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E' allora facile, fin troppo facile, discendere ulteriormente la china inseguendo altre "facili" soluzioni che purtroppo portano nella maggior parte dei casi ad una esasperazione del problema iniziale piuttosto che ad un suo superamento.

Ad una prima protesi ne aggiunge una seconda, poi una terza e poi ancora, fino a che il corpo umano ne è talmente sovraccarico e condizionato da avere ormai irreparabilmente perso ogni possibilità di autoregolazione.

Occorre osservare, prima di procedere ancora, che secondo il metodo seitai, ma anche secondo ogni altro metodo tradizionale nonché secondo logica ed evidenza, quando si parla genericamente di "corpo" si include implicitamente anche quella parte meno evidente che alcuni definiscono come "spirito" ma che forse sarà bene limitarsi a chiamare "mente" per evitare ogni possibilità di equivoco e di confusione col pensiero religioso: l'esistenza nell'essere umano di funzioni non direttamente osservabili ed analizzabili con metodi obiettivi è evidente ed innegabile e non richiede per ammetterlo l'adesione a alcun credo religioso.

Il maestro Soavi osserva, e dimostra con un altro schema alla lavagna, che l'essere umano in realtà è un assieme molto complesso ed inscindibile.
Di conseguenza non è possibile intervenire su alcun suo elemento, compresi quelli che potrebbero essere considerati "periferici" o di importanza non rilevante, senza causare mutamenti nell'equilibrio complessivo della persona, che agiscono attraverso una catena di trasmissione di cui non conosciamo ancora a fondo né i meccanismi né i percorsi.

E' inevitabile che un qualsiasi intervento, anche apparentemente irrilevante, su ogni estremità di questa catena di trasmissione si ripercuota in tutto l'organismo ed in tutta la persona.

Il particolare dello schema aiuta a comprendere quanto sopra. D'altra parte, oltre ad essere una possibile causa di squilibrio, questa particolarità è anche utilizzabile a scopo terapeutico o semplicemente di riequilibrio psicosomatico.

Non è ad esempio strettamente necessario raggiungere fisicamente un organo interno, o difficilmente accessibile, per poterlo influenzare e riequilibrare.