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Non è necessario ripetere qui che i numerosi metodi di insegnamento dell'aikido non possono essere misurati con criteri utilitaristici per stabilire sciocche graduatorie di merito.

Quando elaborati con rigore ed insegnati con metodo rappresentano altrettante alternative vie di accesso ad una stessa meravigliosa vetta.

Non ha la minima importanza se una richiede attrezzatura specialistica, preparazione estrema ed estreme scalate ed un'altra magari preferisce procedere lungo dolci declivi ed allungare il percorso per offrire nuove vedute.

 

 

 

 

 

 

Una lezione tipica di aikido della Scuola Tsuda si articola come abbiamo detto attraverso una seduta di aikitaiso, non dissimile da quelle che si tengono in altre scuole, e da una sessione di lavoro in coppia, normalmente mantenendo lo stesso compagno per tutta la durata della lezione.

Si inizia, anche qui nulla di particolarmente "alieno", con tecniche di kokyu ho che aiutano a stabilire un giusto rapporto con il compagno di allenamento, poi tecniche apparentemente più convenzionali di immobilizzazione al suolo o proiezione, ma focalizzate sempre su alcune linee guida.

Non inedite ma che vengono poste in primo piano là dove altri metodi le lasciano per così dire nel coro: evitare le linee di attacco senza tentare di opporvisi, mantenendo quindi un atteggiamento mentale oltre che corporeo tendente al perfetto equilibrio e non alla contrapposizione.

Attirare in questa situazione di equilibrio le energie di uke, stabilire una nuova situazione di equilibrio ed armonia e condurla ad una equilibrata soluzione finale.

 

 

 

 

 

 

 

Le differenze risiedono in fin dei conti non tanto in quello che si fa (o non si fa) ma nel come si fa.

La parte finale della lezione normalmente è assimilabile a quello che in metodi differenti si definirebbe jiyuwaza oppure randori ossia alla esecuzione libera delle tecniche che scaturiscono naturalmente dai principi di base mostrati durante la lezione.

Le lezioni terminano come anche nell'aikido classico con tecniche di kokyu ho suwariwaza, dove però la posizione e l'atteggiamento finali sembrano più finalizzati a stabilire un rapporto equivalente di energia tra tori ed uke che al controllo di tori nei confronti di uke.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Una nota a parte meritano le lezioni di spada, definite ame no ukikashi ken, un termine nemmeno questo inedito e che viene adottato anche in altre scuole.

Servendosi dell'arma come evidenziatore delle linee di attacco e di difesa, il maestro Soavi ha mostrato ancora una volta come sottrarsi alle intenzioni aggressive della controparte senza diventare a propria volta aggressivi.