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Non abbbiamo alcuna conferma di quella che è quindi destinata a rimanere una impressione, una ipotesi: al termine dei titoli di testa di Kettô Ganryûjima, la terza ed ultima parte della trilogia, appare come di consueto il nome del regista, Hiroshi Inagaki.
 
L'immagine sullo sfondo sembra essere la statua del dio guerriero Fudomyo scolpita da Miyamoto Musashi, o comunque a quella si ispira.
 
Musashi al termine del suo percorso di selvaggio ma invincibile guerriero divenne noto infatti anche per le sue grandi capacità artistiche come potete apprendere dalla sua biografia.

 

 

 

 

Kojiro sta continuando il suo addestramento. Accanto al bacino creato da una cascata si allena con il suo colpo preferito, il taglio a coda di rondine.

Inagaki accredita una delle ipotesi di giustificazione di questo nome, mostrandoci Kojiro che perfeziona la sua arte estraendo il lunghissimo tachi per tagliare al volo con un solo colpo delle rondini in volo.

Akemi non riesce a comprendere le ragioni della compiaciuta indifferenza del guerriero verso gli altri esseri viventi, così diversa da quella solo apparentemente simile di Musashi, che pur ricco di sentimenti ha deciso che non può dar loro ascolto.

E' giunto il momento di lasciarlo.

 

 

 

 

 

Musashi si è diretto invece a Nara, dove arriva mentre si sta svolgendo l'annuale torneo del tempio di Hozoin, sede di una rinomata scuola di lancia. Il torneo viene vinto a mani basse dal monaco Ogon ma Jotaro, che segue sempre fedelmente Musashi, non trattiene un commento ironico per la sua tracotanza.

Nonostante le scuse Musashi viene costretto a difendersi dall'assalto di Ogon, disarmandolo senza estrarre la  sua lama, e qui ritroviamo l'allora sconosciuto abate Nikkan, che aveva un tempo rimproverato Musashi per il suo eccesso di forza. Ritroviamo anche come interprete Kokuten Kôdô (1887-1960), un nome che a molti dirà poco. Fu nel 1954 uno dei protagonisti in I sette samurai: è il vecchio e saggio capovillaggio Gisaku.

Di quella indimenticabile squadra del resto incontriamo qui, oltre ovviamente Toshiro Mifune, anche Daisuke Kato (il lanciere Shichiroji, ora il sovrintendente degli Yoshioka) e più tardi Minoru Chiaki (Heihachi, ora il barcaiolo che porterà Musashi al suo ultimo duello) e naturalmente l'immancabile Takashi Shimura (Kanbei, ora il funzionario degli Hosokawa che organizzerà il duello).

Non dobbiamo meravigliarci di questo: tutte queste opere sono prodotte dalla Toho, che era praticamente l'unica casa specializzata in film di ambientazione jidai e per cui lavoravano questi artisti, e i ritmi di produzione erano impressionanti: nel periodo 1954-1956 Inagaki oltre a questa trilogia diresse altre tre opere.

Anche l'incontro tra Musashi e l'anziano Nikkan è verosimilmente frutto di fantasia, se identifichiamo il monaco come quel Nikkan giustiziato nel 1668 (quindi circa sessanta anni dopo) per attività sediziosa contro lo shogunato.

Nikkan prende atto della maturazione in atto in Musashi, e gli consegna una lettera di raccomandazione per la casata Yagyu, incaricata dell'addestramento alla spada per gli ufficiali al servizio dello shogun.

Kojiro si trova già ad Edo, dove sta per arrivare Musashi, e si sente invece pronto per qualcosa di più. E' stata proposta la sua candidatura al servizio della casata Hosokawa, ed è stato convocato per una prova che si svolge come costume nel cortile d'armi della dimora feudale, alla presenza del signore.

Le fonti non sono concordi: Yoshikawa nomina Hosokawa Tadatoshi, ma altrove ne viene menzionato il padre, Hosokawa Tadaoki. Un grande personaggio storico cui abbiamo già accennato nella recensione di Morte di un maestro del te.

In realtà Tadaoki dimorava abitualmente all'estremo sud del Giappone, nell'isola di Kyushu; è probabile che la residenza di Edo fosse invece presidiata dal figlio ma non vi è inverosimile nemmeno la presenza di Tadaoki essendo ogni feudatario obbligato a rsipettare rigidi turni di presenza alla corte shogunale.

 

E' certo che Sasaki prestò in seguito servizio a Kyushu, nei cui pressi si svolse poi il duello finale con Musashi, e che questultimo sia poi molti anni dopo entrato ugualmente alle dipendenze di quel ramo della casata.

Kojiro viene posto di fronte ad un ufficiale armato di lancia, ma ricusa di utilizzare il suo temibile tachi: affronterà il combattimento con il bokken di legno.

L'avversario non è alla sua altezza: viene facilmente vinto, e menomato da un micidiale colpo del bokken.

 

 

 

 

 

 

 

Il duro cammino sulla via della spada sta cambiando suo malgrado anche Kojiro.

Certamente si rammarica anche perché teme di avere lasciato una brutta impressione e aver fallito la prova anche se vincitore, ma poi si sorprende a pensare di avere utilizzato la forza quando non era necessario, e si chiede che ne sarà del povero Okaya, il suo avversario, inabile al servizio.

Lo va a trovare, ed ha per lui sincere parole di conforto.

 

 

 

 

 

 

 

 

Musashi lascerà cadere l'offerta di entrare nella scuola Yagyu ryu: sente di dover proseguire ancora la sua ricerca.

Le sue esitazioni Musashi sono dovute ad incertezze di fondo non tanto sul prosieguo della sua via, ma sulle  modalità attraverso cui arricchire il proprio bagaglio e procedere senza impacci.

E' sempre più attirato dal mondo dell'arte, e sta perfino tralasciando la pratica con la spada per procedere nelle sue ancora incerte sculture in legno.

In più, come Jotaro gli fa notare, anche la dea Kwannon che ha appena finito di scolpire, come altre in precedenza, ha incontestabilmente il viso di Otsu, che lui non riuscirà mai a dimenticare.

 

 

 

 

Non che abbia perduto la sua prontezza di riflessi. Quando un gruppo di ubriaconi fa irruzione nella sua stanzetta di albergo perché si è permesso di chiedere loro un po' di silenzio, non ha nemmeno bisogno di accennare a prendere la spada per toglierseli di torno.

Con gli ashi che sta utilizzando per mangiare dalla ciotola afferra distrattamente al volo delle mosche che gli ronzano attorno, le stordisce e le depone ordinatamente sul pavimento.

Un attimo dopo attorno a lui non c'è più nessuno.

E' probabilmente l'episodio più raccontato e minuziosamente descritto della leggendaria e movimentata vita di Musashi.

 

 

 

 

La fama dei due guerrieri è già grande, è inevitabile che vengano a sapere entrambi della presenza dell'altro.

E' Kojiro a compiere il primo passo, recandosi ad incontrare Musashi e chiedendogli se non sia finalmente giunta l'ora per il loro duello mortale.

Colpisce il contrasto tra l'aspetto sempre curato e ricercato di Kojiro e la trasandatezza di Musashi, che sta deliberatamente abbandonando tutto quanto non necessario alla sua via.

Musashi acconsente: sarà per l'indomani, al calare della notte.

 

 

 

 

 

 

 

All'appuntamento Kojiro attenderà invano: Jotaro viene inviato da lui con un messaggio.

Musashi si scusa, ma ritiene dopo lunga riflessione che il momento non sia ancora arrivato.

Il messaggio è breve: "Ho deciso di partire per un viaggio. Rimandiamo il nostro incontro di un anno. Quando ci rivedremo di nuovo, sarò pronto a battermi con te".