Indice articoli

Al seguito della spedizione Perry non vi erano persone incaricate specificamente di raccogliere materiale “locale”, ma è molto probabile che vi fossero accordi informali già in precedenza con lo Smithsonian Institute. Il commodoro incaricò della maggior parte degli acquisti l’agronomo della spedizione, il dr. James Morrow, ma troviamo nel suo diario la conferma che diversi acquisti furono fatti direttamente da lui, o che acquisti fatti individualmente da vari membri della spedizione confluirono poi nella “collezione Perry”, come anche i vari doni ricevuti da delegazioni locali. La conseguenza immediata, di un’evidenza lampante, è che non si riesce ad individuare un chiaro filo conduttore nella raccolta.

Troviamo negli interminabili elenchi del materiale repertato, classificato alla buona e conservato per oltre un secolo negli archivi della Smithsonian Institute, tutto e di tutto. Ma solo recentemente è stata intrapresa l’opera di riclassificazione di tutto il materiale, pubblicato in Artifacts of Diplomacy, Chang-su Houchins, Smithsonian Collection from Commodore Matthew Perry’s Japan Expedition (1853, 1854),Smithsonian Institute Press, Washington, ISBN 1-56098-538-0

Vi troviamo oggetti di uso comune, oggetti perfino dozzinali, o presunti tali come un kasa, quell’ombrello di bambù che giureremmo uscito da uno dei tanti supermercati orientali che proliferano ormai in ogni capitale europea.

Invece rappresenta un dono ufficiale dalla città di Ido, mutuando un’antica tradizione cinese: al funzionario che lascia il distretto si fa dono di un ombrello, simbolo di rispetto, purezza, dignità e prestigio.

Questo ombrello da uomo (amagasa) è invece di fattura comune. E' fatto con un unico pezzo di bambu, tagliato a liste sottili collegate tra loro con carta, poi impermeabilizzata con olio e laccata.

Quando è chiuso la decorazione assume un tipico aspetto geometrico definito ja-no-me (ad occhio di serpente).

Non è certamente l'unico ombrello nel catalogo Perry: ne sono classificati almeno 40, nei tipi "konji ja-no-me gasa" (blue marino ad occhio di serpente) e "ja-no-me gasa" di cui molti ricevuti in dono ad Ido, oltre ad altri 57 di tipo andante.

L'uso dell'ombrello come dono di commiato a funzionari che abbiano svolto egregiamente il loro compito è di origine cinese.

 

 

 

Oggetti che oltre ad apparire comuni lo sono veramente.

Che dire di quel paio di koma-geta, sandali per donna di uso quotidiano e di fattura assolutamente ordinaria?

Forse a nobilitarli è valsa l’orgogliosa scritta che li accompagnava: Primo acquisto fatto in Giappone dagli Americani.

In realtà questo reperto venne aggiunto solo nel 1977 alla collezione Perry, dono degli eredi dell'acquirente originario.

Non mancano nella collezione oggetti il cui uso venne dimenticato e poi completamente frainteso dagli archivisti che tentarono di classificarlo.

Come un tamago-yaki, padella per banalissime frittate che, forse traditi dalla forma quadrata difficilmente associabile alle rotondità dell’uovo, venne identificata per oltre un secolo come teglia da forno per lo stufato in umido.

Oggetti che ci sembrano banali perché ormai assimilati da tempo nella nostra cultura e consideriamo “nostri”.

Come i due amma-ki, attrezzi in bambù per massaggi, che ora troviamo in ogni farmacia e dovettero sembrare invece all’epoca inediti, curiosi e degni di nota.

Oggetti molto simili erano utilizzati anche per lavare e massaggiare i capelli (hitori-amma).

Questi reperti provengono probabilmente dal gruppo di utensili in bambu ricevuti in dono da Izawa Mimasaki-no-kami.

 

 

 

 

 

 

Oggetti che ci fanno sorridere.

Simili alla paccottiglia di cui amano riempire i bagagli i viaggiator dii ogni tempoi.

Che siano giapponesi di fronte alla torre di Pisa muniti dell’immancabile macchina fotografica che spara implacabile il suo minuscolo flash a mezzogiorno, o che sia un ufficiale di marina degli S.U. che acquista nella baia di Yokohama nel marzo del 1854 un patetico sensu, un ventaglio col suo ritratto schizzato al volo da un venditore ambulante.

Nel ventaglio, in bambu e carta, appare il ritratto dell'ufficiale Thomas C. Dudley ripreso dal vivo. Nemmeno questo faceva parte in origine dei reperti della spedizione Perry, ma venne donato dagli eredi di Duddley nel 1977.

La scritta, di pugno di Dudley, dice: "Il mio ritratto a dimensione doppia del naturale, fatto da un giapponese; nella baia di Yokohama Jeddo (Edo), 31 marzo 1854". Era d'uso in Giappone regalare un ventaglio agli stranieri incontrati per la prima volta.

Ma anche oggetti dalla bellezza abbacinante e senza tempo, che ci sembrano ormai vecchi amici perché li abbiamo ammirati esposti nelle mostre di mezzo mondo.

Come questo recipiente laccato (ryhōshi-bako) offerto in dono al presidente degli Stati Uniti.

E poi porcellane di squisita fattura, sete, innumerevoli splendidi prodotti della cultura tradizionale giapponese.