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Sappiamo che le occasioni di apprendere dalle conoscenze del maestro Fujimoto si sono fatte più rare. Forse proprio per questo sono cresciute di intensità: sembra volerci mettere ancora qualcosa di più del tanto che ci aveva abituato a vedere. Anche la concentrazione e l'intensità con la quale i praticanti lo seguono sembrano essere molto aumentate.

Fujimoto sensei ha impostato gran parte della sua lezione sopra le tecniche in ushirowaza.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Anche lui ha richiesto di preparare con la massima cura la fase iniziale di ogni tecnica.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Portandola poi alla conclusione seguendo un processo allo stesso tempo logico e naturale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ogni tecnica inizia con una presa di contatto, in cui il compito di tori è sopratutto di sottrarsi alla situazione di potenziale pericolo o attacco reale.

lo fa mediante adeguati ashisabaki, uscendo dalla traiettora che intende seguire uke.

L'energia sprigionata da questultimo non viene arrestata - non in questo seminario - ma pilotata verso una zona neutra.

Il movimento degli arti superiori è il necessario complemento agli spostamenti sul terreno: protegge tori e condiziona i movimenti di uke.

Nella fase successiva l'energia di uke che, sia essa ostile o semplicemente incontrollata ed inutile non deve essere in condizioni di rivolgersi verso tori, viene condotta fino a trovarsi nelle condizioni di poter essere utilizzata per fini costruttivi e non distruttivi.

Nella fase conclusiva le due energie, già unite nella fase precedente, ritornano all'unisono verso uke portandolo in una condizione in cui verrà controllato e dovrà constatare l'inutilità del suo tentativo.

Tori verrà a trovarsi in posizione manifestamente dominante, mentre ad uke viene spesso preclusa anche la possibilità di vederlo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

In alternativa, ferme restando le modalità esecutive già descritte, uke viene condotto fuori dal suo baricentro, in condizioni di precario equilibrio.

Tori, sempre in una posizione dinamicamente stabile e dominante, da cui ha il controllo anche visivo del mondo che lo circonda, lo riporta mediante una proiezione non traumatica - qui un sotokaitennage - oltre la distanza di sicurezza.

 

 

 

 

 

 

 

Esistono situazioni maggiormente statiche, ove uke sia già riuscito a penetrare oltre la prima linea di rispetto rendendo ardui gli spostamenti.

In questi casi è comunque sempre possibile condurre l'energia di uke portandola verso una zona in cui non possa nuocere e sia anzi funzionale alla successiva azione di tori.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

In altri casi ancora nemmeno questo è possibile.

La presa di uke, ormai stabile e consolidata, rende impossibile o non convienente il tentativo di muoverla verso una posizione non aggressiva.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Occorre allora agire su meccanismi diversi.

L'azione di uke non viene indirizzata altrove ma resa inefficace e futile sul posto.

In questo esempio Fujimoto sensei non conduce uke ad una maggiore distanza ma al contrario lo attrae verso di se.

In questo modo si crea un sistema unico tori-uke in cui le azioni del primo hanno un effetto immediato sul secondo.

 

 

 

 

 

 

 

La posizione iniziale vista dalla parte frontale.

Le mani rimangono sempre nella sfera di azione propria di tori, costringendo uke a lavorare in un territorio non suo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dalla stessa angolazione, l'azione delle braccia di Fujimoto sensei e l'effetto provocato in uke.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Anche Fujimoto propone talvolta degli ashisabaki che differiscono in qualche modo dalla norma.

Nel gruppo dei praticanti non tutti se ne sono resi conto, preferisce quindi interrompere per menzionarlo esplicitamente e permettere a tutti di esserne coscienti.

Si parte in questo esempio dalla posizione di hidari hanmi (guardia sinistra).

 

 

 

 

 

 

 

Si inizia con un movimento di irimi (avanti) ma alla propria sinistra e non diritto di fronte come di consueto.

Per quanto la composizione dell'ashisabaki nel suo complesso questo movimento possa sembrare inusuale i vai componenti fanno tutti già parte del bagaglio tecnico di ogni praticante, ad ogni livello.

Questo elemento in particolare è alla base del kokyu tenkan shihogiri, su cui sia Asai che Fujimoto hanno insistito in precedenza.

 

 

 

 

 

Si conclude lo spostamento con un mezzo kaiten e poi infine ushiro tenkan.

Si è eseguito in pratica un irimi tenkan.

In cui però ci si ritrova al termine spostati di lato, in questo caso alla propria sinistra, rispetto alla posizione iniziale oltre che naturalmente in posizione di 180 gradi rispetto a prima.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

In questo esempio di applicazione dello hashisabaki ad una tecnica completa, vediamo dapprima la fase in cui è stato completato il primo passo.

Si tratta ancora di una ipotesi di ryotetori ushirowaza.

Lo spostamento a 90 gradi di tori ha già creato un varco, ove sarà possibile evadere dalla manovra di blocco che uke sta tentando di mantenere.

 

 

 

 

 

 

 

 

Il varco viene ampliato attraverso il movimento degli arti superiori, che contribuisce a rendere l'azione di tori più fluida, ben bilanciata e naturale.

L'effetto su uke è di renderne invece del tutto inefficace il tentativo di blocco, già compromesso nella fase precedente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La rotazione del tronco in kaiten posiziona tori in modo che il passaggio attraverso il varco diventi una conseguenza logica e naturale.

L'ushiro tenkan completa il movimento.

Tori si ritrova ora in posizione dominante rispetto ad uke.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sempre in una situazione di ushirowaza Fujimoto sensei utilizza anche il tanto.

Se ne serve per evidenziare anche lui attraverso l'uso di un puntatore quali siano le linee di lavoro e quali le linee di attacco cui occorre sottrarsi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La prima cosa da fare è una immediata rotazione in kaiten.

Sarà efficace in ambedue le direzioni, ma in prima istanza si preferirà ruotare assecondando il proprio hanmi.

Ci troviamo ora in posizione migi hanmi (destra) ed è quindi consigliabile ruotare e poi muoversi alla propria destra.

Il movimento degli arti superiori condiziona quelli di uke, impedendogli di essere libero dei propri movimenti e precludendogli la via per continuare la minaccia.

 

 

 

 

 

A questo punto le vie che si aprono sono tutte quelle che il proprio livello di padronanza tecnica consente.

Il maestro propone la più "semplice".

Ancora una volta la madre di tutte le tecniche: ikkyo.

La presenza del tanto permette di comprendere meglio le ragioni per cui viene la tecnica viene eseguita con certe modalità.

Sia il taglio della lama che la punta del pugnale vengono indirizzati ove non possano recare danno.

 

 

 

 

 

O rivolti verso uke ritornandogli la sua stessa energia.

Anche quando la mano e la persona sono disarmati l'applicazione corretta di questi principi rende loro impossibile nuocere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Come già detto l'esecuzione canonica della base apre la strada ad infinite possibilità di conclusione.

In questo caso Fujimoto sensei non ricorre ad un kime (controllo) con osae (immobilizzazione) ma termina con un nage (proiezione).

Spettacolare e potenzialmente pericolosa ove l'esecutore intendesse renderla tale.

Tuttavia sempre eseguita, nello spirito dell'aikido, con il totale rispetto della integrità dell'uke.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Questa proposta di analisi tecnica potrebbe continuare ancora a lungo.

Il materiale di studio messo a disposizione sul tatami da Asai sensei e Fujimoto sensei è molto, e del massimo livello.

E' logico e giusto però che questo discorso continui sul tatami, là dove è iniziato.

Vogliamo però menzionare anche un piccolo ricordo personale, che ha tuttavia dei risvolti tecnici.

Il maestro Fujimoto ha sorriso nel sentirsi dire dallo scrivente che una delle foto apparse sul display della fotocamera digitale ne ricordava in modo impressionante un'altra scattata, sempre da me, 29 anni prima.

Ma chi riprende immagini è in qualche modo portato a sviluppare quella che si chiama appunto in gergo "memoria fotografica".

La foto che ha fatto scattare il ricordo è quella visibile a lato.

Raffigura come è evidente a tutti il maestro Fujimoto mentre illustra durante la sua lezione uno dei momenti culminanti, forse il momento chiave, di una tecnica di ushirowaza.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Questa altra immagine fu scattata nell'agosto nel 1982, durante il seminario estivo dell'Aikikai d'Italia, che si teneva

all'epoca presso il Centro Sportivo della Figc di Coverciano,.

Anche se gli anni passati non sono pochi non è difficile riconoscere Hiroshi Tada sensei.

Alle sue spalle, coperto e non riconoscibile ma vi assicuriamo che è lui, Yoji Fujimoto sensei ricopre il ruolo di uke.

Ognuno trarrà dal confronto tra le due immagini le proprie personali conclusioni.

Personalmente rinuncio ad ogni tentativo di trarne conclusioni "tecniche", classifico immediatamente le due differenti situazioni come semplici ma meravigliosi momenti da ricordare assieme.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nella immagine conclusiva era doveroso includere entrambi i due grandi insegnanti che hanno reso possibile questi momenti di intenso e piacevole studio e confronto.

Ma è anche, soprattutto, bello.

Al loro sorriso unisco il mio, mentre rivolgo il mio rei (ringraziamento formale) per l'insegnamento ricevuto da Asai Katsuaki sensei e Fujimoto Yoji sensei.