello che gli americani definiscono the real thing.

Nel nostro caso il David di Michelangelo in marmo ed ossa. Ho visto più di una persona vacillare dall'emozione davanti al capolavoro del sommo artista.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Anche al Palazzo delle Esposizioni di Roma è andata così: all'ingresso della mostra Il Giappone prima dell'occidente vigilavano quattro Dei guardiani, gli stessi che appaiono in praticamente ogni libro d'arte dedicato al Giappone. Ma l'incontro diretto è un'altra cosa, anche se rimandato alla fine del percorso, pregustato e preparato dopo averne già intravisto il possibile effetto.

Volevo chiedere a Hideki Hosokawa sensei cosa ne pensava (lui se ne stava in silenzio ad osservare), quando sorridendo si è girato e mi ha detto «Non è come nei libri, vero?».

Gli Dei guardiani, alti circa 3 metri, pur non arrivando alle dimensioni sconvolgenti del David (4,10 m escluso il basamento) sono veramente impressionanti: immaginate di trovarvi in mezzo a due di loro, costretti ad alzare lo sguardo per fissarli, all'entrata di un antico tempio.

Al palazzo delle esposizioni però la disposizione non era quella tradizionale, essendo normalmente i guardiani orientati verso i quattro punti cardinali e non disposti a coppie verso il visitatore.

Visti da vicino permettono inoltre di apprezzare tangibilmente la patina di storia, di vita vissuta, che li ricopre in modo quasi impalpabile per quanto è naturale, come dimostra un'altro commento colto al volo dalle labbra di uno sconosciuto visitatore: «Sono più belli ora che quando li hanno fatti!»

 

 

 

 

 

Molti dei circa 160 pezzi esposti sono usciti per la prima volta in questa occasione dal Giappone, spesso dopo un accurato restauro.

E per la prima volta le autorità culturali giapponesi permettono una simile concentrazione di capolavori in un'unica serie di esposizioni.

E' un preciso dovere per i custodi dei capolavori dell'umanità di metterli a disposizione del mondo intero, ma il pensiero della responsabilità di cui si caricano gli organizzatori mette i brividi.

La mostra era divisa in sei sezioni principali, dalla preistoria all'epoca dei daimyo.

 

 

 

 

 

 

 

Cosa segnalare all'attenzione del lettore, cosa mostrare? Purtroppo le condizioni di illuminazione, espressamente volute per garantire al meglio la conservazione degli inestimabili capolavori esposti, non consentivano di riprendere le immagini degli oggetti. Abbaglianti nella loro bellezza, soprattutto gli antichi paraventi dipinti.

Limitiamoci a riprendere due immagini dal catalogo: una splendida sella su cui deve aver cavalcato qualche orgoglioso guerriero dell'epoca Kamakura.

Ed una statua in legno del monaco Kinshai: il trascorrere inesorabile del tempo ha ricoperto questa opera di fratture, di fenditure, di escoriazioni, conferendole un'aureola antica, irreale, sovrumana. Ci è stato difficile staccarci dalla sua contemplazione.