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Domenica si ricomincia, e riesco a cambiarmi e praticare un po'. Non so bene quale lezione ci sarà, ma si alterneranno alcuni maestri giapponesi, ed è il turno degli 8° dan.

Sale sul tatami uno di essi. La mia pur minima miopia mi fa mettere a fuoco il viso del maestro solo all'ultimo. E' lui!!!! Il tenero e indifeso signore giapponese... Cribbio...che schiaffo morale...alla faccia del signore smarrito, che avrei visto giocare alla bocciofila a Fregene (ndr: amena località di mare vicino Roma!)

A questo punto, lo guardo incantato, e già camminando sul tatami ha le movenze più decise e sicure, ma sempre venate di una certa timidezza... lo stesso sorriso e sguardo teneri di quando l'avevo incontrato in borghese.

 

Inizia subito la lezione con alcune tecniche di kokyunage meravigliose, oserei dire maestose, quando alza le braccia e le tiene ferme verso il cielo per un istante per poi lasciarle cadere sopra l'uke, insieme a varie tonnellate di soffice energia, di ki allo stato puro, tanto da lanciare l'uke stesso a qualche metro.

La sua piccola statura lo rende ancora più ingannevolmente amabile...

 

 

 

 

 

 

 

 

Prosegue con tecniche di katatetori, dove l'uke si lancia per afferrarlo ma il maestro scarta la presa con un piccolo movimento e lo "taglia" in modo chirurgico, spietato, eseguendo poi ikkyo, nikkyo, kotegaeshi, ecc...

Tutti eseguiti con una splendida ma essenziale eleganza.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quello che mi ha colpito di più di lui è lo splendido sorriso e la brillante gioia negli occhi mentre spiegava le tecniche, quasi rasserenando la platea di praticanti.

Ed eseguiva le tecniche con questo spirito, appena nella parte iniziale...

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Per poi trasformarsi, nel momento del taglio e della chiusura della tecnica, in una mimica facciale severa, concentrata e guerriera, come si addice a un vero samurai.

Il viso muta espressione, lo sguardo si chiude, le ciglia si aggrottavano...non si scherza più!

Non avrebbe concesso nessuno scampo all'uke...

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L'ho osservato per tutta la durata della sua lezione, e mi ha affascinato questa sua marcata bivalenza e alternanza tra dolcezza, mentre spiegava la tecnica con voce calma e sottile, e in questo modo la eseguiva all'inizio, sostituita poi da una controllata spietatezza nel momento esatto del termine di essa, una frazione di secondo, nel quale uke muore. Per poi riprendere un volto...umano!

E' stata veramente una splendida lezione, con tutta la stima e l'ammirazione per gli altri maestri ognuno dei quali ha spiccato per una sua caratteristica o per la globale perfezione, ma personalmente di questo evento serberò sempre il ricordo di questo tenero marito, e grande maestro di aikido, che mi chiese aiuto per rintracciare la sua sposa...

 

Il vero maestro penso sia anche questo, dolcezza e severità al tempo stesso. Quando occorre l'uno, quando l'altro.

E questo, per me, è proprio il maestro Yasufusa Kitaura, 8° dan Hombu Dojo, rappresentante dell'Aikikai in Spagna, fondatore della Escuela Ametsuchi - Asociación Cultural Aikikai de España.

E perdonate la mia ignoranza...

 

Foto ©

Paolo Bottoni
Michelangelo Stillante
Aikikai d'Italia

 

 

 


Non me la sento di rinunciare a render pubblica una mia riflessione in cauda, che ovviamente porta con se una punta di venenum. Non se ne dolga il lettore, è la πράξη (non mi chiedete che vuol dire: il greco non lo so).

 

Ho partecipato a diverse lezioni di Kitaura sensei quando era nel mezzo del cammin di nostra vita, ossia in termini più spiccioli a metà circa tra i 30 e i 40 anni. Aveva già un grande e naturale carisma, ed ebbi modo di averne conferma conoscendolo un po' più da vicino alcuni anni dopo. Era però, ed era giusto che fosse, un grande carisma che ci colpiva soprattutto materialmente. Colpiva immediatamente per l'eccellenza, oltre che l'eleganza ed il vigore, del suo aikido, ma si trattava anche, forse prevalentemente ma la misura non era per noi facilmente quantificabile, di un gesto atletico, a dispetto del suo fisico apparentemente fragile.

Rivisto purtroppo solamente ora, a distanza di non pochi decenni (lo incontrai l'ultima volta in Lussemburgo nel 1991) Kitaura sensei dimostra immediatamente un carisma ancora maggiore. Ma non c'è più nulla o quasi di materiale in questo: certamente non rivedremo più il micidiale e temuto koshinage di quei tempi e fuori dal tatami, ma anche dentro pur se in misura sensibilmente minore, il maestro si muove con la cautela e le precauzioni che prende ogni persona in età avanzata.

Eppure la perdita, definitiva, irrimediabile, della antica forza ne ha accresciuto le potenzialità ed il carisma. Forse è necessario... Forse solamente quando non si può fare più affidamento come prima sulla forza, sulla velocità, sulla tecnica, insomma sulla materia, si riesce a scoprire una dimensione superiore. E' stata veramente una grande lezione, Kitaura sensei.

 

P.B.