Fauliot          

Racconti dei saggi samurai

Ippocampo, 2011

 

La recensione di questo libro potrebbe trovarsi in differenti sezioni di questo stesso sito; tratta le leggende degli antichi guerrieri, potremmo quindi trovarlo a buon diritto nella sezione Koryu (antiche scuole). Ma riveste notevole interesse antropologico quindi in Cultura tradizionale. Ma la maggior parte dei fruitori sarà forse tra i culturi delle moderne arti di derivazione marziale. Ecco perché ne leggerete qui.

 

 

 

 

 

 

Prima di andare avanti nello scorrerne le pagine, una doverosa e piacevole segnalazione. La copia su cui si basa la recensione è stata acquistata presso la libreria Tanabata di Milano, in via Adige (presso Porta Romana).

Il minuscolo locale è affollato di libri ed oggetti attinenti alla cultura giapponese molto spesso non reperibili altrove ed il gentilissimo proprietario è sempre a disposizione per chiarimenti, nei limiti ovviamente delle sue competenze. E' infatti in grado di dare indicazioni sul contenuto dei libri in lingua giapponese da regalare ad un amico, padroneggiandone la scrittura, ma non sempre può aiutare a giudicare il loro livello di approfondimento. La cultura di questo popolo è troppo vasta e profonda perché una singola persona possa conoscere tutto.

Il nome della libreria richiama la festa Tanabata matsuri (la settima notte del settimo mese, per quanto  a volte venga celebrata in agosto). Questa celebrazione è in onore degli dei Orihime e Hiko-boshi, che si amano. Le due divinità si immaginano materializzate in due costellazioni impossibilitate a riunirsi perché separate dalla Via Lattea.

Il piccolo libro di Pascal Fauliot in esame, cui avrebbe forse giovato una rilegatura non rigida che ne avrebbe facilitato la lettura in viaggio, è molto curato. Le storie vengono accompagnate da stampe d'epoca scelte tra quelle dei grandi artisti.

Ne sono state raccolte 28, cercando di rispettare lo stile della tradizione orale giapponese cui l'autore dichiara apertamente di essersi ispirato.

Apparentemente non c'è un filo conduttore: si apre con la parabola dei tre grandi condottieri dell'epoca Sengoku (XVII secolo) alle prese con un cuculo dispettoso che non vuole cantare, problema che ognuno affronta a suo modo.

Si continua col celeberrimo duello tra l'adolescente principe Minamoto no Yoshitsune e il monaco guerriero Musashibo Benkei sul ponte Gojô (XII secolo).

 

S prosegue con la celebre parabola del gatto zen che non corre appresso ai topi ma attende che vadano da lui dopo aver perso la loro diffidenza vedendolo apatico ed insonnolito, di cui si conoscono tante varianti che è difficile attribuirla ad una epoca precisa.

Esiste in realtà - naturalmente - un filo conduttore, ed è importante quanto evidente: si tratta di racconti tramandati oralmente e come detto in innumerevoli varianti, che ci illustrano meglio di tanti trattati quanto nel corso dei secoli è sembrato importante far apprendere ai giovani samurai, perché si rendessero pienamente conto della loro missione e degli strumenti non solo materiali che dovevano padroneggiare per portarla a termine.

La godibilità dei racconti risente leggermente della traduzione ove appaiono alcuni francesismi (sciabola al posto di spada, falcione al posto di alabarda) dovuti a una traduzione letterale. Appaiono saltuariamente lievi inciampi dell'autore, normalmente molto attento ai dettagli e rispettoso della congruità storica: nel secondo racconto spiega che Benkei aveva giurato di sottrarre 1000 katana ad altrettanti samurai per venderle ed utilizzare il ricavato nel restauro di un tempio. La katana è una tipologia di spada che viene introdotta alcuni secoli dopo e comincia a diffondersi e poi divenire prevalente ancora dopo, alle soglie dell'epoca Edo. Fauliot avrebbe dovuto scrivere piuttosto che Benkei intendeva impadronirsi di 1000 tachi.

Gli ultimi due racconti sono dedicati all'ultimo dei grandi samurai della storia del Giappone: Yamaoka Tesshu. Vengono dipinti il suo incontro-scontro col maestro Asari Gimei, dalla cui personalità rimase soggiogato per molti anni, e dei suoi incontri-scontri col giovane imperatore Meiji che amava le arti marziali ma detestava essere sconfitto, e veniva di conseguenza affrontato con molta benevolenza dai suoi cortigiani. Non da Yamaoka Tesshu, sua guardia del corpo e uomo schietto e sincero in ogni momento della sua vita. Soprattutto in quelli dedicati all'arte del combattimento.

Notizie biografiche sull'autore del testo recensito, caldamente raccomandabile, sono disponibili in francese sul suo sito.