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Come già detto è probabile che la conferenza sia stata stenografata ed in seguito trascritta da personale non addentro alla cultura giapponese. E' possibile che derivino da ciò  alcuni apparenti errori od omissioni in cui sembra incorrere Haushofer. Viene citata ad esempio la morte di Oda Nobunaga "nell'incendio di un tempio" senza precisare che in realtà era stato assalito a tradimento dal suo feudatario Hakechi Mitsuhide. Questi dopo averlo circondato diede fuoco al tempio di Honnoji ove Nobunaga pernottava, costringendolo presumibilmente al seppuku (i corpi di Nobunaga e dell'attendente Mori Ranmaru che era al suo fianco non vennero mai rinvenuti).

 

«Come unico esempio di salda fede teogonica ancora esistente in un grande popolo, l'idea imperiale nippo­nica sorge e si sviluppa, attraverso una serie ininterrotta di avi, dalla profondità della forza divina insita nella sua origine religiosa. Questa sopravvivenza durante due mil­lenni e mezzo è unica, e distingue l'idea imperiale nip­ponica da tutte le altre, anche da quelle che, pur avendo varcato in epoca precedente la soglia che separa il pri­mitivo mito nazionale dalla successiva leggenda sulla fondazione dello Stato, non hanno saputo conservare nel loro processo di evoluzione, l'intima connessione.

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Analoghe differenze [rispetto a quelle tra l'impero giapponese e quello cinese] distinguono l'idea imperiale nip­ponica da tutte le concezioni nazionali occidentali, per quanto grandi fossero le loro aspirazioni: dal Sacro Romano Impero della Nazione Germanica o dall'Im­pero che fieramente si ricollega alla fondazione della Città Eterna per rinnovarsi come massima potenza del Mediterraneo, all'Impero spagnuolo, il primo che ab­bracciasse effettivamente tutto il mondo, a quello assai più giovane della Gran Bretagna, all'Impero francese, al colosso russo dai piedi d'argilla.»

Nella mentalità media occidentale si dimentica spesso, infatti, che l'originalità e forse unicità dell'idea imperiale nipponica non deve far dimenticare che una fase imperiale, precoce o tardiva, reale o platonica come l'Impero "della massima potenza del Mediterraneo", era stata attraversata anche da tutte le grandi potenze europee. Era anzi a questi esempi che si era ispirato l'impero giapponese durante l'epoca Meiji, per rinnovarsi senza tuttavia perdere i legami con la propria storia e le proprie tradizioni.

Proprio in questa ottica di allargamento dei propri orizzonti va inquadrata la missione in terra giapponese di Haushofer sul finire del regno di Meiji, che si affianca a quelle analoghe di tanti militari, amministratori ed esperti dei vari campi delle arti, delle scienze e dell'amministrazione statale. Provenivano soprattutto da Francia, Italia, Germania, Inghilterra, Stati Uniti.

Forse l'attenzione nipponica verso gli imperi occidentali era tutto sommato malriposta, visto che non ne sopravvive nessuno. Sono ancora tali, ma più di nome che di fatto in quanto il loro imperium sopra altri territori e nazioni è minimo o inesistente, quello britannico e quello nipponico. Forse non a caso entrambi insulari.

«A tutte queste con­cezioni, l'idea imperiale nipponica quale è descritta dall'Avarna [1], dalla iamatologia tedesca e dai miei libri, si contrappone come una concezione a sé. Il solo fatto che, a differenza di quanto è avvenuto per tutte le altre concezioni nazionali, le migrazioni dei popoli non hanno esercitato alcuna influenza sulla concezione nazionale giapponese, ma che questa è sorta in modo autonomo dalle migrazioni di tribù, basterebbe, a caratterizzare in modo assoluto la genesi dello Stato giapponese.

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Importanza decisiva per gli ulteriori sviluppi dello Stato ha l'epoca in cui i suoi creatori escono dall'oscu­rità della preistoria e della storia primitiva e dal­l'aureola che circonda il periodo iniziale, semidivino ed eroico, per entrare nella luce viva della storia. Questo passo oltre la soglia che porta dalla semi-oscurità divina alla terra nutrice di eroi, si ricollega per il Giap­pone all'isola vulcanica Chiusciù, prospiciente l'Oceano, ed all'immagine eroica del vulcano Tacaciho.

Fu qui che il genio geopolitico del fondatore dell'im­pero, Gimmu Tenno, primo della serie ininterrotta di 124 imperatori, sentì la vocazione divina che lo indusse a cercare il nucleo del futuro impero insulare, a fondarlo ed a consolidarlo. Fin dall'origine esso ebbe il vantaggio di essere bicellulare: di avere cioè una cella marittima, il mare interno, ed una cella continentale, situata nel suo angolo più remoto, il Camigata,che si unirono in feconda unione.»

Incentrato sull'asse Kianai (mare interno) e Kamigata (Kyoto - Osaka) l'impero nipponico era destinato ad espandersi in una precisa direzione:

«Le popolazioni guerriere delle frontiere vogliono essere sempre occupate nel loro mestiere delle armi; quando le loro marche insulari non presentano più possibilità di guerre, esse volgono gli sguardi verso la vicina costa. Dei tentativi di espansione oltre il mare, in direzione della Corea, si verificarono quindi ben presto da parte delle isole meridionali, più densamente popolate, quando le tribù guerriere abitanti nella marca nord-orientale avevano ancora vasti campi di attività dinanzi a sé; essi si svolsero all'incirca nella direzione seguita nella sua spedizione nella marca orientale dall'unica persona­lità veramente guerriera della casa imperiale, il prin­cipe Iamatodache (Yamatodake). [2]
L'espansione verso il continente in direzione della Corea, legata leggendariamente alla figura dell'imperatrice Gingo Gogò (Jingo Kogo), si ricollega all'obbligo im­posto ad ogni conquistatore fin da tempi remotissimi di assimilarsi in qualche modo gli spazi conquistati. E così, al seguito degli eserciti, si vennero introducendo nell'Im­pero nipponico, sempre più consolidato ed accentrato, non solo l'uso dei cavalli e di altri beni culturali, ma anche il buddismo originario dall'India, la cultura politica cinese, e, nel V secolo, col coreano Uahi (Wahi), la scrittura. L'alta civiltà straniera conquistò in primo luogo i massimi esponenti dell' Idea Imperiale, nonostante che la dottrina dello scintoismo e la fierezza delle vecchie dinastie ugi vi si opponessero.»
 
Queste opposizioni alla penetrazione di culture esterne diede origine a un lungo periodo di turbamenti e di lotte
 

«Con la civiltà Nara e poi quella Heian, [710-794 e 794-1192] si raggiunse dopo accanite lotte «fra i santi e i cavalieri» - ed almeno per quanto concerne i paesi costituenti il nucleo centrale dell'impero - una specie di equili­brio politico e culturale. Questo, naturalmente, era limi­tato ad una cerchia relativamente ristretta degli am­bienti di corte «press'a poco come in Occidente all'epoca dei Carolingi, degli imperatori sassoni e salici» che le tribù guerriere delle frontiere e la nobiltà guer­riera consideravano con diffidenza. Ben presto risultò che l'idea imperiale poggiava su un equilibrio delle forze estremamente labile.»

 

 


 

[1] Carlo Avarna di Gualtieri, La politica giapponese del nuovo ordine, 1940.

[2] Probabilmente il leggendario principe Yamato Takeru (valoroso di Yamato) no mikoto, figlio dell'imperatore Keikô. Si tenga presente per un raffronto che lo si pensa  contemporaneo dell'imperatore romano Augusto