gesto01Flavio Bertini. Il colore del gesto

Occorre immediatamente rendere conto al lettore della natura di questa pubblicazione, che potrebbe apparire fuori posto collocata come è all'interno dei testi tecnici di aikido. Non vi viene infatti data alcuna spiegazione tecnica ed è dedicata, prende ispirazione, da un'arte che non è aikido. Tuttavia sappiamo o perlomeno dovremmo sapere che anche l'aikido è un'arte, un'arte estremamente complessa e affascinante che si esprime attraverso il corpo del praticante e lascia tracce unicamente nella sua mente e nel suo spirito, ossia nella sua capacità di omologarsi alle leggi dell'universo dando voce e capacità di esprimersi al suo spirito vitale, quello che in giapponese viene appunto chiamato ki.

 

 

 

bokken3Flavio Bertini. Il colore del gesto
Appunti nella pratica di Hôjô
Cleup, 2017, ISBN 9788867877072
www.cleup.it

 

L'arte si esprime utilizzando le capacità tecniche dell'artista, che talvolta anzi le porta a livelli non raggiungibili da altri esseri umani meno dotati e meno costanti nel loro cammino. Ma non si esaurisce nel gesto tecnico, non nasce dal gesto tecnico. E' importante quindi che il praticante, qualunque sia il suo livello tecnico, e forse anzi quanto più avanzato sia il suo livello tecnico, dedichi quanto più tempo e risorse gli sia possibile a sviluppare la propria sensibilità artistica, che alla tecnica si deve accompagnare e cui la tecnica deve essere asservita.

Nelle parole dell'autore, richiesto di illustrare le motivazioni del suo lavoro «Il titolo del libro, come Marta spiega benissimo in una presentazione "strabiliante", già spiega tutto. Restano comunque "appunti". Per quanto riguarda la nascita della scuola, nessuna pretesa storica o di esattezza di nomi date e successioni, cosa per altro ardua in tutte le scuole ...  Per il resto, io non so scrivere, ma mi è più consono usare i colori per esprimere sensazioni e stati d'animo legati alle emozioni...

Ti ringrazio se pensi che meriti una tua recensione, l'opera comunque rimane un lavoro d'Arte così come Arti sono quella Marziali, almeno come noi le intendiamo, e non vuole avere nessuna pretesa di essere un testo importante per la pratica, spero solo che sia da stimolo a chi già pratica e a chi vuole curiosamente provare. E' un omaggio al Maestro, tutto qui...»

 

choko gedanAccenna Bertini alla presentazione di Marta Ragozzino; è bene citarne alcuni passi:

«Il colore del gesto. Suona bene il titolo di questo libro. Lascia un buon sapore, una bella sensazione. Soprattutto, innesca un cortocircuito e induce a pensare in un modo diverso. Perché non è affatto scontato, neppure tra i praticanti delle arti marziali a cui il libro si rivolge, che i gesti possano essere "colorati",

Piuttosto, si è portati a pensare che abbiano, in generale, un peso, una dimensione, una forza. Quindi una quantità. E semmai, avvicinandoci al nostro specifico in termini meno competitivi, anche un'intensità, un ritmo, una durata. Potremmo dire una qualità.

Invece sfogliando le pagine di questo libro che Flavio Bertini dedica alla pratica di Hojô, il primo kata della scuola di spada tradizionale giapponese Jikishinkage Ryû, impariamo a comprendere, o meglio a "sentire", che anche i gesti possono avere anche un colore, che non sempre si vede e che probabilmente è incommensurabile e non categorizzabile. 

...

Un colore che Bertini sente e rivela nei diversi quadri che compongono questo libro, che esprimono il kata nelle sue diverse parti (le quattro stagioni) e permettono di rivivere Hojô nella sua concreta sintesi, nella sua verità senza scampo e finzione, anche attraverso immagini non descrittive come queste: colori e non fuigure, intuizione e non spiegazione.

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Un po' come l'arte astratta, che non ha bisogno di tradursi in figura o in narrazione, per esprimere ragioni e sentimenti, conoscenza e emozione, sogno e verità»

 

FuyuUn libro quindi ove non è lecito cercare informazioni ma è doveroso attingere, attraverso delle sensazioni.

Non mancano tuttavia in esso nozioni importanti. Come ad esempio una succinta eppure profonda sintesi della storia delle maggiori scuole tradizionali di spada.

Il crogiolo nel quale nacque e si affinò poi, si temprò, nel corso degli anni e ad opera di varie generazioni di maestri la scuola che oggi conosciamo come Jikishin Kage ryû cui il maestro Hideki Hosokawa - a lui è dedicata l'opera - ha introdotto i suoi discepoli.

L'opera a lato è dedicata a fuyu no tachi, l'ultimo dei kata "delle quattro stagioni"; quello dedicato all'inverno: la stagione che chiude il ciclo della natura e conclude, ci si augura degnamente, la vita dell'uomo.

E' affiancata da una breve composizione di Matsuo Bashô (1644-1694), forse il più grande tra i poeti del Giappone, che ognuno comprenderà come sia ispirata anchessa all'inverno:

 

Tagi nosu

kagami no kiyoshi

uiki no hama

 

Lo specchio è chiaro

e terso

tra i fiori di neve

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

oshikomiUna succinta e preziosa tavola fuori testo conclude l'opera.

Il maestro Domenico Zucco, che continua nel cammino di esplorazione del kata Hojô iniziato assieme al maestro Hosokawa, vi ha raffigurato, interpretato, la sequenza del primo kata, haru no tachi, dedicato alla primavera.

La stagione in cui tutto nasce e rinasce.

Anche dopo di noi.