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Estro e splendore: stampe giapponesi del XIX secolo

Mostra della collezione Contini

 

Questo articolo è stato pubblicato originariamente sulla rivista Aikido, anno XL, gennaio 2009, ma lo spazio a disposizione non ha permesso di rispettarne l'impostazione originale, soprattutto per le illustrazioni. Per questa ragione ho deciso di riproporlo qui, con i necessari adattamenti.

P.B.

 

Pochi sanno, ed è indubbiamente un peccato, che esiste a Bologna dal 1987 il Centro Studi d'Arte Estremo Orientale, fondato da un gruppo di studiosi e collezionisti e avente questo scopo sociale:

"L'Associazione ha lo scopo di promuovere la conoscenza dell'Arte del Giappone e dell'Estremo-Oriente, attraverso attivita' culturali, quali: istituzione di biblioteche, conferenze e corsi, proiezione di films e documentari, attività editoriali (pubblicazione di riviste, pubblicazione di atti di convegni, di seminari, di cataloghi, di monografie ecc.), mostre. Collabora con Amministrazioni Pubbliche e Private, con Fondazioni e Circoli Italiani e Stranieri, ritenuti idonei a predetti scopi, stipulando con essi, se opportuno, accordi e convenzioni."

Il Centro dispone di una biblioteca di circa 20.000 volumi e di una videoteca con circa 1000 filmati, cura delle pubblicazioni ed organizza periodicamente delle mostre. L'ultima, e probabilmente la più importante organizzata fino ad ora, è stata ospitata dal 17 ottobre 2008 all'11 gennaio 2009 presso le sale del Museo Archeologico di Bologna, e ne tratteremo estesamente nell'articolo. Chi è interessato a conoscere nel dettaglio le attività del C.S.A.E.O. può fare riferimento al sito internet dell'Associazione.

La forma di espressione artistica giapponese più conosciuta nel mondo è certamente la stampa, fiorita in epoca Edo ed arrivata al suo massimo splendore nel corso del XIX secolo in cui fiorirono i massimi rappresentanti dell'arte conosciuta come ukiyo-e, ossia pittura (e) che raffigura il doloroso mondo fluttuante (ukiyo) contrapposto dagli studiosi buddisti alla imperturbabilità dell'animo dell'illuminato, e che veniva descritto così da Asai Ryôi nel 1661:

"vivere solo nell'attimo presente,... provare piacere solo a ondeggiare, ondeggiare senza curarsi neanche un po' della miseria che ci guarda in faccia... essere come una zucca galleggiante sulla corrente di un fiume: questo è ciò che si chiama ukiyo."

In realtà l'ukiyo-e divenne molto rapidamente la rappresentazione di un mondo fluttuante sì, ma proprio per questo, esposto a continui mutamenti dello stato d'animo determinati dalle circostanze esterne, disponibile anche ad apprezzare la bellezza del momento fuggente, il divertimento causato da un episodio bizzarro o da un atteggiamento umano stravagante, la serena bellezza della natura ma anche dell'opera umana quando riesce ad armonizzarsi con l'ambiente e la natura.

Tecnicamente il procedimento su cui si basa lo ukiyo-e,  arte conosciuta anche in occidente col nome di xilografia, e in cui eccelsero artisti come Albrecht Durer, consiste nella incisione del disegno di base sopra una matrice in legno. La matrice viene poi cosparsa di inchiostro, che imprime il disegno quando un foglio di carta - od altro materiale - vi viene poggiato sopra e pressato uniformemente. Queste rende possibile la riproduzione seriale dell'opera, che diviene quindi disponibile ad un pubblico più vasto e si presta anche ad illustrare dei libri. Dopo gli esordi in tecnica monocroma, sumizuri-e, si svilupparono varie tecniche per la sovrapposizione di diversi strati di colore, dapprima benizuri-e facente uso di due o tre differenti matrici e poi nishiki-e, introdotta nel XVIII secolo dall'editore Suzuki Harunobu e debitrice per la parte tecnica all'incisore Kenroku. Nel nishiki-e vengono preparate fino a 10 o 15 matrici di legno, una per ogni colore, e i vari inchiostri vengono trasferiti sulla carta mediante successivi passaggi che richiedono ovviamente una accuratissima opera di registro per evitare sbavature e sovrapposizioni.

La collezione di stampe giapponese Contini è stata raccolta nel corso di numerosi anni da Carlo Contini, eclettica figura di medico, etnologo ed artista attivo nel campo della xilografia, nato a Quartirolo di Carpi (Modena) nel 1919, ove fu direttore del Museo Civico e fondatore del Museo delle Arti Popolari. nato dal lascito al comune nel 2004 della sua  raccolta di beni mobili dedicata alle arti e ai mestieri della civiltà contadina". La collezione Contini è stata integrata inegli anni 60 acquisendo anche la vasta collezione dell'ammiraglio Manzoni, che aveva soggiornato in Giappone agli esordi del XX secolo, composta da oltre 400 stampe.

La collaborazione con il Centro di Studi d'Arte Estremo Orientale ha reso possibile  nel 2008 l'esposizione delle opere più rappresentative della collezione Contini presso il Museo Civico Archeologico di Bologna in via dell'Archiginnasio 2, in concomitanza con una interessante serie di conferenze e di iniziative collaterali organizzate dal C.S.A.E.O. La mostra, ben organizzata e ben fruibile, era divisa in differenti sezioni che dettaglieremo nel corso dell'articolo.


Le stampe teatrali di Osaka

Risalgono al periodo compreso tra la fine del XVIII e l'inizio del XIX secolo, e si attribuisce la loro introduzione a Sekkeisai Okamato Masafusa, che pubblicò nel 1771 una stampa teatrale eseguita in tecnica kappa-zuri, consistente nell'uso di stampini di carta per una precisa collocazione dei vari colori, ma conobbe il successo pieno solo con la pubblicazione 20 anni più tardi di una stampa di Ryukosai Jokei che fu molto apprezzata dagli intenditori e dal grosso pubblico.

Suddivisa in tre periodi, con caratteristiche diverse di esecuzione ma anche di formato della carta, dall'hosoban - stretto, di 32 x 14,5 cm - all'oban - largo, di 38 x 25cm - la produzione del periodo d'oro di Osaka coincise con un momento storico in cui la città, dopo essere stata brevemente sede del governo di Toyotomi Hideyoshi, aveva perso importanza politica in seguito al trasferimento della capitale ad Edo - l'attuale Tokyo - si chiama infatti periodo Edo tutta l'epoca dello shogunato Tokugawa (1600-1868). Osaka guadagnò però margini di manovra inaspettati per una economia "di mercato" non condizionata da scelte politiche e divenne un fiorente centro non solo commerciale ma anche culturale.

Hokuei (attivo intorno al 1828-1836, figura preminente del "periodo della maturità" della produzione di Osaka).

 

Il celebre samurai Miyamoto Musashi uscendo dal bagno si imbatte in Itohagi che si è invaghita di lui.

 

Musashi è interpretato da Nakamura Shihan II, Itohagi da Nakamura Tomijuro II.

Dato il tempo trascorso dalla loro esecuzione non è pensabile di trovare ancora su queste stampe i colori brillanti di quelle eseguite dai maestri di epoche successive, e la loro conservazione ed esposizione pone delicati problemi. Le illustrazioni riprese dal catalogo, ricco e ben fatto, ricreano condizioni di luce ideale ed esaltano le caratteristiche delle opere "correggendone" in un certo senso anche i difetti ed i guasti del tempo.

In questo articolo abbiamo tuttavia dato la preferenza quando possibile alle foto originali scattate durante la mostra che rendono in modo più realistico lo stato di conservazione e di fruibilità delle opere, specialmente di quelle più antiche. Viene indicato, per quanto non sarà difficile al lettore comprenderlo, quando invece le illustrazioni provengono dal catalogo.

Hasegawa Sadanobu I (1809-1879).

 

Il maestro di te Senno Rikyu, in incognito col nome di Monogusa Taro, tenta di carpire un segreto alla dama Sanza Tsuma Kazuraki.

 

Rikyu è impersonato da Nakamura Tamasuke I, Kazuraki da Nakamura Utaemon IV.

Va ricordato che nel teatro classico giapponese anche i personaggi femminili sono interpretati da uomini.
Nakamura Tamasuke I è il nome assunto nella maturità da Nakamura Utaemon III, celebre per avere introdotto ad Osaka l'enfatico stile di recitazione aragoto già in voga ad Edo, arrivando ad un livello di celebrità e di venerazione popolare assimilabile a quello dei grandi cantanti lirici del mondo occidentale.


Le stampe di Utagawa Kunisada (1786-1865)

Kunisada è stato tra gli artisti giapponesi maggiormente conosciuti ed apprezzati in occidente, già nella seconda metà nel XIX secolo, e quindi in epoca coincidente con l'apertura del Giappone agli stranieri e l'arrivo delle primo opere artistiche giapponesi in Europa e negli Stati Uniti, ma nel volgere di pochi decenni la critica si spostò verso un giudizio complessivamente limitativo verso la sua produzione, considerata troppo eclatante e "chiassosa" ed in definitiva decadente, non confrontabile con le delicate composizioni e i colori tenuti del secolo precedente. Solo di recente è iniziata una rivalutazione dell'opera di Kunisada e degli altri artisti del suo periodo e della sua scuola, non ancora conclusa.

Al contrario dei suoi contemporanei Hiroshige ed Hokusai, che viaggiarono incessantemente per tutto il Giappone a cercare ispirazione per le loro opere, Kunisada visse sempre ad Edo ove era nato, nel popolare quartiere di Honjo ove scorre quel fiume Sumida immortalato in alcune sue opere e nei cui pressi il padre era esercente di un traghetto e raramente se ne allontanò. Fu legato in qualche modo al mondo delle stampe teatrali, fu infatti allievo del maestro Toyokuni che gli concesse il privilegio di utilizzare lo stesso suo kanji (Kuni) nel nuovo nome Kunisada, assunto dall'artista quando cominciò ad essere noto come esponente della scuola di Utagawa al posto del primo pseudonimo di Gototei (padiglione del quinto traghetto, alludendo all'attività di famiglia).

Utagawa Kunisada: Fiori eleganti, luna e neve

 

Una donna con lanterna volge il suo sguardo all'indietro. Sullo sfondo alcuni ciliegi.

Parte sinistra del trittico, che raffigura una scena notturna

 

 

Le sue prime opere rivelano l'iinfluenza della scuola, che presto riuscì ad abbandonare sviluppando un suo nuovo - ed innovativo - stile personale. Si dedicò prevalentemente, o perlomeno vi eccelse, alla rappresentazione della bellezza femminile, lasciando la supremazia nel genere musha-e (stampe di guerrieri) a Kuniyoshi e nel paesaggio a Hiroshige, entrambi suoi colleghi nella scuola Utagawa ma artisticamente suoi rivali.

Superò pragmaticamente le immaginabili difficoltà dovute all'opera di moralizzazione della società imposta a partire dal 1841 da Mizuno Tadakuni, che oltre a limitare ad otto il numero di matrici utilizzabili nella stampa proibì la raffigurazione di soggetti immorali o licenziosi.

Forse non è estranea all'accettazione di questa limitazione la vicenda personale di Kunisada, che assunse i voti all'età di 60 anni, divenendo monaco laico.

 

 

 

 

 

Utagawa Kunisada

Otto vedute del fiume Sumida.

 

Le " otto vedute" sono un genere compositivo di ispirazione cinese.
In questa serie la parte superiore raffigura un grande ventaglio, visibile nella sua intierezza solo accostando gli otto fogli, mentre nella parte inferiore vi sono vari soggetti di ispirazione che noi potremmo definire "romantica"; nel foglio rappresentato una giovane donna passeggia lungo il fiume Sumida, in una giornata contrassegnata da un forte vento.


Le stampe di Utagawa Kuniyoshi (1797-1861)

Anche Kuniyoshi nacque ad Edo, col nome di Yoshisaburō. Era figlio di un tintore di stoffe e a questo viene attribuita da alcuni la sua preferenza per le tinte vivaci. Manifestò un precoce interesse verso le arti figurative, rimanendo colpito all'età di 8 anni dalla visione di alcuni libri illustrati in stile ukiyo-e. Dopo soli 4 anni già entrava nella scuola di Utagawa nella bottega del maestro Toyokuni già menzionato, ed assumeva il nome di Kuniyoshi, nome composto come d'uso con un ideogramma preso dal nome del suo maestro ed un altro dal suo nome originale. Di carattere difficile, ribelle anche nei confronti del suo maestro e del suo rivale e collega Kunisada, fu solo relativamente tardi, intorno al 1830, che Kuniyoshi cominciò a farsi strada ed essere universalmente apprezzato.

Utagawa Kuniyoshi (1797 - 1861): Bokusen no zu (la battaglia dell'inchiostro), particolare

 

Il titolo, in alto, è riportato in bianco dentro una vaschetta per inchiostro. Le battaglie dell'inchiostro erano un passatempo in voga negli ambienti della corte già nel X secolo ma è molto verosimile che Kuniyoshi abbia garbatamente preso in giro in questa stampa gli usi stravaganti e decadenti del suo tempo.

Dopo aver conosciuto il successo con l'illustrazione del Suikoden, romanzo storico di origine cinese, Kuniyoshi rimase nell'immaginario popolare come l'illustratore per eccellenza di musha-e, stampe di guerrieri, ma la sua produzione è veramente sterminata e tocca ogni tema, da quelli storici a quelli fantastici, da quelli popolari a quelli divulgativi, senza trascurare quelli satirici e grotteschi.

 

Effetti che Kuniyoshi non disdegnava, da vero edokko ossia abitante di Edo, ma con una sfumatura di significato che si avvicina a quella del "romano de Roma". Ovvero portatore ed archetipo di una mentalità beffarda e disincantata , quella tipica degli abitanti di alcune grandi capitali ove si è visto di tutto e nulla può più sorprendere. Non è un caso che per trovare paralleli  a Kuniyoshi nell'arte occidentale ricorriamo all'opera di quello che venne definito "er pittor de Roma": Bartolomeo Pinelli.

 

Bartolomeo Pinelli (1781-1835)

 

Maschere del Carnevale di Roma

 

 

 

 

 

Utagawa Kuniyoshi

 

Giovane donna appartenente alla classe samurai, in atto di cogliere un ramo di ciliegio in fiore

 

Come è noto il fiore di ciliegio  oltre ad essere uno dei simboli più noti del giappone, è anche il simbolo della caduca ma splendida vita del samurai.

 

Ce lo rammenta un antico detto: hana wa sakuragi, hito wa bushi ossia tra i fiori [il migliore è] il ciliegio, tra gli uomini il samurai.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E' un vero peccato essere costretti ad accennare solo di sfuggita ad un altro immenso artista appartente alla scuola di Utagawa e precisamente Hiroshige (1797-1858). Ma sicuramente avremo modo di tornarci sopra in altra occasione, anche presto, e di rendergli il dovuto onore.

Utagawa Hiroshige: Kojimachi-itchome Sanno Matsuri nerikomi (Processione della festa di Sanno nel rione di Kojimachi)

 

La processione, che si staglia controluce sullo sfondo col gonfalone di Minami (la scimmia) che svetta, serve da pretesto per una rappresentazione paesaggistica.

In primissimo piano a sinistra un dettaglio del gonfalone di Odenmachi (il gallo) funge da quinta alla composizione.

(Catalogo)


Le stampe kodomo-e: destinate ai bambini, per scopi didattici e di gioco

Questo tipo di stampe era esposto ed illustrato per la prima volta in Italia durante la mostra di Bologna. Si diffuse nell'epoca Edo, un periodo in cui venne fortemente rivalutata l'importanza del bambino nella famiglia e nella società giapponese, dove ha comunque sempre mantenuto un ruolo particolare: l'alta mortalità infantile faceva sì che il bambino venisse considerato più vicino agli dei che agli esseri umani, non essendo possibile conoscere in anticipo se la sua vita terrena fosse destinata a prolungarsi o non dovesse interrompersi di colpo, come se gli dei lo volessero richiamare a se (un concetto simile era presente nella nostra cultura classica: presso i greci la morte prematura, nell'infanzia o meglio ancora nel fulgore della giovinezza, era considerato un segno della benevolenza degli dei). Questo fa comprendere come fosse riservata allora al bambino giapponese, e sia in gran parte ancora adesso riservata, una affettuosa tolleranza assolutamente priva di prescrizioni, coercizioni, divieti o punizioni.

Utagawa Yoshishige (1840 circa)

 

Stampa del genere monozukushi-e (enciclopedica)

Raffigura un campionario di stoffe, usate sia nell'abbigliamento che nella confezione di fodere e borse

(Catalogo)

Alla rigida disciplina del mondo giapponese il bambino veniva  gradualmente introdotto attraverso cerimoniali rigidi ma con una atmosfera incantata ed ovattata, in cui il bambino doveva scrupolosamente osservare rituali e procedure pur rimandendo perfettamente consapevole che tutto quanto veniva fatto rimaneva incentrato sulla sua persona e non era una mera sovrapposizione esterna voluta dagli adulti. Al sistema di cerimonie per bambini consolidato in epoca Tokugawa e conosciuto come gosekku - le 5 festività stagionali - appartengono quelle che ancora oggi conoscono immediatamente tutti coloro che si interessano della cultura e della società giapponese: la cerimonia delle bambole riservata alle femmine (hina matsuri ma anche joshi no sekku), tenuta in marzo, in cui viene allestita nella casa una piccola ricostruzione della corte imperiale, sistemando su una serie di sette mensole bambole riccamente abbigliate con abiti di corte, spesso tramandate di generazione in generazione.

La mensola superiore è riservata alle bambole imperiali (dairibina) rappresentanti l'imperatore e la consorte, seguono man mano sulle mensole inferiori, tre dame addette al servizio del sake, cinque musici (go-nin bayashi), due ministri, tre guardie del corpo ed infine nelle due mensole inferiori vari personaggi di contorno. Vengono distribuiti dolci di riso (hishimochi) e un tipo particolare di liquore (shirozake). E la festa riservata ai maschi in maggio che viene chiamata tango no sekku (primo giorno del cavallo) o dal 1948, quando fu decretata festa nazionale, kodomo no hi (giorno del bambino), durante la quale vengono esposte all'aperto grandi bandiere a vento raffiguranti la carpa (koi nobori oppure gogatsu nobori, bandiera del quinto mese), simbolo beneaugurante: una per ogni bambino e di dimensioni proporzionali all'età, che agitate dal vento riproducono realisticamente il flessuoso movimento di un pesce nell'acqua. I bambini vengono ammessi al tangu no sekku all'età di sette anni: in questo giorno ricevono la visita dei loro maestri, poi si battono in scherzosi duelli (shôbuuchi) armati di fiori. All'interno della casa vengono esposti pupazzi rivestiti di armi, armature e spade (chisa-gatana) di dimensioni adatte per un bambino. Il dolce riservato a questa festa si chiama chimaki, ed è composto con riso cotto a vapore, avvolto in foglie di bambu.

Utagawa Hiroshige (1797-1858): Suidobashi Surugudai (il ponte Suido dalla collina Surugudai), dalle "100 vedute di Edo"

 

Questa celeberrima stampa, dominata dall'enorme koi nobori in primo piano, col monte Fuji sullo sfondo, non era presente alla mostra di Bologna ove in ogni caso Hando Hiroshige era ben rappresentato, ma ci sembra utile proporla per visualizzare attraverso gli occhi in un grande artista la festa koi matsuri.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E' in questo ambiente culturale che si sviluppa in epoca Edo l'arte figurativa chiamata kodomo-e: stampe raffiguranti bambini, ma anche stampe dedicate alla educazione dei bambini, vere e proprie enciclopedie illustrate, a volte ritagliabili e componibili, attraverso le quali iniziare a conoscere il mondo scorrendo campionari di acconciature, di stoffe, di lottatori di sumo, di animali, di oggetti di uso comune, accompagnati ovviamente dalla relativa terminologia.

Utagawa Shigenobu (1826-1869, conosciuto anche come Hiroshige II)

 

Stampa di tipo enciclopedico raffigurante pesci, molluschi e crostacei.

(Catalogo)

 

Spiccano il tonno (maguro), il più grande e di colore blu, il polipo (tako), vari tipi di gamberi, ecc.

Nel catalogo queste opere vengono accostate per gusto e vivace disposizione degli animali su uno sfondo neutro ai mosaici romani esposti al Museo Archeologico di Napoli.

La produzione kodomo-e si può a sua volta suddividere in tre sottocategorie: l'okayo-e rappresenta il nido familiare, il bambino intento alle proprie attività giornaliere, assieme alla madre; le stampe kodomo-e vere e proprie rappresentano i bambini all'interno del loro particolarissimo mondo incantato, occupati in ogni tipo di gioco; le stampe omocha-e erano destinate piuttosto all'apprendimento mediante il gioco.

Vi erano ulteriori suddivisioni all'interno delle stampe enciclopediche: le monogatari kome-e illustravano storie e leggende, le hagoita-e erano aquiloni o lanterne di carta ritagliabili, le monozukushi-e erano campionari di oggetti, animali e piante, e così via.

 

 

 

 

 

 

L'arte classica occidentale ci ha lasciato numerosi mosaici e affreschi del medesimo genere, raffiguranti cioé pesci, uccelli, fauna esotica, giardini, conservati al giorno d'oggi in numerosi musei -

Proponiamo per termine di paragone questo mosaico, proveniente dalla sede di Palazzo Massimo del Museo Nazionale Romano in Roma, città particolarmente ricca di questo genere di testimonianze artistiche.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Goyutei Eikyō (attivo tra il 1830 ed il 1844)

 

Stampa di tipo omocha-e, facente parte di una serie di 17 fogli di autori diversi

 

Le sagome delle bamboline venivano ritagliate dalle bambine, che le rivestivano con kimoni ricavati dai campionari di stoffe presenti in ogni foglio. Il fondo a tinta unita veniva utilizzato per le fodere.


Il Giapponismo

L'apertura improvvisa e traumatica delle frontiere del Giappone nella seconda metà dell'800 ebbe tra i tanti effetti rivoluzionari anche quello di far conoscere al mondo occidentale l'arte giapponese. I principali veicoli furono soprattutto le grandi esposizioni mondiali dell'epoca, che suscitarono una natualre curiosità, forse epidermica nel grande pubblico ma sincera e desiderosa di conoscere di più nel mondo artistico, e poi i manufatti giapponesi che cominciarono ad arrivare regolarmente, sia opere d'arte vere e proprie, sia manufatti artistici come lacche o tessuti , sia oggetti di uso quotidiano come kimono, ventagli ed ombrelli di carta,sandali.

Nacque allora, per definire questo fenomeno di osmosi culturale e di imitazione delle tendenze artistiche giapponesi da parte degli artisti occidentali, il termine Giapponismo; una tendenza artistica che ebbe il suo culmine a fine 800 ma continuò ad avere effetti importanti nel XX secolo. Straordinaria in particolare fu l'influenza avuta dall'arte giapponese sull'impressionismo, e Vincent Van Gogh fu ammirato incondizionato di Hiroshige, di cui riprese insistentemente alcuni temi, ma non fu certamente il solo: sullo stesso percorso di ricerca artistica ispirata al Giappone ritroviamo anche Paul Gauguin, Georges-Pierre Seurat, Edgar Degas e altri ancora.

Gisbert Combaz (1869-1941)

Les Eléments, 1898

 

Si tratta di una serie di 12 cartoline postali ove l'ispirazione al mondo ukiyo-e, più o meno evidente, è sempre comunque percepibile. Del tutto palese in questa opera, che riprende il tema della carpa proposta da Hiroshige in Suidobashi Surugudai, arricchendola col tema delle onde reso celleberrimo dall'Onda di Kanagawa di Katsuhika Hokusai ma spesso ricorrente  nell'ukiyo-e, ad esempio con Hiroshige nell'Onda di Naruto.

Avremmo voluto, per approfondire il tema della profonda influenza che ebbero le stampe giapponesi nella evoluzione dell'arte figurativa occidentale alla fine del XIX secolo, porre a confronto i criteri di selezione della collezione Contini con quelli della collezione di Claude Monet (1840-1926), celeberrimo pittore impressionista francese che crediamo inutile presentare al lettore, che fu un altro dei protagonisti dell giapponismo, e che trovo anchegli continua fonte d'ispirazione nell'arte giapponese.

 

 

Giardino Giapponese della casa Monet a Giverny

 

Da sinistra a destra

la principessa Matsukata, Claude Monet, Lily Butler, Blanche Hoschedé Monet e Georges Clémenceau (che avrebbe da lì a poco guidato la Francia attraverso la terribile vicenda della prima guerra mondiale)

La collezione fu raccolta dall'artista sul finire dell'800, è composta di oltre 200 stampe ed è conservata nella sua dimora di Giverny in Normandia, arricchita da un grande giardino di ispirazione giapponese che Monet aveva eletto a luogo prediletto delle sue ispirazioni artistiche. Lo vediamo qui, riconoscibile dalla lunga barba bianca, con la principessa Matsukata al suo fianco. Si trova probabilmente sul sentiero che conduce al ponte giapponese, e la fotografia risale verosimilmente al 1913 circa. Sono naturalmente presenti nella raccolta Monet molti degli artisti e dei generi presenti anche nella raccolta Contini. Lo spazio tiranno ci impedisce questo approfondimento, che suggeriamo ai lettori:

Geneviève Aitken e Marianne Delafond

La collection d'estampes japonaises de Claude Monet

La Bibliothèque des Arts, Lausanne, 2003

ISBN 2-88453-109-2

Questa composizione floreale (ikebana) concludeva infine degnamente la mostra di Bologna