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Nel quadro delle manifestazioni tenute a Roma, venne organizzata se la memoria non mi tradisce nel gennaio 1996 (la mostra Il Giappone prima dell'Occidente rimase aperta dal 15 novembe al 15 gennaio) un enbukai (dimostrazione pubblica) di aikidô tenuto dal maestro Hideki Hosokawa.

Ricordo che l'aikido, disciplina moderna ma che affonda le sue radici in tradizioni secolari e forse addirittura millenarie, si mantenne per alcuni decenni su una linea di riservatezza, ammettendo nuovi adepti solo dietro presentazione di tre sponsor e non tenendo manifestazioni aperte al pubblico. La prima manifestazione pubblica, tenuta a Tokyo, risale infatti al 1956.

Da allora è naturalmente passata molta acqua sotto i ponti e forse si è talvolta smarrito da parte di alcuni insegnanti o praticanti il senso di queste dimostrazioni. Si cerca infatti sempre più spesso la spettacolarità, prevale il desiderio di avvincere e convincere lo spettatore.

E' indubbio che occorra fare qualche concessione alla mentalità moderna e adeguare i criteri di accesso all'arte e quelli di comunicazione verso il pubblico. Personalmente resto perplesso di fronte al desiderio, che talvolta viene mascherato da necessità contingente, di rendere in qualche modo spettacolari delle attività umane che attengono piuttosto alla cultura e all'arte. Abbiamo visto in apertura di questo articolo il David di Michelangelo: nulla di plateale, nulla di spettacolare nel suo atteggiamento. Michelangelo ha scelto di raffigurarlo in posizione rilassata e serena, non nel momento dell'azione.

E quando mai andremmo a cercare la spettacolarità in altre discipline gestuali giapponesi, citando non a caso come esempio lampante la cerimonia del te?

Ed è anche deprecabile che dopo quella felice iniziativa non ne rammenti altre ove l'arte convenzionale, produttrice di manufatti che sfidano il tempo e superano ogni barriera, incontra quella effimera legata al gesto di un momento che non lascia dietro di se alcun segno tangibile se non quello del ricordo.

La dimostrazione ebbe luogo in una sala del Palazzo delle Esposizioni attrezzata per conferenze o spettacoli, tantevvero che il tatami venne allestito su una specie di palcoscenico.

Venne presentata da brevi discorsi introduttivi tenuti dal presidente dell'Aikikai d'Italia Francesco Verona e dal segretario nazionale Franco Martufi.

 L'adesione del maestro Hosokawa fu immediata, convinta anzi entusiasta: lo prova la mia mobilitazione sul campo in qualità di reporter, nonostante in quel periodo avessi qualche difficoltà per rendermi disponibile.

Uke di Hosokawa sensei era in quell'occasione Dionino Giangrande.

 

 

 

 

Nullaltro: per mostrare (dimostrare è ancora un'altra cosa) l'essenza dell'aikido il maestro non chiamò a raccolta i suoi fidi, non preparò uno spettacolo.

Tenne un breve discorso illustrando alcuni dei principi fondamentali dell'arte, con riguardo soprattutto al suo debito con le antiche scuole ancestrali di spada o delle altre armi, nel caso specifico dell'aikido il jo, che fanno parte della panoplia del samurai.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Passò poi all'esecuzione di alcune tecniche, da lui naturalmente selezionate ma comunque prevalentemente di base.

L'impressione che ne ho ancora adesso - vivissima, lucida, per quanto i particolari si perdano nella memoria - è che abbia saputo mostrare completa padronanza della sua arte, fermezza e rispetto nei confronti di chi si proponeva a lui nelle vesti, sia  pure rituali, di aggressore.

 

 

 

 

 

 

 

 

Il pubblico era composto prevalentemente da persone addentro nello studio della cultura diciamo così "convenzionale".

Quale fu la loro reazione? Certamente, trattandosi mediamente di persone molto impegnate e non più giovanissime, non si sono affollate nei giorni seguenti alle porte dei vari dojo romani.

Dai discorsi e brevi discussioni avute con alcuni spettatori, certamente attirati dalla mia visibile veste di addetto ai lavori comunque più accessibile degli altri - se non altro perché in borghese e non in keikogi ed hakama e nella platea invece che sul palco - direi soprattutto una cosa: l'aikido ha conquistato il loro rispetto.

 

 

 

 

E ritengo che sia questo che l'aikido debba conquistare nell'opinione pubblica moderna. L'attrazione, l'impulso a praticare, verranno poi, come naturale conseguenza.

Ma se anche non venissero, l'arte avrà dimostrato il meglio di se.

Ritengo veramente deplorevole che queste esperienze di uscite pubbliche nel "mondo" dell'arte e della cultura, si ripetano sempre più raramente.

 

Paolo Bottoni

 

 

 

 

 

 


Questo articolo è apparso come già detto nella rivista Aikido, aprile 1996, edita dall'Aikikai d'Italia. E' stato revisionato ed integrato in occasione di questa nuova edizione, ed è stata aggiunta la sezione dedicata all'enbukai del maestro Hosokawa, che all'epoca venne solo brevemente segnalato nell'inserto Aiki View. Le illustrazioni delle mostre, che comprendono anche quelle in seconda pagina tagliate per esigenze tipografiche nell'articolo originale, provengono da Giappone in Italia 95/96 - Programma delle manifestazioni, edito dal Comitato italiano per le manifestazioni. Le foto dell'enbukai e quella raffigurante il David di Michelangelo sono dell'autore. La foto di Felice Beato è naturalmente ormai di pubblico dominio.