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Fujimoto sensei ci aveva lasciato alle prese con lo studio delle basi dell'arte dell'aikido. Riprende, naturalmente, dalle basi. Il suo punto di arrivo, sarà sempre quello: le basi.

E' una materia che non finisce mai di riservare sorprese, ma anche conferme, una materia che molto dà da pensare. Ai grandi maestri, agli insegnanti, ai praticanti. Va naturalmente 'pensata' soprattutto sul tatami, ma non è male quando possibile continuare a pensarci anche dopo, e iniziare a pensarci anche prima di risalirvi. E' per questo che proponiamo i soliti pochi spunti di riflessione. E' stato questo l'ultimo seminario in cui il maestro ha potuto lavorare sui nostri corpi, sulle nostre menti, dentro i nostri cuori.

 

 

 

Fin da quando fu visto all'opera per la prima volta in Italia, e sono già 40 anni, il maestro Fujimoto ha lasciato una grande impressione sintetizzabile in poche parole: eleganza, efficienza, sicurezza.

Una sicurezza che deriva però da una ininterrotta riflessione interna, palesata all'esterno attraverso le lezioni che quotidianamente impartisce ai suoi discepoli, all'interno del suo dojo o durante i seminari.

Parafrasando Troisi, ha voluto in questi intensi 2 giorni, prolungando le lezioni ben oltre l'orario previsto, ricominciare da 5. Il gokyo, le 5 tecniche di base dell'aikido.

Intendendo con questo non - non solo - la sequenza delle 5 tecniche di osae (ikkyo, nikyo, sankyo, yonkyo, gokyo) ma i principi estesi di questi concetti inamovibili: ikkyo, kotegaeshi, iriminage, shihonage, kaitennage.

Semplicemente la base, come incita ed insegna a fare da qualche tempo.

Forse non molto, misurandolo col calendario alla mano, ma sembra sia stato sempre così vista la naturalezza con cui questo processo di riflessione è stato proposto e - da molti se non da tutti - accettato e fatto proprio.

Ritorno alle proprie basi, alla propria natura, ed abbandono della spettacolarità.

Che non significa, assolutamente, abbandono della bellezza estetica dell'aikido e della bellezza interiore donata dalla pratica dell'aikido.

Ma una bellezza più essenziale, più disadorna, non gridata, non sussurrata.

Esposta con voce piana, con naturalezza ed in armonia con le circostanze, che siano quelle piccole ed insignificanti o che siano quelle maestose dell'universo.

 


Per il maestro Fujimoto si deve cominciare prima ancora di cominciare, questo è indubbio.

Il movimento di shihogiri (taglio in quattro direzioni, mutuato dalle tecniche ancestrali di scherma) viene eseguito a solo, prima delle tecniche di allenamento in coppia o in gruppo.

Tornerà naturalmente in molte tecniche, di base od avanzate, ed è per questo che è così importante studiarlo anche come elemento separato, ma pur sempre inserito nella grande, vasta e solida base dell'aikido.

Durante questo seminario ha chiesto di eseguire shihogiri in posizione suwariwaza (in ginocchio), con modalità inedite per molti pur facendo parte integrante, come non ripeteremo mai abbastanza, del patrimonio di base.

Ed ha richiesto di eseguirlo con molta calma, con la massima consapevolezza di quanto si doveva compiere.

Molto da studiare, molto da approfondire anche sul movimento chiamato torifune undo o anche funakogi undo. Fujimoto sensei lo ha studiato e praticato con cura particolare, e lungi dal proporne la 'versione corretta' ricorda che è una pratica oltremillenaria, seguita da decine di sette diverse, esistente in molteplici varianti di cui spesso si ignorano origini e motivazioni.

La nostra ignoranza non dimostra nulla: sono tutte valide, anche quando non le comprendiamo. Tuttavia capirne quando possibile i meccanismi, e sapere a cosa mira questo o quel modo di praticare torifune, oltre che aiutare nella esecuzione è doveroso.

Qui con l'ausilio di un bokken il maestro dimostra che il nome (esercizio del rematore) va preso in un certo senso alla lettera, e che occorre remare veramente, imprimendo al 'remo' la rotazione che gli consenta di fare presa sull'acqua per far avanzare la barca, e lavorando soprattutto con un movimento di va e vieni che nasce dall'anca e non dalle spalle.

Abbiamo detto base: certamente, da lì nasce tutto e tutto lì deve tornare. Lo abbiamo detto e ridetto, e sicuramente torneremo a dirlo.

Certo, ogni tanto occorre anche ricordare - e dimostrare - che sopra una solida base si può costruire di tutto.

Questa è una variazione, o applicazione se vogliamo, del 'semplice' movimento di ikkyo proposta dal maestro Fujimoto.

 

 

 

 

 

 

 

Un altro motivo conduttore dell'insegnamento di Fujimoto è la chiamata di uke.

E' difficile renderne il senso a parole, perché il compagno di allenamento, non avversario, sul tatami non ve ne sono ma quando se ne incontreranno al di fuori andranno ugualmente chiamati - può essere indotto ad un determinato comportamento attraverso svariati sistemi, a volte alternativi e a volte complementari.

La chiamata può consistere in un suggerimento, una proposta, un incoraggiamento, ma anche in un ordine, in un obbligo, in un divieto.

Nella foto il maestro dimostra una delle molteplici sfaccettature della sua arte di chiamare alla composizione di una tecnica di aikido.

Abbiamo scelto questa perché ci sembra molto trasparente, comprensibile anche da chi non sia - o non sia ancora - addentro ai segreti dell'arte.


Il maestro Fujimoto ha chiesto - proposto nei modi ma imperiosamente richiesto nella sostanza, con quell'imperio che si legittima su una rigorosa dimostrazione - di lavorare sui tre livelli: jodan (alto), chudan (medio) e gedan (basso).

Sarebbe forse più corretto parlare di tre posizioni. Sappiamo infatti che questa terminologia deriva dal mondo della spada, e che queste sono tre delle cinque posizioni di base della scherma giapponese.

Cinque posizioni di base, come esistono cinque tecniche di base in aikido. E non è un caso.

Sicuramente il maestro parlerà altrove delle due posizioni (hasso no kamae e maki gamae) no menzionate ma in pratica previste e richieste, e ricorrenti periodicamente nell'insegnamento e nella pratica dell'aikido, con pari dignità delle altre.

Qui con il sussidio didattico del bokken mostra in modo inequivocabile l'effetto del lavoro gedan in risposta ad una presa gyakuhanmi.

Non è un mistero per nessuno dei praticanti di vecchia data, e a maggior ragione per nessuno degli insegnanti, che il maestro esige molto da chi segue il suo insegnamento.

Del resto tutti i grandi maestri esigono molto: è l'unico sistema per ottenerlo, anzi per far ottenere, perché quello che l'insegnante riesce a ricavare dai discenti torna a loro esclusivo vantaggio.

 

 

 

 

 

 

 

 

Tuttavia nei due giorni di Milano le tecniche statiche, o per meglio dire di controllo (kime, osae) si sono alternate con quelle più dinamiche.

Di conseguenza la grande varietà di tecniche ha fatto pesare molto di meno l'intenso lavoro effettuato sui corpi e sulle menti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sarebbe forse più corretto parlare di varietà di momenti più che di varietà tecnica.

Ad un inizio dinamico, che sollecita uke ma anche tori a fornire il massimo in momenti estremamente brevi, può seguire nel corso della stessa tecnica, a volte deve seguire, il momento della massima calma.

Calma della mente e calma del corpo, sia pure entrambi tesi verso uno scopo lucidamente identificato.

 

 

 

 

 

 

Quello che invece è stato sempre presente in ogni momento, era il sorriso del maestro Fujimoto, che ha molto spesso provocato quello dei partecipanti.

E' molto importante, ed è anche questo un insegnamento profondo, forse il più profondo di tutti, che l'arte dia al maestro la forza per sorridere anche nei momenti più difficili.

 

 

 

 

 

 

 

 

Certamente ci sono momenti per sorridere, e momenti per riflettere, per guardarsi dentro.

Il maestro Fujimoto ci ha dato tutto questo durante il seminario, gliene sono profondamente grato e lo ringrazio.

 

Paolo Bottoni

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Questa immagine ferma l'attimo in cui Fujimoto sensei ha concluso la sua ultima lezione su questa terra. Nessuno si stupirà che sia una tecnica gioiosa e sorridente.

E' così che ha voluto lasciarci, dovendo intraprendere un altro viaggio. Però il nostro viaggio con lui non è ancora concluso.

Dopo la sua scomparsa, il 20 febbraio 2012, il percorso indicato da Yoji Fujimoto sensei verrà continuato dai suoi discepoli. Potrete ottenere maggiori informazioni sui prossimi seminari nei siti del Dojo Fujimoto e dell'Aikikai d'Italia.

Il nostro sito continuerà naturalmente a darne testimonianza.