E' passata abbastanza acqua sotto i ponti, se non ricordo male ben tre lustri. Ovviamente questo resoconto di un seminario, uno dei tanti, non di quelli di maggiore rilevanza, non ha piú il sapore dell'attualità. Ma pur a distanza di tempo, forse regalerà ancora sensazioni e ricordi piacevoli a chi vi ha partecipato, forse potrà suscitare sensazioni analoghe anche a chi non c'era.

C’è qualcosa di magico nel trovarsi su una radura in mezzo al bosco a praticare la propria arte, ascoltando al tempo stesso il fruscio della foresta, lasciandosi accarezzare da un vento pieno di mare o bagnare fino alle ossa da un temporale irriverente che costringe anche i cipigli piú marziali a ripararsi sotto una volenterosa tettoia, mentre il maestro Hosokawa accompagnato dallo scrivente in veste di paggio (e non ridete più la prossima volta che mi vedete con l’ombrello ad agosto…) sonda sospettoso tra una pozzanghera e l’altra per vedere se si può ricominciare.

Insomma, è stato proprio un bel raduno. In una radura in mezzo al bosco a pochi chilometri da Fano, e dalle vacanze facili nel divertimentificio della costiera adriatica.

Ma ci si dimenticava all’istante di ogni cosa e si diventava tutt’uno col proprio bokken, come se l’altra vita e l’altro mondo fossero solo un sogno svanito al mattino non appena la cintura veniva allacciata al keikogi, rinunciando alla hakama (per non inzaccherarla ma anche per l'impossibilità di ripiegarla decentemente al termine della pratica).

Bello anche starsene ad ascoltare le parole del maestro e trovarle cosí nuove ed allo stesso tempo cosí familiari:

Occorre lavorare… E’ piacevole sognare di possedere un bel gioiello. Ma è bello anche, forse piú bello, accontentarsi di un ciottolo trovato sulla spiaggia e nobilitarlo col proprio lavoro. Fino a farlo diventare, perlomeno ai nostri occhi, un gioiello. Riscopriamo il piacere del lavoro. Assaporiamo il gusto del nostro bokken. Sí. Sentiamone il sapore.

Sarebbe vano e riduttivo stare a parlare di tecniche, di varianti, di cose viste e più spesso di cose solo intuite. Il piacere, il sapore, di queste cose sta anche nella loro irripetibilità, nel loro sbocciare nel breve spazio di una ora di lezione in mezzo ai boschi, per poi subito apparentemente sfiorire nel ricordo mentre tu maledici l'attimo perduto forse per sempre. Ed invece sorprendentemente ritornare, immutate ma irriconoscibili, alla lezione successiva; o 10 anni dopo. O forse mai. Ma è presto per dirlo.

 Una mezz’ora dopo che mi ero di nuovo immerso in tecniche dimenticate da anni, mi sentivo di colpo come se non avessi mai smesso. Ed una mezz’ora dopo il termine del raduno già mi sentivo come uscito da un sogno senza ricordarne nulla. Se non una vaga sensazione di perdita irrimediabile, di una conoscenza a portata di mano che non sei riuscito a carpire. Eppure quando eravamo lí sotto le fronde della quercia, col bokken nella mano, eravamo fermamente convinti che il sogno fosse quell’altro. Uno strano sogno da cui eravamo usciti quando il maestro ci aveva chiamati alla pratica con suo consueto "doso!".

Ma basta con il filosofare: nonostante i pericoli della vita mondana ad un tiro di schioppo nella ospitalissima Fano, quel raduno è stato molto bello e molto spartano. Direi quasi un raduno di quelli di una volta. Veniva da chiedersi se non fosse il caso un giorno di osare qualche cosa di piú. Non per nulla durante le piacevoli conversazioni davanti ad una birra, appena usciti dal “tatami”, uscivano fuori spesso un tema ed una parola suggestivi: Tergu. Il primo esempio di un seminario diverso da quanto fatto fino ad allora. Ove si ricercava non solo il rapporto con questa o quella tecnica ma anche quello con la natura, quello con se stessi, opportunamente privati, liberati, dei tanti inutili orpelli cui ci condanna la vita moderna

Sí: lo chiedevano allora e forse se lo chiedono tuttora adesso in molti. E’ ancora possibile organizzare seminari del genere, immersi nella natura, lontani da ogni altro condizionamento che non sia l’alternarsi del giorno e della notte, del sole e del vento? Una volta in armonia ed in pace con noi stessi per effetto di una vita naturale, non saremmo in condizioni migliori per affrontare la nostra via interiore? Certo, l’organizzazione e la vita comoda piacciono a tutti. Ma quel sapore non lo puoi ritrovare in un palazzo dello sport o in un villaggio vacanze.

Qualcosa, in quel raduno di Fano, ha magicamente rievocato quei tempi lontani di una pratica più spartana. Ed ha fatto scattare imperiosa la molla del desiderio. Sarebbe stolto nascondersi le difficoltà ed i problemi che si annidano dietro a questi tentativi. Ma la tentazione rimane. Cosa ne pensa il maestro? Sorride, e sembra di scorgere anche nelle sue pupille un lampo di nostalgia…

Ed arriva come sempre il momento di riporre il bokken nella custodia e riprendere la via di casa. Avranno buona sorte le nostre speranze? Nei tempi antichi c’era la buona usanza da parte degli dei di inviare dei segni, vuoi aquile che volano sulla destra, vuoi fulmini a ciel sereno.

Chiaramente io non sono degno di tanto, ma qualche piccolo, significativo segno delle loro tendenze gli dei lo hanno elargito anche a me. Ho portato con me, nella custodia del bokken, anche un gioiello.

Non aspettatevi niente di speciale: l’ha trovato una delle mie bambine e me l’ha portato regalandomelo con molta soddisfazione, dopo averci graffito sopra il mio nome: è un ciottolo come tanti altri, trovato sulla spiaggia. Ma ci lavoreró sopra.