Testi tecnici

testiLa tecnica non è tutto nell'aikido, nessun genere di arte si esaurisce in un mero gesto tecnico. Tuttavia la tecnica non solamente è necessaria ma è propedeutica al raggiungimento di un livello tale che si possa definire artistico. Senza tecnica non solo non si va lontano, non si è nemmeno in grado di iniziare. Non saranno però privilegiati in queste recensioni solamente i testi che spiegano o tentano di spiegare come praticare aikido, ma piuttosto di preferenza quelli che proporranno risposte a un quesito più importante: perché praticare aikido, e verso quali mete tendere attraverso la pratica dell'arte.

 

 

 

Stevens J.: La via dell'Armonia

Stevens J.: Aikido - The Way of Harmony (La via dell'armonia)
under the direction of Shirata Rinjiro
Shambala, 1984
Edizioni Mediterranee, 1992

 

John Stevens è noto a chiunque abbia deciso di approfondire sui libri la sua conoscenza dell'aikido per la sua vasta produzione, che varia dalla ricerca storica alla illustrazione dei principi filosofici ed etici su cui Ueshiba Morihei aveva deciso di fondare la sua arte. E' meno noto ai praticanti  più giovani il nome del maestro Shirata Rinjiro. Iniziò la pratica dell'aikido nel 1931, immediatamente dopo il suo trasferimento a Tokyo, all'età di 19 anni. Divenuto ben presto insegnante ed una delle figure portanti dell'Honbu Dojo di Tokyo, scomparve nel 1993.

 

 

 

Leggi tutto: Stevens J.: La via dell'Armonia

Shioda Gôzô: Dynamic aikido

Dynamic aikido

Gôzô Shioda

Kodansha, 1968

Edizione italiana:

Aikido dinamico. Tecniche di base e applicazioni pratiche

Edizioni Mediterranee, 1998

Traduzione: Velia Cimino e Franco Martufi

 

Nelle parole di Shioda "L'aikido non è uno sport ma un budo. Si sconfigge l'avversario o si viene sconfitti. Non ci si può lamentare se esso non segue le regole. Occorre prevalere sull'avversario nella maniera più appropriata ad ogni situazione".

Leggi tutto: Shioda Gôzô: Dynamic aikido

Nocquet A.: Maitre Morihei Uyeshiba - Présence et message

Maître Morihei Uyeshiba

Présence et message

1986, Guy Trédaniel Éditeur 354 p.

 

 

 

 

 

 

Nato nel 1914 e scomparso nel 1999 André Nocquet è stata una figura chiave nella diffusione in Europa, oltre che naturalmente in Francia, delle arti marziali giapponesi e dell'aikido. Praticò da adolescente nel collegio di Saint-Maixent-l'Ecole la lotta greco-romana; alcune biografie indicano invece il ju-jutsu ma sembra improbabile che questa arte venisse insegnata o praticata in un collegio francese di provincia. Iniziò sicuramente lo studio del ju-jutsu nel 1937 a Parigi con Moshé Pinchas Feldenkrais (1904-1984), che era stato l'anno precedente uno dei primi occidentali ad ottenere il grado di shodan nel judo, e poi con Mikonosuke Kawaishi (1899-1969), inviato del Kodokan in Europa. Feldenkrais e Kawaichi furono poi nel 1947 tra i fondatori della Federazione Francese di Judo.

Tra quei precursori ci fu anche Nocquet: Il suo diploma di cintura nera di judo portava il n. 56, mentre nel 1987 - ossia 40 anni dopo al momento di dare alle stampe il libro - la Federazione aveva rilasciato oltre 15.000 diplomi. Negli anni 40 e 50 Nocquet divenne un insegnante di judo e ju-jutsu di buona reputazione e nel 1955 venne selezionato dal governo francese per una missione culturale in Giappone, allo scopo di identificare qualificati insegnanti in grado di far conoscere la cultura giapponese in Francia. Rimase in Giappone circa 3 anni e forte dell'appoggio ufficiale del suo governo e di lettere di presentazione dei vari insegnanti giapponesi in Francia venne ammesso come uchideshi presso l'Honbu Dojo di Tokyo ove seguì le lezioni del grande maestro Ueshiba Morihei (nel titolo del libro viene utilizzata la grafia Uyeshiba seguendo le regole di trascrizione adottate in Francia). Nocquet si era accostato all'aikido sul finire degli anni 40 sotto la guida di Minoru Mochizuki prima e di Tadashi Abe poi.

Avendo in Giappone necessità di un traduttore si avvalse dell'opera di Itsuo Tsuda (1914-1984), che aveva vissuto in Francia prima della guerra e in quegli anni seguiva il metodo di cura del corpo e della mente di Aruchika Noguchi: il seitai. Sicuramente Nocquet, data anche la dimestichezza con Feldenkrais, che aveva sviluppato il noto metodo di autodisciplina che da lui prende il nome, era interessato alle competenze di  Tsuda, mentre questultimo rimase estremamente impressionato dalla personalità di Ueshiba e dalle potenzialità dell'aikido, di cui era del tutto ignaro.

Sarà utile sicuramente riportare almeno uno dei preziosi documenti pubblicati nell'opera: la lettera indirizzata da Tsuda a Nocquet nel luglio 1955, immediatamente dopo avere assistito ad una dimostrazione di aikido tenuta dal maestro Ueshiba.

Je suis estrêmement heureux que la chance m'ait favorisè d'assister à une démonstration d'Aïki , par le vieux Maître lui-même.

Je suis enchanté de faire votre connaissance.

En entendant le vieux Maître expliquer, je ne pouvais pas bien comprendre son système.

Mais quand je suis rentré chez moi, avec un peu de loisir, la solutione venait d'elle-même, sans effort, comme par magie. Maintenant, je crois être en mesure de vous expliquer pas mal des choses.

Je ne crois pas qu'aucune philosopie européenne soit capable d'expliquer aujourd'hui ces principes de paix. On le confrondra aisément avec la notion vulgaire de « l'art de défense ».

On est enclin à retomber si l'on néglige le côté spirituel de cet art sublime.

Il est à souhaiter que non seulement vous en acquierez les techniques, mais ques vous en atteigniez l'esprit. Vous pourriez rapporter en France un présent inestimable d'un monde nouveau. Je vous salue avec déférence.

Itsuo Tsuda

Fu così che Tsuda iniziò anche lui, benché non più giovane, aveva 41 anni, la pratica dell'aikido presso l'Honbu Dojo. Del resto anche Nocquet, suo coetaneo, non era esattamente quel  "jeune Français [qui] quitte famille, amis, pays pour aller seul s'enfermer prés de trois ans, dans un Dojo de Tokyo" descritto nella quarta di copertina. E fu così infine che al suo ritorno in Francia Nocquet era accompagnato da Tsuda, che doveva rimanervi fino alla morte per insegnare seitai, katsugen undo ed aikido, secondo il suo metodo particolare che viene definito talvolta come la scuola della respirazione e di cui abbiamo parlato altrove.

Chi cercasse in questo libro spiegazioni tecniche non ne troverà, ma questo è il suo pregio principale più che il limite.

Limitandosi ad un discorso strettamente tecnico, abbiamo il dovere di ricordare che le credenziali esibite da Nocquet al suo ritorno in Francia vennero contestate dallo stesso Honbu Dojo, che di fatto lo estromesse dal numero degli insegnanti accreditati.

I filmati girati a cura dello stesso autore negli anni 60 mostrano un aikido che ha superato solamente di poco la fase embrionale, rimanendo la maturità tecnica ancora di là da venire.

Nocquet visse comunque una straordinaria avventura umana, fu un coraggioso pioniere che si aprì a fatica la strada rendendo possibile e più agevole il percorso a quanti sarebbero venuti dopo di lui.

 

Il testo fu pubblicato nel corso degli anni in diverse edizioni e con diverse case editrici a causa delle irrequiete peregrinazioni dell'autore in differenti associazioni e federazioni, che ebbero termine solo con l'entrata, con ampi margini di autonomia, nella Associazione diretta da Tamura sensei (1933-2010), nella quale doveva rimanere fino alla sua scomparsa e in cui sono ancora attivi i suoi discepoli.

La parola stampata è relativamente limitata rispetto al materiale iconografico, di eccezionale importanza storica e di notevole qualità grafica. E' tuttavia anchessa materiale di studio per praticanti ed insegnanti.

Vengono riportate in tutto 66 citazioni, presumibilmente delle conferenze settimanali tenute dal fondatore presso l'Honbu Dojo e tradotte in francese da Itsuo Tsuda. Mancano purtroppo del tutto sia per le foto che per gli scritti indicazioni sulle date e sulle circostanze in cui vennero raccolti questi documenti, e da chi, e sulle persone presenti nelle foto.

D'altra parte è in epoche più recenti che si è fortunatamente iniziato a dare la dovuta importanza a criteri di documentazione più rigorosi e dettagliati.

Dopo una breve Conclusione in cui si ricorda opportunamente che l'insegnamento dell'arte è veicolato soprattutto attraverso la trasmissione diretta da maestro a discepolo, e che l'aikido in particolare richiede di "catturare l'attimo presente" più che di affidarsi a studi su quanto avvenuto in passato, una serie di appendici tematiche rappresenta la parte più importante in termini testuali:

 

Exposé de Takuan

Qu'est que c'est le « Ki »

Comment utiliser le «Ki » ?

AÏki-do

Le pouvoir de l'esprit

AÏki-do et non violence

 

Questultimo saggio è suddiviso a sua volta in 5 parti:

 

I    AÏki-do et légitime défense

II   Origine et esprit del 'AÏki-do

III  Méthode et valeur del l'AÏki-do

IV  Spécificité de l'AÏki-do

V   Conclusion

 

Ad onta del titolo che lascia immaginare una identificazione dell'aikido come metodo di difesa personale, il primo capitolo tratta semplicemente in modo succinto della legislazione francese in materia di autodifesa. Fortunatamente nei capitoli successivi si parla dell'arte soprattutto come metodo di superamento delle proprie angosce e dei propri limiti personali.

Un ultimo capitolo, purtroppo afflitto da severi errori di battitura sfuggiti alle correzioni (vi si parla di autorità di occupazione americane dopo la prima guerra mondiale) tratta della

Histoire de l'atemi-jutsu au Japon

E' redatto sulla base di un articolo scritto da Nocquet durante la sua permanenza in Giappone usufruendo della consulenza di due grandi esperti presentati da Ueshiba in persona, di cui tuttavia non viene fatto il nome.

L'arte di vibrare colpi per indebolire l'avversario, paralizzarlo ed in casi estremi ucciderlo, sarebbe stata trasmessa in Giappone intorno all'anno 1000 da monaci provenienti dalla Cina, che utilizzavano queste tecniche a scopo terapeutico applicando dei moxa (minuscoli carboni ardenti) in precise parti del corpo. Solo successivamente quegli stessi punti vitali vennero utilizzati a scopo offensivo mediante percussione.

Conobbe un ulteriore sviluppo molti secoli dopo, verso gli inizi dell'epoca Edo, con l'insegnamento di un altro monaco guerriero cinese, Ching Gen Pin,  cui si aggiunsero gli studi di numerosi medici giapponesi, ed un picco di popolarità con la proibizione dell'uso della spada (quindi sul finire dell'800, risalendo l'haitorei al 1876) per poi rapidamente decadere essendosi il Giappone orientato definitivamente allo studio ed assimilazione della cultura occidentale abbandonando molte sue tradizioni.

N.d.R.:

In questa ricostruzione, non sappiamo quanto basata su documenti e quanto su trasmissione orale, manca l'immancabile riferimento al monastero di Shaolin, cui si vuole far risalire praticamente ogni tecnica di arte marziale. Pur non escludendo questa genealogia sembra lecito dubitare che intorno all'anno 1000 Shaolin fosse l'unico monastero cinese, o l'unico ove si studiassero tecniche curative e di combattimento.

Chin Gen Pin (più conosciuto come Chin Yuan Pin o con altre trascrizioni ancora) fu un artista ceramico vissuto a cavallo tra il XVI ed il XVII secolo che si trasferì a Tokyo ove insegnò le tecniche di combattimento di cui era a conoscenza ai samurai Hishiroemon Fukuno (fondatore dello shorin-ryu, nome che effettivamente lascia immaginare un collegamento con Shaolin), Yushiemon Miura (kito ryu) e Irozaiemon Isami. L'epoca coincide con la distruzione del tempio e la diaspora dei discepoli, lo sfondo storico di questa ricostruzione è quindi coerente.

 

Concludiamo con una citazione del grande maestro Morihei Ueshiba per definire l'aikido, riportata a pagina 271, che taglierebbe corto con molte discussioni (che continueranno tuttavia ad imperversare):

C'est une question de coeur.

 

 

 

 

 

Perry S.: Remembering o sensei

Remembering o-sensei

Living and training with Morihei Ueshiba, Founder of Aikido

Edited by Susan Perry

Shambala 2002

 

Non è un libro tecnico nel senso più stretto della parola, ma è comunque un testo interessante sia per i cultori di arti marziali in genere sia per i praticanti di aikido desiderosi di conoscere qualcosa di più sulla personalità del grande maestro (o sensei) Morihei Ueshiba, il fondatore dell'aikido.

Non si tratta dell'ennesima biografia, ma di una serie di testimonianze rese da persone che lo hanno conosciuto, ed è bene che queste memorie siano state fissate sulla carta ora che diversi decenni sono passati dalla sua scomparsa.

Nella breve prefazione Moriteru Ueshiba, attuale doshu, così auspica: " Sono sicuro che questo libro aiuterà la gente a comprendere propriamente e profondamente lo spirito del'aikido insegnato dal Fondatore. E' mia sincera speranza che questo libro abbia una influenza positiva sui praticanti di Aikido sparsi nel mondo."

L'aikido è - come ricorda l'editrice del libro - un'arte in costante evoluzione. E' quindi particolamente importante ritornare spesso a riflettere sulle sue origini e sulle intenzioni del grande maestro che lo ha fondato, per non correre il rischio di involuzioni piuttosto che evoluzioni. Secondo la tesi riportata nella premessa Morihei Ueshiba era allo stesso tempo un insegnante gentile ed appassionato al suo lavoro e un guerriero forte e spietato, e questa apparente contraddizione interna rende affascinante lo studio del suo percorso di vita.

Finiscono qui le opinioni di chi non ha avuto la ventura e la fortuna di conoscere il Fondatore, ed iniziano le testimonianze di chi ha condiviso con lui parte della propria vita. Il primo narratore è il maestro Kenshiro Abe, il primo ad introdurre l'aikido in Europa, dopo che nel 1957 il Fondatore informò per lettera i suoi discepoli residenti all'estero che erano autorizzati ad insegnare quanto sapevano.

Abe era allora un giovane campione di judo, orgoglioso della sua fama, e non riconobbe la persona anziana che sedeva di fronte a lui nello scompartimento del treno, fissandolo con attenzione e chiedendogli se si erano già conosciuti. Saputo di avere di fronte il campione assoluto di judo del Giappone il vecchio - che era naturalmente Morihei Ueshiba - attaccò a parlare, nonostante la reticenza di Abe che alla fine gli chiese esplicitamente di starsene zitto per farlo riposare prima della gara. Sorprendentemente Ueshiba replicò che si sarebbe azzittato immediatamente se Abe fosse riuscito a rompergli il mignolo, che gli offerse. Il resto è prevedibile: atterrato senza sapere come, Abe si scusò e chiese di essere ammesso a ricevere l'insegnamento di o-sensei. che seguì incessantemente per circa 10 anni.

Non mancano nel libro testimonianza, più o meno lunghe, di personaggi che hanno fatto la storia dell'aikido e delle arti marziali moderne: Minoru Mochizuki, Morihiro Saito, Shoji Nishio, Shigenobu Okumura, Uiichi Nakaguchi, Nobuyoshi Tamura e troppi altri per menzionarli tutti.

La più inconsueta probabilmente è quella di Ayako Ishiwata, della ditta Iwata che tradizionalmente fornisce l'Hombu Dojo e la famiglia Ueshiba di keikogi, hakama e quanto altro serve per la pratica. Era la prima volta in vita sua che incontrava il maestro: da tanti anni cuciva i keikogi, ma senza sapere assolutamente nulla di lui: si trovava lì per una consegna e solo per caso arrivò durante l'orario della lezione. L'attenzione ed il rispetto che gli portavano gli studenti erano impressionanti perlomeno quanto il suo aspetto e la sua postura. Era temibile sul tatami, gentile ed affabile al di fuori.

Il libro ovviamente è in inglese, ma vale la pena di un po' di sforzo.

 

 

 

 

 

Montevecchi: Ukemi

Montevecchi: Ukemi

Studio e didattica nello studio delle tecniche di caduta utilizzate nell'aikido (con dvd)

Il Cerchio, 2014

 

Non è necessario chiedersi alla don Abbondio "Montevecchi, chi era costui?". I frequentatori di questo sito infatti lo conoscono già, e possono leggere o rileggere alcuni dei suoi articoli quiqui oppure qui.

 

 

 

 

Ma è giunto il momento di aggiungere una succinta nota biografica. Praticante di aikido di lunga data, attualmente responsabile del dojo Aikidomus di Rimini oltre che dell'Aikikai di San Marino, ha il grado di 6. dan.

Oltre all'aikido i viaggi rappresentano un'altra sua grande passione, che a volte riesce a far coincidere felicemente con l'aikido, come possiamo leggere qui.

I suoi articoli sia sulla rivista Aikido che su questo sito non mancano mai di sorprendere il lettore per la loro originalità..

Qui lo vediamo in altra veste: quella del professionista di scienze motorie che apre un nuovo capitolo nelle tecniche di preparazione, e nella preparazione alle tecniche, di ukemi, ossia cadute: elementi basilari nello studio e nella pratica dell'aikido.  

Qualcuno potrebbe credere che la materia sia tutto sommato banale, e che basti mettersi davanti ad una videocamera selezionando poi le sequenze riuscite meglio per dopo condirle con qualche commento appropriato ottenendo così il libro già pronto per la stampa.

Tuttaltro: avendo avuto occasione di esaminare in anteprima le bozze, sia del dvd che del testo, lo posso non solo affermare ma anche testimoniare.

Oltre alla bozza su cui sto ripassando la lezione, che è ospite del mio tavolo da lavoro da diversi mesi, sto ricorrendo anche ad un master del dvd  allegato che porta sulla copertina la data, a penna, del 21 maggio 2013.

Da allora, prima della disponibilità del prodotto finale in libreria, oltre che tanta acqua sotto i ponti è passato quasi un altro anno.

Un anno di ulteriori modifiche, aggiustamenti, precisazioni.

Questo spiegherà anche le eventuali piccole differenze che emergessero dal confronto fra questa recensione e gli esemplari acquistati. Una copia del libro è già disponibile presso il recapito del vostro recensore, ma lui si trova come al solito in viaggio e di conseguenza non l'ha potuta ancora consultare.

Ma andiamo avanti...

Prima di tutto una doverosa precisazione per i non addetti ai lavori: la pratica dell'aikido si svolge mediante la ripetizione di tecniche di simulazione di difesa da vari tipi di attacco, che terminano con il controllo a terra (osae) dell'attaccante da parte del difensore oppure con il suo sbilanciamento e conseguente caduta (ukemi) che può essere anche molto dinamica e - diciamolo pure - spettacolare.

Questo non significa che essere obbligato e in qualche modo forzato alle ukemi sia sgradevole, costituisce anzi spesso uno dei lati più divertenti della pratica. Lo testimonia anche un precedente articolo di Montevecchi in cui si introduceva il tema qui sviluppato fino in fondo e che si intitolava appunto Le ukemi. il bello dell'aikido (Aikido XL, gennaio 2009, p. 48).

 

Innanzitutto Montevecchi ha finalmente introdotto una terminologia che permette di identificare i differenti tipi di caduta e poco (o nulla) importa che qualcuno dei pochi che ne avevano nozione possa trovarla ora differente. E' il mio caso ad esempio: quella che io ho sempre sentito denominare gyaku ukemi (caduta incrociata in avanti) nel testo diventa kosa ukemi.

E' inevitabile che ci siano queste difformità, una volta le cadute si imparavano cadendo, di conseguenza non aveva grande importanza classificarle e studiarle a tavolino, non esisteva una terminologia condivisa, ognuno dei nostri maestri aveva la sua (e questo non vale solo per le ukemi)..

Da vecchio (e ormai spelacchiato e sdentato) lupo del tatami ho osservato anche alcune differenze rispetto alle impostazioni che ho ricevuto dai miei maestri, e ne ho anche discusso con l'autore. Non sono (ripeto: non sono) differenze che creino problemi. Questo sia perché nell'apprendimento alla cadute si possono anche avere finalità differenti a seconda della platea di praticanti cui ci si rivolge, e poi perché anche qui i tempi sono cambiati: io provengo ad esempio da un sistema in cui i praticava tutti i giorni e non erano previsti particolari riguardi per i principianti, per cui non esistevano corsi specializzati ed erano gettati fin dal primo giorno nella mischia lasciando a loro il compito di sopravvivere in qualche modo, salvo poi chiedersi - ma a posteriori - come e perché.

Ora un sistema alla Montevecchi, ma io già proporrei di chiamarlo il sistema Montevecchi si impone.

Solo un breve accenno, prima di lasciare che i potenziali lettori, praticanti ad ogni livello ma anche e soprattutto insegnanti, affrontino lo studio di questo testo:

Prendo come esempio la caduta in avanti di base, ossia il mae ukemi (caduta rotolata ritornando nella posizione di partenza); viene curata da Montevecchi nel testo, ovviamente corredato degli opportuni corrispondenti video nel dvd, suddividendola in queste tematiche:

  • Impostazione del rotolamento sul dorso in avanti
  • Errori più comuni
  • Esercizi correttivi di alcuni errori mostrati
  • Mae Ukemi da posizione in piedi
  • Passaggio dalla posizione in ginocchio alla posizione in piedi
  • Esercizi
  • Esercizi avanzati

Vengono allo stesso modo esaminate, scomposte in ogni loro componente e riassemblate secondo logica le 8 forme fondamentali di ukemi.

Segue dopo il consueto glossario, sempre necessario in ogni testo tecnico, un utile appendice di orientamento dedicata a Assi e piani di riferimento spaziale.

Ma vorrei concludere questo breve esame del testo, non recensione perché non si recensiscono le lezioni e questa lo è, riportando fedelmente la chiusura di Ugo Montevecchi:

 

 

 

 

 

 

L'ultima sequenza del DVD allegato riporta unicamente il saluto, così come normalmente lo si realizza all'inizio e alla fine di una lezione di Aikido. Questo mio saluto è rivolto a tutti quegli sportivi, ai marzialisti, ai praticanti di Aikido principianti ed avanzati ed ai loro Maestri, che hanno acquistato e spero apprezzato questo manuale. A tutti voi auguro di trarre il massimo profitto dal mio lavoro e a tutti voi rivolgo il mio rispettoso saluto.

"Domo arigatou gozaimashita!"

E unitamente al saluto un incitamento, una raccomandazione e un augurio.

Con impegno, costanza e perseveranza.

"Buon allenamento!"

 

Maestro Montevecchi Ugo

 

 

Cookies