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Nella caldissima estate del 1886, a 20 anni, Sugata Sanshiro è il campione designato dal maestro Yano per affrontare l'importante prova che potrebbe cambiare il destino della giovane scuola, nata da appena 4 anni.

La vigilia è tormentata, densa di dubbi.

Con il suo modo burbero ma diretto il monaco Osho affronta Sanshiro e lo incita ad abbandonare ogni esitazione, dimostrandosi degno della fiducia accordatagli ed uomo maturo capace di dominare non solo la propria forza fisica ma anche i suoi sentimenti.

 

 

 

 

 

 

 

Il momento è arrivato: al'interno della sala - affollata da importanti personaggi - si respira a fatica per la calura.

Un ufficiale della polizia dirige l'incontro.

L'ambiente e la tensione sono tali da intimorire chiunque.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tutti tranne Shagoro Yano.

Imperturbabile, sembra che stia attendendo l'inizio di una noiosa conferenza invece che l'esito di un confronto dal quale dipendono le sorti di due scuole di arti marziali.

Una antichissima, contando 2 secoli di storia, una ancora nascente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La tensione di Sanshiro viene fortunatamente allentata da un buffo incidente.

Mentre si sta mettendo in posizione di seiza per salutare il suo antagonista, il suo keikogi, già lacero dopo anni ed anni di intenso allenamento, cede.

Un vistoso strappo si apre all'altezza del ginocchio sinistro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Hansuke Murai, persona come abbiamo detto amabile e tendente al sorriso, ne è divertito.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Anche Sanshiro Sugata è contagiato da quell'imprevisto momento di allegria e spensieratezza.

Improvvisa, inattesa, una forte corrente di simpatia si sprigiona e corre tra i due irriducibili avversari.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non per questo il combattimento è meno intenso. Le cronache, non si sa fino a che punto influenzate dal romanzo di Tsuneo Tomita, raccontano di un atteggiamento difensivo da parte di Shiro Saigo, che prevalse infine con la sua tecnica favorita, lo yamarashi (tempesta sulla montagna).

E' un tecnica presente nel primo gokyo (gruppo di 5 tecniche di base) del Kodokan pubblicato a fine 800,  e sembra analoga a questa che vediamo tentare nella finzione da Hansuke Murai.

Forse una deliberata citazione di Kurosawa.

Col tempo lo yamarashi divenne nella fantasia di molti una tecnica leggendaria perduta nel tempo.

Alcuni la ricostruirono immaginandola come una sorta di koshinage di aikido, mentre altri  sostennero trattarsi di una variazione di shihonage, proveniente dal bagaglio del Daito ryu aikijujutsu di Aizu (regione da cui proveniva Shiro Saigo), cui ha attinto anche l'aikido.

Non esiste alcuna prova in proposito, e i più autorevoli studiosi negano concordi tale ipotesi. Sembra accertato comunque che nel metodo  Kodokan il maestro Jigoro Kano privilegiò lo studio delle tecniche dimostratesi maggiormente efficaci e che preservassero i praticanti dagli infortuni. Una eccessiva varietà di scelta rallentava infatti i processi decisionali del combattente e "annacquava" la pratica ostacolando l'approfondimento intensivo, mentre i numerosi infortuni mettevano spesso i praticanti nell'obbligo di interrompere gli allenamenti.

Hansuke Murai conduce l'incontro tentando in continuazione di atterrare Sanshiro (ci si perdonino questi continui passaggi dai personaggi reali a quelli immaginari).

La leggenda, il romanzo ed il film vogliono che Sanshiro sia rimasto sulla difensiva, atterrando miracolosamente in piedi - agile come un gatto - anche quando la proiezione sembrava inevitabilmente riuscita facendo marcare a Murai ippon (un punto).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Come già detto gli incontri non prevedevano intervalli.

Dopo numerosi minuti di corpo a corpo entrambi i contendenti, in un ambiente surriscaldato dove boccheggia anche il pubblico, sembrano quasi allo stremo.

Entrambi hanno bisogno di rifiatare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ed è proprio in quel momento che Sanshiro trova dentro di sé la volontà di superare ogni limite, e passa all'attacco con grande determinazione.

Murai viene più volte atterrato e proiettato a grande distanza. Kurosawa come di consueto accenna solamente a mostrare le tecniche, lasciando immaginare allo spettatore quanto non visibile.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Murai si rialza ogni volta, finché un'ultima energica proiezione lo lascia al suolo senza che possa più rialzarsi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il pubblico comprende che è finita.

Finiva con quella sfida, ripetiamo che si trattò di un torneo a squadre e non di un duello individuale, anche un'epoca: quella del jujutsu.

Iniziava l'epoca del judo e delle nuove arti marziali, più sistemi di formazione dell'individuo, nelle sue componenti mentali e fisiche, che metodi di combattimento.

Eppure per affermarsi dovettero dimostrare la loro superiorità anche sul campo.

Non si pensi tuttavia ad una frattura inconciliabile tra i due mondi; lo dimostra anche la foto già motrata, scattata a 20 anni di distanza, in cui Jigoro Kano e Hidemi Totsuka sono fianco a  fianco, nella commissione incaricata di stabilire i kata di approfondimento da introdurre nel judo.

 

 

 

 

Sono Yano e Sanshiro i primi a correre in soccorso di Murai, che anche dopo essersi dichiarato sconfitto non sembra in grado di riprendersi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La folla festante attornia Sanshiro.

Ma lui non riesce a gioire, lo tormenta il pensiero che un'altra donna, e verso la quale prova dei sentimenti ancora indecifrabili ma forti, deve ancora soffrire a causa sua.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Siamo ora nella dimora di Hansuke Murai.

Non si è ancora ripreso del tutto dopo il combattimento, ma sembra sereno.

Si sta concendo una tirata con la pipa, che gli viene porta accesa da qualcuno accanto a lui.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E' Sanshiro Sugata.

Ha chiesto il permesso di rendere visita al suo ex avversario, ed è stato ricevuto con grande cortesia, anzi addirittura con una punta di affetto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Anche Sayo partecipa all'accoglienza di Sanshiro.

La scena è idilliaca e sembra preludere ad un necessario lieto fine convenzionale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Che non ci sarà: non ora almeno. Gennosuke Higaki si presenta come suo solito, senza preavviso, nella casa del maestro.

Una sola occhiata gli è sufficiente per comprendere quanto sta succedendo: è irrimediabilmente sconfitto in modo umiliante, davanti al suo maestro e a quella che considerava già la sua donna.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La sua lettera di sfida a Sanshiro non tarderà.

E dovrà essere un combattimento senza alcun limite.