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Il 21 e 22 giugno 2014 si è tenuto a Cagliari uno stage del maestro Jun Nomoto, 7°Dan, fondatore del dojo Hakkenkai di Tokyo, per celebrare i 40 anni di insegnamento del m.° Hosokawa Hideki, il nostro vice-direttore didattico.

Saprete essere comprensivi per il ritardo con il quale vi tedio con questo piccolo racconto, ma come si dice in tutto il mondo esplorato: meglio tardi che mai!

Non mi soffermo troppo sulla presentazione del maestro Nomoto, le sue caratteristiche aikidoistiche e umane schiacciano il potere della parola. Solo alcune considerazioni sulle sua capacità didattiche e umane...

E' impossibile non imparare da lui e non rimanere colpiti dalla sua simpatia e umanità! Ho avuto il privilegio di soggiornare nello stesso albergo, insieme agli altri ospiti dello stage, dal presidente Genovesi al presidente "emerito" Zoppi e soprattutto al maestro Hosokawa, ed ho potuto apprezzare questa sua umanità e simpatia anche al di fuori del tatami e della "ufficialità".

 

N.d.R.: Jun Nomoto, all'epoca 3. dan, ha soggiornato per alcuni anni in Italia, soprattutto a Firenze e ha dato un enorme contributo allo sviluppo dell'Aikikai d'Italia, portando ovunque il suo insegnamento e la sua carica di energetico e solare insegnamento.

Tornato a stabilirsi in Giappone, ha però sempre l'Italia nel cuore e le sue visite oltre che costituire un sempre proficuo terreno di studio danno sempre grande piacere sia a chi lo incontra di nuovo, magari dopo molti anni, sia a chi lo conosce per la prima volta.

 

 

La didattica di Nomoto sensei è chiara, lineare, semplice per un principiante come me quanto chiarificatrice per il bagaglio già consolidato del praticante esperto.

Il maestro Nomoto non lesina spiegazioni complesse o apparentemente "scontate", come i rapporti di forza nelle leve e le loro direzioni o la corretta impugnatura di un bokken...

Alcune volte, il ritmo lento ma continuo che il maestro adotta durante le tecniche e che raccomanda a tutti, impegna il praticante in uno sforzo dosato del fisico ma anche della mente, giacchè se la lentezza dà modo di comprendere al corpo dove sta "andando", così anche la mente può assimilare la riproduzione del movimento in tempo reale.