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Questa gradualità nell'insegnamento e nell'apprendimento è stato un altro tema importante. La didattica va impostata seguendo un ordine ben preciso, è stato portato come esempio le cadute: per i principianti si comincia con le ukemi rotolate indietro e in avanti, poi le kosaukemi (le "incrociate"), le yokoukemi, e con l'aumentare della sicurezza le proiezioni da kotegaeshi e shihonage, fino ad arrivare alle cadute da koshinage dove la sensazione di vuoto è più forte.

L'ordine con cui vengono proposte le tecniche in una lezione e nel corso dell'anno deve anche rispettare le affinità che queste hanno tra di loro: ikkyo-iriminage, nikyo-kotegaeshi, sankyo-shihonage.

Il compito dell'insegnante si carica di una grande responsabilità, egli deve infatti decifrare la logica che unisce le tecniche andando oltre la mera ripetizione coatta: "jutsukarahairu, rikarahairu", apprendere (letteralmente entrare) dalla tecnica pratica, cioè dalla ripetizione fisica, come è comune anche nel mondo animale, e invece apprendere dalla logica, con il raziocinio, agendo come il generale di un esercito.

Il maestro è tornato più e più volte sul tema dell'insegnamento, e ai responsabili di dojo sono arrivate critiche ben esplicite indipendentemente dal grado. E' stato sottolineato che un'insegnante ha il dovere di trasmettere senza trattenere ciò che apprende, e che questo lavoro non può essere svolto da solo, perché quando si riceve un insegnamento intensivo come avviene durante uno stage, è necessario anche il supporto di una parte dei propri allievi, così da poter digerire successivamente nel corso delle normali lezioni quello che si è appreso, altrimenti la frequentazione di uno stage si traduce in un semplice bollino (il maestro ha parlato di medagliette) di cui si fa collezione.

Nel rispetto di questa modalità lavorativa si sono svolte le lezioni pomeridiane del 2°,3° e 4° giorno.

Il maestro Roberto Foglietta ha ripreso e sviluppato le tecniche da katatetori gyakuhanmi e jodantsuki che erano state il tema portante delle lezioni di sabato e di domenica mattina.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il maestro Roberto Travaglini ha sviluppato ulteriormente la tematica della gyakuhanmi ponendo l'accento sulla presa da katadori, che ha affrontato anche in suwariwaza.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il maestro Emilio Cardia è tornato a lavorare le tecniche da shomenuchi introdotte martedì mattina proponendole in hanmihantachi.

Nella foto è lui a trovarsi in posizione tachiwaza, mentre sta mostrando il modo corretto di portare un attacco shomenuchi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nelle lezioni dei primi quattro giorni sono state sostanzialmente esplorate tecniche fondamentali come ikkyo, iriminage, kotegaeshi e shihonage su attacchi base come katatetori, katadori, jodantsuki e shomenuchi. Le variazioni dalla forma canonica emergevano naturalmente dal porre l'attenzione sull'allungamento dell'attacco di uke oltre la sua sfera di controllo.

Anche un lavoro avanzato come le kaeshiwaza (le "controtecniche") sono state proposte nella loro valenza di test ad una corretta esecuzione della tecnica. "Se la tecnica è corretta non esiste kaeshiwaza" nelle parole del maestro, che ha poi ancora sottolineato l'importanza del lavoro di uke, chi assume questo ruolo deve accettare in modo attivo la tecnica di tori, muovendosi in modo da ricreare continuamente una condizione di shizentai (letteralmente corpo naturale), in questo modo sarà poi possibile trovare le risorse per eseguire una kaeshiwaza.

L'insegnamento delle controtecniche avveniva un tempo in modo individuale, cioè o sensei le trasmetteva a quelli allievi che poi venivano mandati ad insegnare nelle scuole militari eccetera, che quindi non potevano permettersi di "sfigurare".

Nel caso di un uke più esperto di tori, non ci si dovrà opporre in maniera sciocca ma si dovrà offrire, pian piano sempre meno volontariamente, quella condizione che è l'elemento di studio della determinata tecnica, così che tori acquisisca la sensazione di una corretta esecuzione, per poterla poi cercare e ricreare nuovamente.

Questo è come si dovrebbe lavorare durante lo stage. Invece, gli esaminandi che si prolungano oltre l'orario, devono agire diversamente. Quello che hanno studiato deve essere già stato completamente assimilato, dovranno quindi ricercare il corretto ritmo e la sinergia tra di loro praticando intensamente.