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Il maestro Fujimoto ha chiesto - proposto nei modi ma imperiosamente richiesto nella sostanza, con quell'imperio che si legittima su una rigorosa dimostrazione - di lavorare sui tre livelli: jodan (alto), chudan (medio) e gedan (basso).

Sarebbe forse più corretto parlare di tre posizioni. Sappiamo infatti che questa terminologia deriva dal mondo della spada, e che queste sono tre delle cinque posizioni di base della scherma giapponese.

Cinque posizioni di base, come esistono cinque tecniche di base in aikido. E non è un caso.

Sicuramente il maestro parlerà altrove delle due posizioni (hasso no kamae e maki gamae) no menzionate ma in pratica previste e richieste, e ricorrenti periodicamente nell'insegnamento e nella pratica dell'aikido, con pari dignità delle altre.

Qui con il sussidio didattico del bokken mostra in modo inequivocabile l'effetto del lavoro gedan in risposta ad una presa gyakuhanmi.

Non è un mistero per nessuno dei praticanti di vecchia data, e a maggior ragione per nessuno degli insegnanti, che il maestro esige molto da chi segue il suo insegnamento.

Del resto tutti i grandi maestri esigono molto: è l'unico sistema per ottenerlo, anzi per far ottenere, perché quello che l'insegnante riesce a ricavare dai discenti torna a loro esclusivo vantaggio.

 

 

 

 

 

 

 

 

Tuttavia nei due giorni di Milano le tecniche statiche, o per meglio dire di controllo (kime, osae) si sono alternate con quelle più dinamiche.

Di conseguenza la grande varietà di tecniche ha fatto pesare molto di meno l'intenso lavoro effettuato sui corpi e sulle menti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sarebbe forse più corretto parlare di varietà di momenti più che di varietà tecnica.

Ad un inizio dinamico, che sollecita uke ma anche tori a fornire il massimo in momenti estremamente brevi, può seguire nel corso della stessa tecnica, a volte deve seguire, il momento della massima calma.

Calma della mente e calma del corpo, sia pure entrambi tesi verso uno scopo lucidamente identificato.

 

 

 

 

 

 

Quello che invece è stato sempre presente in ogni momento, era il sorriso del maestro Fujimoto, che ha molto spesso provocato quello dei partecipanti.

E' molto importante, ed è anche questo un insegnamento profondo, forse il più profondo di tutti, che l'arte dia al maestro la forza per sorridere anche nei momenti più difficili.

 

 

 

 

 

 

 

 

Certamente ci sono momenti per sorridere, e momenti per riflettere, per guardarsi dentro.

Il maestro Fujimoto ci ha dato tutto questo durante il seminario, gliene sono profondamente grato e lo ringrazio.

 

Paolo Bottoni

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Questa immagine ferma l'attimo in cui Fujimoto sensei ha concluso la sua ultima lezione su questa terra. Nessuno si stupirà che sia una tecnica gioiosa e sorridente.

E' così che ha voluto lasciarci, dovendo intraprendere un altro viaggio. Però il nostro viaggio con lui non è ancora concluso.

Dopo la sua scomparsa, il 20 febbraio 2012, il percorso indicato da Yoji Fujimoto sensei verrà continuato dai suoi discepoli. Potrete ottenere maggiori informazioni sui prossimi seminari nei siti del Dojo Fujimoto e dell'Aikikai d'Italia.

Il nostro sito continuerà naturalmente a darne testimonianza.