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Pubblicato nel 1975 il romanzo Shogun di James Clavell divenne in brevissimo tempo un successo mondiale, amplificato dalla riduzione per lo schermo con protagonisti di assoluto rilievo. Diffondeva per la prima volta tra il grande pubblico nozioni che ora sono pressoché di dominio pubblico (chi aveva all'epoca sentito parlare dell'esistenza dei ninja?) ma diffuse la sensazione forse ingiusticata di avere pienamente approfondito e compreso quel tormentato periodo della storia del Giappone e la vicenda personale del pilota inglese che ebbe agli inizi del 1600 la ventura di divenire consigliere dello shogun. Tentiamo di separare la realtà dalla attraente novella.

 

 

 

Il 15 aprile 1600 una nave malridotta venne trascinata dal fortunale sul litorale di Bungo,nell'isola di Kyushu, la più meridionale delle tre maggiori isole del Giappone. Veniva da molto lontano.

Partita due anni prima, aveva attraversato l'oceano Atlantico, aveva passato lo stretto di Magellano ed era risalita lungo l'Oceano Pacifico: i geografi dell'epoca continuavano a sottovalutare drasticamente le distanze pensando ancora che la via più breve verso l'estremo Oriente passasse per l'Occidente, come aveva creduto Cristoforo Colombo poco più di 100 anni prima

Del Giappone stesso del resto si aveva una idea molto vaga, vi approdavano solamente navi portoghesi seguendo la via dell'Oriente, attaverso rotte rigorosamente interdette ai rivali inglesi ed olandesi. La carta che vedete infatti, benché pubblicata in Olanda riporta i nomi in portoghese: probabilmente sottratta e copiata clandestinamente.

Ma le carte dell'epoca, che pure venivano giudicate all'avanguardia, erano molto lontane dalla realtà ed accrescevano i rischi della navigazione portando a percorrere rotte pericolose e fuorvianti ove i pericoli dei fondali e dei frequenti tifoni non erano segnalati.

Tutte queste difficoltà sommate avevano fatto sì che delle cinque navi che componevano inizialmente la flotta una sola fosse rimasta, e dei 100 uomini circa che componevano l'equipaggio soltanto 24 erano ancora vivi. Erano ridotti però in condizioni pietose dalla fame e dallo scorbuto, malattia dovuta alla scorretta alimentazione cui si dovevano rassegnare i marinai, imbarcati per diversi mesi a bordo dei loro gusci di noce senza poter contare su alimenti freschi. Alcuni erano addirittura in fin di vita.

Nessuno di loro sapeva naturalmente che da lì a pochi mesi, il 21 ottobre di quell'anno 1600, si sarebbe combattuta una tremenda battaglia che avrebbe cambiato le sorti del Giappone. E che uno di quel pugno di uomini sopravvissuti alle tempeste e alle malattie, il pilota WIlliam Adams, avrebbe avuto un ruolo importante nella storia del Giappone, in quel momento agli albori della civiltà Edo. La civiltà che doveva nascere dal cruento scontro che si stava preparando in quei mesi, ma molto più a nord del loro punto di approdo.

La vicenda di WIlliam Adams sarebbe tuttavia rimasta pressoché sconosciuta in occidente fino al 1975 quando James Clavell pubblicò un romanzo, Shogun, venduto in oltre 15 milioni di copie in tutto il mondo. Vi ricostruiva, forzandone i temi e le vicende per perseguire i suoi fini fini artistici, la vicenda di  Adams.

Che continua nonostante tutto ad essere per i più un nome perfettamente sconosciuto: nel libro di Clavell il nome del protagonista diventa John Blackthorne, e quello del suo antagonista giapponese Toranaga. Se il vero nome di questultimo era in realtà Yeyasu Tokugawa, è assolutamente vero però che fosse l'uomo che dopo Sekigahara doveva assumere il dominio incontrastato del Giappone, divenendo appunto Shogun e dando inizio alla dinastia Tokugawa. Una dinastia che doveva mantenere il potere per circa 260 anni, perdendolo drammaticamente dopo l'arrivo di altre navi: quelle del commodoro americano Perry nella baia di Uraga. 

Clavell dal canto suo non ha solamente narrato l'epopea di John Blackthorne ma sull'evolversi dei rapporti commerciali tra il mondo anglosassone e l'Estremo Oriente ha scritto una saga che attraversa i secoli. Descrive nel 1966 in Tai Pan le avventure dell'avventuriero Dirk Struan che apre nel 1842 una stazione commerciale ad Hong Kong. Nel 1993 in Gaijin (Straniero) quelle del suo discendente Malcolm Struan che tenta una analoga operazione in Giappone circa 20 anni dopo, rimanendo coinvolto nei sanguinosi incidenti causati dall'intolleranza giapponese verso gli invadenti ed arroganti stranieri. Nel 1981 in La Nobil Casa - ambientato nel 1963 - continua a narrare le alterne fortune dei discendenti degli Struan in Hong Kong. La Nobil Casa è edito in Italia da Mondadori, gli altri da Bompiani. Come chiunque avrà notato gli anni di pubblicazione non coincidono con la sequenza temporale delle vicende, occorrerebbe quindi leggere in sequenza il secondo, primo, quarto e terzo libro, con l'avvertenza che si tratta di opere voluminose fitte di personaggi ed eventi.

James Clavell (1924-1994), di origine australiana ma nazionalità inglese, si arruolò all'inizio della seconda guerra mondiale nella Royal Arrmy e venne catturato dall'esercito giapponese venendo internato a Singapore. Dopo la guerra si trasferì negli Stati Uniti dove divenne un apprezzato sceneggiatore. Nel 1962 iniziò una fortunata carriera letteraria con King Rat (Il re dei topi) dove narra delle terribili condizioni di vita nei campi di concentramento giapponesi, pubblicato in Italia negli Oscar Mondadori (1991) con il titolo Il re.

La storia di Shogun diede origine anche ad un fortunato film, derivato a sua volta da una lunga serie televisiva (9 ore) con protagonisti Richard Chamberlain nella veste di Blackthorne ed il carismatico Toshiro Mifune in quella di Toranaga (Tokugawa). Additata come esempio di fedele ricostruzione storica questa serie ha in realtà numerose incongruenze motivate dalla ricerca della spettacolarità, come le impeccabili divise esibite dal personale al servizio di nobili e funzionari (non erano in uso uniformi all'epoca). Risulta inoltre decisamente lenta nell'azione ed eccessivamente enfatica nei toni proprio quando l'azione manca.

Ma è ora di lasciare Clavell al suo - fortunato - destino letterario.

La storia di WIlliam Adams è ricostruita con accuratezza nel libro Il samurai che venne dall'Europa di Giles Milton (Rizzoli, 2002). Naturalmente la vicenda reale non ha avuto il successo planetario di quella fittizia, ci sembra quindi giusto trattarne.

 


I portoghesi furono grandi navigatori. Dobbiamo a Ferdinando Magellano la prima circumnavigazione completa del globo terracqueo, portata tuttavia a termine dall'italiano Antonio Pigafetta in quanto Magellano scomparve durante l'mpresa, ucciso nel tentativo di reprimere una rivolta nelle Filippine.

Per quanto Magellano fosse portoghese la sua missione, comandata da Carlo V re di Spagna, aveva il compito di infrangere il monopolio portoghese sulle rotte orientali, che dovevano necessariamente fare scalo in una serie di porti tutti controllati dal Portogallo.

Tecnicamente l'impresa riuscì: doppiando lo stretto che da lui prende il nome Magellano oltrepassò l'America e si addentrò nell'Oceano Pacifico dirigendosi verso il nord per raggiungere i centri di commercio che erano obiettivo della missione. Ma il percorso si rivelò molto più lungo ed irto di pericoli del previsto, tantevvero che una sola nave al comando di Pigafetta fece ritorno - dopo quasi tre anni - in Spagna, trasportando solamente 18 superstiti dei 234 uomini che avevano partecipato alla spedizione. Magellano era scomparso in uno scontro con "indigeni ostili".

La rotta verso le Indie era stata scoperta nel 1487 da Bartolomeo Diaz che circumnavigò l'Africa. doppiando il Capo di Buona Speranza. Buscar el levante por el poniente, il sogno di Cristoforo Colombo, seguire la rotta contraria, era possibile. Ma certamente non conveniente, lo dimostrò la straordinaria ma folle impresa di Magellano. La rotta tradizionale rimaneva molto più rapida ed affidabile di quella che circumnavigava l'America attraverso lo Stretto di Magellano.

Era però come già detto saldamente controllata dal Portogallo. Furono infatti i portoghesi, attardatisi a cavallo tra il XV ed il XVI secolo a consolidare i loro possedimenti nel continente asiatico, i primi europei a raggiungere il Giappone, anche se solamente nel 1544.

Le vicissitudini della spedizione Magellano (1521) e di quella di cui Adams era il pilota (1596) ci fanno comprendere quanto grandi fossero i rischi che comportavano. Venivano di conseguenza organizzate assembleando avventurieri di ogni provenienza. Questo spiega la presenza del soldato di ventura italiano Antonio Lombardo detto Pigafetta in una spedizione spagnola comandata da un portoghese ed anche la presenza di un pilota inglese in una spedizione olandese.

Ci lasciano anche immaginare quale possa essere stato l'impatto di ciurme di rozzi avventurieri con la raffinata civiltà giapponese. Ne troviamo eco risonanti nel genere artistico detto namban (barbari del sud) che conobbe ininterrotto successo per secoli.

Accanto alla ispirazione occidentale per oggetti artistici di vario tipo, ad esempio le armature o le guardie delle spade, molto popolare fu la produzione di stampe con rappresentazioni, grottescamente caricaturali eppure realistiche, di quegli strani individui rivestiti di sontuose vesti dall'aspetto molto poco pratico, e ricoperti d'oro ed essenze profumate ma refrattari al lavarsi.

Va quindi considerata la levatura dei primi ambasciatori dell'occidente. Il primo plenipotenziario della potenza portoghese, per la verità anche lui gettato casualmente dalla tempesta sulle coste di Bungo, nel 1544,  fu il pittoresco Fernão Mendes Pinto che venne presentato al depresso signore Otomo Yoshiaki feudatario di Bungo come divertente distrazione dai suoi tristi pensieri.

Abbiamo una idea delle fanfaronate di Pinto, soprannominato Minto (Mento) dai suoi compatrioti,  dal suo Peregrinaçam, un volume autobiografico che ne narra le imprese e i peregrinaggi. Nessuna meraviglia che i giapponesi si siano fatti una idea dell'occidente totalmente avulsa della realtà, e che abbiano accolto con estremo interesse un testimone oculare come William Adams, che per la prima volta li informava dell'esistenza di altre nazioni, altre religioni, altre usanze, altri obiettivi da raggiungere attraverso i contatti con il Giappone.

Se le informazioni sul mondo occidentale che Fernão Pinto aveva potuto o voluto fornire al signore di Bungo erano tuttaltro che esatte, non dobbiamo aspettarci che lo siano nemmeno quelle che lui riportò dal Giappone, e non per sua esclusiva colpa.

Abbiamo spiegato come fosse fortunosamente arrivato nel feudo di Bungo, senza alcun incarico esplorativo. Non ne sarebbe mai uscito prima di lasciare il Giappone. Non ebbe quindi alcun modo di comprendere che il potere imperiale della lontana capitale Kyoto era oramai ridotto ad un mero fantoccio mentre quello esecutivo, nominalmente ancora nelle mani degli shogun era anchesso decaduto al punto di essere completamente imbelle. Da circa mezzo secolo i più forti feudatari, beninteso quelli residenti in prossimità dei centri nevralgici, politici, economici e militari del paese, non certamente quelli dell'estremo sud, si dilaniavano per prenderne il posto.

I resoconti di Pinto e degli esploratori che lo seguirono parlavano solamente di una nazione ricca di bellezze e risorse naturali, abitata da uomini e donne di bell'aspetto, dai costumi sobri ma eleganti e dalla forte religiosità, per quanto dotati di improvvisa inspiegabile aggressività accompagnata da apparente disprezzo della vita umana.

Nel 1549, attirato da queste informazioni, sostanzialmente giuste per quanto vaghe, giungeva in Giappone per intraprendervi opera di evangelizzazione il gesuita Francis Xavier, discepolo di Ignacio de Loyola e tra i primi sette religiosi ad entrare nella Compagnia.

Viaggiando assieme a Pinto di ritorno da uno dei suoi viaggi ed Accompagnato come interprete da uno dei rari giapponesi espatriati, un certo Anjiro, raccomandatogli dallo stesso Pinto, prese terra a Kagoshima  nel feudo di Satsuma, nella costa meridionale dell'isola di Kyushu. Pinto era invece sbarcato sulla costa settentrionale a Bungo. 

Nel 1550 Xavier affrontò un duro viaggio verso la capitale Kyoto, ma le incomprensioni ed incomunicabilità tra due culture tanto diverse gli impedirono di progredire in quello che gli stava più a cuore: l'evangelizzazione del Giappone. Lo abbandonò nel 1551, provato nel fisico e nel morale, e scomparve prematuramente nel 1552, a 46 anni.

Se il tentativo di stabilire contatti spirituali con il Giappone non era decollato, i rapporti commerciali presero subito il volo. Il commercio con la Cina, essenziale per la sopravvivenza stessa del Giappone, era ridotto ad un esile ruscello per l'embargo decretato ai giapponesi sul continente dopo ripetuti episodi di pirateria. I portoghesi arrivarono esattamente al momento giusto per proporsi come intermediari commerciali tra il Giappone, la Cina e la Corea.

Inoltre già il fortuito arrivo in Giappone di Fernão Pinto aveva rivelato che l'Occidente aveva qualcosa di molto importante da offrire al Giappone, non manufatti e non materie prime ma tecnologia: le armi da fuoco.

In breve tempo gli armieri giapponesi furono in grado di fabbricare archibugi (teppo) in grandi quantità. Negli anni successivi la guerra per la conquista del potere si apprestava a giungere ad una fase risolutiva.

Partendo dal dominio montano del Kai il grande generale Takeda Shingen cercava di aprirsi la strada verso il Mare del Nord e il Mare del Sud, dividendo in due il Giappone in modo da poterlo controllare a suo piacimento. Il suo piano venne fieramente contrastato da Uesugi Kenshin signore di Echigo, che trovandosi sul mare del Nord era bersaglio naturale di Takeda, e da Oda Nobunaga che partendo dal feudo di Owari più ad ovest aveva mire espansionistiche incompatibili con quelle di Takeda.

Dopo la morte di Shingen il figlio Katsuyori ne proseguì la politica espansionistica, ma la invincibile cavalleria Takeda venne annientata nel 1575 dalle scariche dei fucilieri nella battaglia di Nagashino contro Nobunaga.

Il pretesto per lo scontro venne dato da un oscuro alleato di Nobunaga: Yeyasu Tokugawa del feudo di Tottori. Occupando il castello di Nagashino al confine con il Kai provocò la discesa in campo dei Takeda, fino ad allora estremamente prudenti nelle loro mosse.

Scomparso Nobunaga in un agguato, scomparso anche il suo successore Hideyoshi, fu Tokugawa che 25 anni dopo comandò 90.000 uomini contro l'armata dell'Ovest, di poco inferiore, sconfiggendola e divenendo Shogun. Parteciparono alla battaglia circa 20.000 archibugieri. I giappomesi avevano fatto un buon investimento rinunciando a tagliare la gola a quei naufraghi portoghesi del 1544.

Con l'intenzione di infrangere il monopolio portoghese nel 1598 una compagnia commerciale di Rotterdam armava una flotta di cinque navi, che vediamo in questa stampa risalente al XVI secolo: la Blijde Bootschap (Buona Novella), la Trouwe (Lealtà), la Geloof (Fede), la Liefde (Carità) e la Hoop (Speranza).

La Liefde era in origine chiamata Erasmus ed era ancora adornata a prua da una statua in legno del filosofo Erasmus da Rotterdam. Fu questa la sola nave che arrivò in Giappone, ma Clavell nel suo romanzo ha scelto di continuare a chiamarla Erasmus. Nella stampa è quella più in basso.

Lo scopo della missione era  come sappiamo di trovare una rotta alternativa che  permettesse di aprire rapporti commerciali tra l'Olanda e l'Estremo Oriente. Non tanto con il Giappone di cui all'epoca si avevano scarse notizie e quelle poche tenute accuratamente nascoste: a differenza che negli altri paesi dove si preferivano gli scambi i giapponesi pagavano in argento, di cui l'arcipelago era ricco.

Faceva parte della missione in qualità di pilota un inglese di 34 anni che aveva militato in precedenza nella flotta di sir Francis Drake: William Adams, destinato ad essere poi conosciuto in Giappone come Anjin: Pilota.

 


Secondo James Milton non esistono ritratti di William Adams, non sappiamo quindi come considerare quello presente in Wikipedia, la cui fonte non viene citata. Non ci sentiamo di escludere che sia autentico, non possiamo confermarlo. E' innegabile, per quello che vale,  una certa rassomiglianza con Richard Chamberlain (1934), l'attore statunitense che lo interpretò sullo schermo.

Nacque nel 1564 a Gillingham, un villaggio di pescatori nel Kent sulla costa orientale dell'Inghilterra, non lontano dall'estuario del Tamigi. Nel 1576, perso il padre, venne accolto come apprendista dal mastro d'ascia Nicholas Diggins in Limehouse, che si trova ora all'interno di Londra. Studiò a lungo anche astronomia e matematica, ritrovandosi al termine dell'apprendistato in condizioni di esercitare sia la professione di pilota che quella di mastro d'ascia.

Nel 1588 ottenne il suo primo comando sulla Richard Stiffield, una nave da trasporto addetta al rifornimento di armi e munizioni per la flotta inglese allestita per resistere all'invasione della Invincible Armada spagnola, che era comandata da sir Francis Drake, il primo inglese a ripetere l'impresa di Magellano e Pigafetta circumnavigando il globo terracqueo.

Ebbe poi diversi incarichi di comando per bastimenti civili e si sposò avendo due figli e rimanendo legato alla famiglia, cui inviò sempre sussidi dal Giappone. Ma se ne separò per sempre nel 1598 poiché dopo essere stato il primo inglese a raggiungerlo non abbandonò mai ppiù il Giappone.

Accettò in quell'anno l'incarico di pilota per la flotta olandese di cui abbiamo parlato, arruolandosi  assieme al fratello Thomas che doveva poi perire nel corso della spedizione. Fece buona impressione sul comandante della spedizione Jacques Mahu, e fu inizialmente assegnato al governo della nave ammiraglia Hoop. La flottiglia prese il mare il 24 giugno 1598.

Non devono meravigliarci le peripezie che dovette attraversare: anche imprese vittoriose tramandate nei secoli come quelle di Magellano o Drake dovettero pagare un prezzo altissimo. Nei primi mesi la flottiglia costeggiò l'Africa, cercando di rifornirsi di viveri prima di affrontare la traversata atlantica, ma un inconsiderato atto di forza contro una fortezza portoghese che rifiutava rifornimenti suscitò l'ostilità aperta dei già poco amichevoli padroni incontrastati di tutti i porti lungo la rotta.

Perso per malattia l'ammiraglio Mahu il comando venne assunto da Simon De Gordes, ma solo tre navi raggiunsero lo stretto di Magellano essendo stata la Buona Novella catturata dagli spagnoli, che ricoprivano in Sud America i ruolo di vigili guardiani che avevano in Africa i portoghesi mentre la Fede faceva ritorno a Rotterdam abbandonando l'impresa.

Varcare lo stretto non fu certamente facile: nei suoi primi incontri con Tokugawa, il futuro shogun, Adams mostrò una carta dello stretto indicando il percorso seguito, ricevendo ammirati complimenti per la sua abilità di pilota. Piloti capaci di affrontare il mare aperto e abili fabbricanti di navi da crociera erano esattamente quello che il Giappone andava cercando in quel tempo. Questo farà la fortuna di Adams, ma costituirà anche la sua gabbia dorata.

Nell'Oceano Pacifico le navi vennero separate dalle tempeste e solo dopo diverso tempo la Carità si ritrovò in un punto convenuto al largo del Peru con la Speranza. La Lealtà rimasta isolata e senza notizie delle altre navi raggiunse diversi mesi dopo l'Indonesia dove venne assalita e confiscata dai portoghesi. Le due navi superstiti decisero di tentare l'estrema risorsa di dirigersi verso il Giappone, che era solamente una delle mete alternative della missione, per sottrarsi alle ostilità degli spagnoli, ma lungo il tragitto la Speranza venne colata a picco in pochi minuti da una tempesta, senza che vi fossero superstiti.

Nonostante tutto, a distanza di quasi due anni dalla partenza, la Carità arrivò fino a Bungo, esattamente nello stesso porto di Oita ove quasi 50 anni prima era stato gettato dai marosi Fernão Pinto.

Quegli anni non erano passati senza conseguenze: una numerosa colonia gesuita aveva la sua base a Nagasaki, sull'altro versante dell'isola, ma gesuiti erano presenti ovunque ed avvistarono la nave che si dirigeva faticosamente verso il porto, pregando le autorità locali di soccorrere quei probabili naufraghi, senza probabilmente avvertire i loro superiori dell'evento data la distanza che li separava da Nagasaki. Non appena appreso che si trattava non di spagnoli o portoghesi come avevano immaginato ma di una spedizione olandese, cambiarono però immediatamente registro. Accusando i nuovi arrivati di essere pirati e nemici della loro fede e del loro popolo. Più che le risposte fornite da Adams alle autorità giapponesi fu probabilmente questa contraddizione dei gesuiti, che avevano fino ad allora sostenuto di provenire da un mondo ove regnava la pace e la concordia, ad allarmare i giapponesi.

La dinastia degli Otomo era tramontata, e sembra che il potere in Bungo venisse esercitato all'epoca da una sorta di brigante, ma che doveva comunque essere in qualche modo in contatto con le autorità legittime tantevvero che quasi immediatamente venne sostituito nel trattare la vicenda dal governatore della regione, Terasawa. Dopo 9 giorni di detenzione, in cui venne comunque trattato con rispetto, Adams venne prelevato ed inviato ad Osaka, diverse centinaia di chilometri più a nord, nell'isola principale di Honshu.

Venne lì sottoposto ad interrogatorio da parte di una persona che identificò, vista la sontuosità dell'apparato e dello stesso Castello di Osaka, impenetrabile fortezza che celava al suo interno un meraviglioso parco, come il re del Giappone.

Milton spiega invece che si trattava di uno dei 5 componenti del Consiglio degli Anziani che governava il paese dopo la morte di Toyotomi Hideyoshi, il cui figlio ed erede aveva solo 5 anni: Yeyasu Tokugawa. L'uomo che 25 anni prima aveva provocato la sanguinosa battaglia di Nagashino ponendo fine all'avventura dei Takeda.

Stava in quel momento terminando i preparativi per mettere in opera il suo piano: impadronirsi del potere assoluto. Dopo avere attirato dalla sua parte quanti poteva, riunendoli nella Armata dell'Est, si preparava ad affrontare i suoi nemici, dichiarati od occulti, che si stavano addensando sotto le bandiere della armata dell'Ovest.

La battaglia decisiva per le sorti del Giappone nei secoli venturi, quella di Sekigahara, si sarebbe combattuta sei mesi dopo.

Dobbiamo precisare prima di inoltrarci ancora che il testo di Milton offre numerosi spunti degni di approfondimento ma non può essere considerato un testo definitivo che risponda a tutte le domande, vuoi per un eccesso di semplificazione della complicata storia, vuoi per un sospetto di eccessive imprecisioni nelle traduzioni delle eterogenee fonti.

Yeyasu Tokugawa non faceva parte del Bugyo, il Consiglio degli Anziani, bensì del Tairo, Consiglio dei Reggenti che ne aveva molto ridotto attribuzioni e potere, causandone logicamente la forte opposizione. La figura più rappresentativa del Consiglio degli Anziani, Ishida Mitsunari, fu al contrario il più fiero nemico di Tokugawa e comandava l'Armata dell'Ovest a Sekigahara.

Il castello di Osaka non apparteneva a Tokugawa, che vi risiedeva in quel momento solo a causa della sua funzione di Reggente a sostegno dell'erede di Toyotomi Hideyoshi, Hideyori, fino al raggiungimento della maggiore età. Nel 1590, quindi 10 anni prima, gli erano stati assegnati da Hideyoshi i possedimenti degli sconfitti Hojo, con capitale Edo. Probabilmente lo stesso Adams non era al corrente di tutte le varie questioni dinastiche né si capisce perché avrebbe dovuto esserlo: doveva essere solo una fonte di informazioni e non era necessario ricambiarlo.

Milton cita dalle memorie di Adams scritte molto tempo dopo: «.. gli uomini ricevettero un nuovo messaggio.  "L'imperatore comandò che la nostra nave venisse portata nella parte più orientale del paese", ossia ad Edo». Il virgolettato è palesementte incongruo, non essendo mai stato Tokugawa imperatore nè avendo mai avuto intenzione o possibilità di divenirlo e lascia sospettare che Adams non sia mai stato informato nemmeno dell'esistenza di un imperatore residente a Kyoto. Senza dimenticare che Edo sì trova sì sulla costa orientale, ma esattamente come Osaka ed è quindi probabile che nemmeno gli sia stato consentito, pur essendo pilota o forse proprio per questo, di conoscere dettagliatamente la geografia del Giappone

Tornando a Tokugawa, costui discendendo alla lontana dalla famiglia Minamoto era l'unico dei capi militari dell'epoca che potesse legittimamente aspirare alla carica di comandante supremo politico e militare: shogun. Le due fazioni avverse erano destinate a scontrarsi sul campo. Il terreno destinato allo scontro era facilmente identificabile: a nord del Kinai, il distretto imperiale, là dove era possibile tenere contemporaneamente sotto controllo le tre strade che conducevano ai potenti feudi del nord: Tokaidô, Tosandô e Hokuridô. E lì avvenne la battaglia decisiva, a Sekigahara.

Quando Adams parla della decisione "dell'imperatore" di trasferirli ad Edo è probabilmente in occasione di un episodio importante dei preliminari di guerra: Tokugawa, attirato dalla ribellione di Uesugi Kakegatsu, figlio adottivo di Uesugi Kenshin che avevamo visto fiero avversario di Takeda Shingen alcuni decenni prima, abbandonò Osaka spostandosi ad est. Non appena fu partito MItsunari occupò Osaka tentando di consolidare il suo potere nelle regioni limitrofe, ma il suo piano non riuscì. Tokugawa tenne a bada la ribellione per mano dei potenti alleati Date Masamune e Mogami Yoshiakira senza allontanarsi dalla regione nevralgica anzi concentrandovi ingenti forze.

MIlton attribuisce alle armi prelevate dalla nave di Adams una influenza non trascurabile sulle sorti dello scontro, citando non meglio precisate fonti spagnole. Ma Tokugawa era una persona estremamente pragmatica, e si era già rifornito a sufficienza presso i portoghesi. Lui stesso a Sekigahara indossò una armatura occidentale di stampo chiaramente iberico.

Quasi 200.000 uomini si scontrarono a Sekigahara, tra cui circa 10.000 archibugieri. Non possono avere spostato alcun destino i 500 moschetti e 19 cannoni che facevano parte del carico della Carità e non abbiamo nemmeno prove certe che vennero utilizzati. La battaglia venne combattuta con continui capovolgimenti di fronte e in condizioni atmosferiche avverse, tra una fitta nebbia e con le truppe che affondavano in un viscido fango (Turnbull, Le battaglie dei samurai, Melita, p.108-122). In condizioni del genere era difficile lo schieramento delle artiglierie. Lo stesso problema avrebbe 2 secoli dopo impedito a Napoleone di utilizzarle al meglio nella battaglia di Waterloo, condannandolo alla sconfitta.

Del resto qui il resoconto di Milton non sembra all'altezza delle accurate ricerche e verifiche fatte altrove: si va con disinvoltura dal «Gli uomini erano addestrati a combattere fino alla morte, e le rese erano moto rare. Le truppe sconfitte preferivano suicidarsi che essere catturate» di p. 123 al «Le truppe di Yeyasu sentirono il profumo della vittoria e rinnovarono l'offensiva quando si accorsero che i nemici, terrorizzati, fuggivano a gambe levate guidati dal loro ignobile comandante» di p. 124.

Comunque sia, la battaglia si concluse con la completa vittoria dell'Armata dell'Est mentre Ishida Mitsunari, catturato qualche tempo dopo, si tolse la vita commettendo seppuku a Kyoto. Rifiutò sprezzantemente i frutti che gli venivano offerti in segno di rispetto prima dell'esecuzione della cerimonia, dichiarando che non voleva avere problemi di digestione.

Da allora in poi Tokugawa, che avrebbe assunto ufficialmente il titolo di shogun nel 1603, ebbe modo di pianificare con più calma il destino di William Adams. Qui si arresta il racconto di Clavell, e continua quello di Milton, ma con incolmabili lacune dovute alla insufficiente documentazione.

Adams non doveva mai più abbandonare il Giappone: aveva inizialmente manifestato il proposito di ritornare in patria e ricongiungersi alla sua famiglia (aveva una moglie ed una figlia), cui non dimenticò mai di inviare, o perlomeno tentare di inviare, dei sussidi. Scrisse a questo proposito numerose lettere per mettersi in contatto con gli armatori inglesi dislocati in patri o presso i possedimenti inglesi in Asia, ma  non ne ebbe sotanzialmente risposta.

Viene con forse eccessiva disinvoltura attribuita a Yeyasu Tokugawa un esplicito divieto al ritorno di di Adams in patria. In realtà non ne abbiamo alcuna prova documentale: le suppliche di Adams al suo signore, che per il resto gli assegnò una proprietà ad Hemi con relative rendite e lo trattò sempre con riguardo, non potevano essere che platoniche: Tokugawa non disponeva di navi ed equipaggi ben formati che potessero consentire il ritorno di Adams in patria, i tentativi dello stesso inglese di allestire una flottiglia in loco non dovettero andare a buon fine, se nel corso di alcuni viaggi successivi dovette fare ricorso ad imbarcazioni continentali.

In realtà, quando ne ebbe finalmente l'occasione, fu lo stesso Adams a rinunciare al ritorno in patria. L'occasione gli venne fornita dall'arrivo di una missione commerciale inglese, che si stabilì dapprima a Bungo ed aprì poi un fondaco ad Hirado grazie alla intermediazione di Adams.

Nonostante gli sforzi di Adams tuttavia i rapporti tra l'Inghilterra ed il Giappone non dovevano mai decollare, e le stazioni commerciali vennero abbandonate nel 1623. Adams era scomparso 3 anni prima, lasciando i suoi averi alla famiglia inglese. Quella che si era intanto formata in Giappone venne confermata dai successori di Tokugawa Yeyasu nel possesso della tenuta di Hemi. Se ne perdono in seguito le tracce.

La memoria è però ancora viva: Una località di Tokyo è nota come Anjin-cho (il quartiere del Pilota), e ogni anno un festival in suo ricordo, l'Anjinsai, viene tenuto a Shizuoka nella città di Ito, con la partecipazione della Ambasciata d'Inghiterra che seleziona tra gli addetti militari chi debba impersonare nella sfilata storica William Adams.

 


La vicenda umana di William Adams è straordinaria e merita tutta la nostra attenzione. Il suo impatto sulla storia dei rapporti tra occidente e Giappone è stato tuttavia inferiore alle potenzialità e lo stesso rapporto con lo shogun Tokugawa è stato con ogni probabilità meno stretto di quanto potrebbe far pensare la lettura del romanzo di Clavell.

Abbiamo visto infatti come non potesse avere grande interesse il carico di armi trasportato dalla nave con cui Adams toccò terra a Bungo nel 1598: già nella generazione precedente la grande battaglia di Nagashino era stata decisa dalle armi da fuoco, e lo stesso Takeda Shingen perse la vita presumibilmente per gli esiti di una ferita da arma da fuoco.

Il suo ruolo di controinformatore ai danni dei gesuiti è stato amplificato proprio da questi ultimi, alla ricerca di una giustificazione per un insuccesso dovuto principalmente al'approccio coloniastico da loro avuto nei confronti di una civiltà millenaria, solo temporaneamente corretto dalla grande personalità dell'italiano Alessandro Valignano che aveva imposto ai religiosi di studiare la cultura giapponese e di adeguarsi ai costumi locali senza dare sciocca esibizione di quelli molto più rozzi propri degli europei dell'epoca.

Non è infatti pensabile, come riportano molti commentatori, che informazioni dettagliate sulle controversie teologiche tra cattolicesimo e protestantesimo provenissero da un marinaio inglese.

Adams era certamente assieme ai connazionali inglesi ed agli olandesi un testimonio attendibile delle divisioni insanabili di una cultura che si cercava di far passare come indissolubilmente unita dal credo cattolico, ma il suo grado di attendibilità su motivazioni, ragioni e torti venne reso nullo dalla guerra che doveva scoppiare non molti anni dopo tra Inghilterra ed Olanda che erano stati millantati come alleati inseparabili.

Il ruo ruolo infine di pilota rimase un progetto mai realmente attuato, per quanto accantonato per ogni evenienza. La sua conoscenza delle rotte e delle tecniche di navigazione avrebbe potuto tornare utile in occasione di un invio di flotte giapponesi sulle rotte oceaniche, che non avvenne mai. Nemmeno le sue conoscenze in materia di costruzioni navali furono sufficienti per l'allestimento di battelli adatti a navigare sugli oceani. Era probabilmente dotato delle capacità tecniche di esecutore ma non di quelle di progettista.

Le ragioni portanti del suo fondamentale insuccesso vanno però ricercate presso i suoi connazionali. Abbiamo già accennato al loro arrivo in Giappone: nel 1603 una compagnia commerciale aveva aperto un fondaco a Bantam, nell'isola di Giava, con l'intenzione di allargare man mano il suo raggio di influenza.

Adams, che tentava all'epoca di mettersi disperatamente in contatto per lettera con i suoi connazionali nel tentativo di rimpatriare, non ne venne tuttavia a conoscenza: le sue lettere non venivano consegnate dagli "amici" olandesi cui le affidava, tuttaltro che interessati ad attirare nuovi concorrenti.

Questa mancanza di informazioni doveva portare anche i nascenti progetti inglesi al fallimento. Nel 1611 venne approvato un progetto per l'invio della nave Globe in Giappone, facendo scalo a Bantam. La missione era approvata dal re Giacomo primo, che le aveva affidato una lettera per l'imperatore del Giappone.

Dal punto di vista commerciale però non vi era alcuna possibilità di successo: le navi inglesi imbarcavano merci che non erano di alcun interesse in Giappone; la mancanza di una rete di comunicazioni commerciali e l'ambiguo comportamento degli alleati olandesi avrebbero poi impedito di trovare alternative.

E ancora una volta poi gli uomini incaricati di svolgere la missione erano gravemente inadeguati al compito di fare da tramite nell'incontro di culture differenti: i loro obiettivi erano esclusivamente mercantili, ma anche in questo fallirono mancando di professionalità e spesso di correttezza nei rapporti con gli altri e perfino tra di loro.

A Bantam finalmente arrivarono a destinazione alcune delle lettere di Adams ed iniziò con immaginabili difficoltà vista la grande distanza, uno scambio di corrispondenza in cui il pilota incoraggiava i suoi connazionali ad approfittare delle ricche opportunità commerciali offerte dal Giappone. Nel 1612 una nave battente bandiera inglese: il Clove al comando di John Saris, che era relatore di altre missive di re Giacomo.

Nel giugno 1613 il Clove entrava nel porto di Hirado, un'isola all'estremo sud del Giappone. Consegnando al feudatario locale, Shigenobu Matsura che venne sbrigativamente ribattezzato re Foyne degli inglesi, una delle lettere del re, si sentì rispondere (disponeva come interprete di uno spagnolo con qualche dimestichezza delle lingue orientali) che la lettera sarebbe stata aperta solo all'arrivo del pilota  che era l'unica persona in Giappone in grado di decifrarla. Fu così che per la prima volta dopo 13 anni William Adams prese di nuovo contatto con altri inglesi.

Con grande sorpresa di questi, si era ormai ambientato al punto non solo di vestire alla giapponese ma anche di avere preso abitudini giapponesi in tutto. Rifiutò infatti la loro ospitalità per alloggiare presso un conoscente. Le sue capacità di adattamento avrebbero dovuto essere sfruttate meglio: invano, accompagnando una delegazione inglese ad Osaka per presentarla allo shogun, diede minuziose istruzioni sulla etichetta giapponese e sul protocollo di corte. I suo consigli vennero ignorati da Saris, che nemmeno fu in grado di rendersi conto che le diplomatiche e dilatorie risposte dello shogun erano equivalenti a netti rifiuti, motivati dalla cattiva impressione che suscitavano i modi degli ambasciatori e dallo stesso tono della lettera di re Giacomo, scritta da persone evidentemente ignare delle forme di cortesia in uso in un paese per loro completamente sconosciuto.

La presenza inglese sul suolo giapponese venne quindi di fatto tollerata ma non particolarmente agevolata. Lo stesso Adams, rendendosi conto di non essere capace di riadattarsi al mondo da cui proveniva, lasciò cadere la proposta di un passaggio sulle navi inglesi per riportarlo in patria. Si sarebbe trattato di un viaggio molto lungo, da uno a due anni, in compagnia di personec on cui non si trovava - non più - a proprio agio.

Accettò comunque un ruolo di consulente per la delegazione commerciale inglese in Hirado, ma non sembra in realtà che i suoi consigli venissero ascoltati. Invano consigliò di spostare la delegazione da quella piccola isola lontanissima dalle principali vie di comunicazione alla baia di Uraga, non lontana dalla capitale amministrativa Edo.

Le difficoltà economiche del fondaco inglese furono un ostacolo insormontabile, essendovi nei magazzini merce prevalentemente invendibile all'epoca in Giappone anche quando di alto valore nominale, come i chiodi di garofano. Le distanze che separavano il Giappone dalla madrepatria erano inoltre troppo grandi per poter chiedere rifornimenti o sovvenzioni ma anche per dare tempestivamente informazioni e ricevere istruzioni.

Alcuni dei membri del fondaco ignorarono disinvoltamente il divieto di commerciare in proprio, acumulando fortune di molto superiori ai beni del fondaco stesso e alla eredità che doveva lasciare alla sua morte Adams. Per completare il quadro, occorre ricordare che i rapporti con gli olandesi, mai buoni, si ruppero del tutto in occasione della guerra tra le due nazioni.

Il 22 dicembre del 1623 la delegazione inglese rimpatriava mestamente abbandonando Hirako. Adams era scomparso poco prima per una malattia probabilmente contratta durante uno dei suoi viaggi commerciali, non infruttuosi ma eseguiti su incarico dei giapponesi e non dei suoi compatrioti.

Del resto né i loro rivali né momentanei alleati ebbero sorte molto migliore: i gesuiti erano stati espulsi dal Giappone già da tempo e la religione cattolica interdetta, anche se gi ultimi focolai di resistenza vennero soffocati soltanto diversi anni dopo.

Gli olandesi vennero autorizzati al mantenimento di una sola stazione commerciale nell'isola artificiale di Deshima (Dejima, nel porto di Nagasaki) ed un lmitato numero di navi vi poteva attraccare ogni anno.

Il Giappone aveva deciso di chiudersi definitivamente ad ogni contatto: nonostante tutto, che non mancarono tensioni sociali, carestie ed altri momenti di emergenza quel periodo viene ricordato come una sorta di Età dell'oro.