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Di solito tendiamo a non accettare serenamente il segno lasciato su di noi dagli anni. Eppure il tempo, che notoriamente è galantuomo, registra e testimonia imparzialmente quanto accade.

Ne è un esempio lampante il confronto asettico tra due foto. Nella prima vediamo i partecipanti al Decennale della fondazione dell'Aikikai d'Italia, nellì'ormai lontano novembre 1974.

Non a caso è una delle foto che sono state da me selezionate nell'allestimento della mostra fotografica che introduceva nell'immenso ambiente ove si svolgeva il seminario celebrativo di questaltra ricorrenza, quaranta anni dopo.

Che non sono pochi. Certamente.

Non sono nemmeno pochi in questa foto i volti delle persone ormai scomparse, ma la presenza del maestro Tada, a sinistra, è un primo forte segnale: il maestro ci ha sempre accompagnato lungo questo percorso.

Nella seconda vediamo il gruppo dei partecipanti al Cinquantennale. Salta immediatamente all'occhio la differenza numerica, si è passati dalle decine di partecipanti alle molte centinaia.

Non è ovviamente la sola differenza, anche se basterebbe anche questa sola osservazione a farci concludere che il lavoro di questi anni non è stato vano.

Dovremmo anche notare, e qui proprio calco la mano, il fatto incontestabile che l'aikido è uscito fuori. Non si pratica più solamente nei dojo, che rimangono comunque il luogo deputato dell'arte, ma prende sempre più piede tra il pubblico.

Ovviamente questa conquista, se di conquista si tratta, non è stata indolore.

Nulla lo è, mai.

 

L'atmosfera rischia di non essere più la stessa: non ci raduniamo più in un attimo, all'aperto e sotto ad un grande platano, ma in enormi ambienti un po' freddi e non nostri. E condividiamo di meno la vita degli altri praticanti, a volte smarrendo la giusta atmosfera. Vediamo infatti che nonostante ogni zelo si fatica a radunare il gruppo, e rimangono dei ritardatari non ancora al loro posto.

Certo, in  cambio sono aumentate di molto le persone che possono usufruire dei benefiici dell'aikido, che si spera emanino energia positiva anche al di fuori dei momenti in cui praticano l'arte. E' forse un prezzo inevitabile da pagare. Se è così, paghiamolo. Ma prima facciamo ancora ogni debito sforzo per migliorare, anche in questo. Aiutiamo chi ha difficoltà a marciare al ritmo degli altri, non rallentiamo la marcia regolandola sul ritmo degli ultimi.

Non dovremmo poi dimenticare - mai - che i grandi spazi vuoti sono soprattutto occasioni.

Sono spazi da sfruttare e da riempire, conosciamo tutti l'horror vacui che esiste da sempre in natura: nessuno spazio rimane mai vuoto a lungo.

E nessuno spazio sarà a noi estraneo se sapremo riempirlo di noi.

 

 

 

 

 

 

 

 

Un altro dei grandi motivi di questa manifestazione non è stato forse abbastanza sottolineato. Ci aiuta a metterlo a fuoco il semplice, ma lungo, elenco degli insegnanti e degli ospiti.

Vi troviamo infatti solamente nomi giapponesi ed italiani. Senza voler nulla togliere ad altri importanti legami, questa manifestazione ha voluto essere infatti anche una celebrazione della lunga stagione di rapporti di collaborazione, studio reciproco ed amicizia, tra l'Italia ed il Giappone.

 

 

 

 

 

 

Non indugio sulla presenza alla manifestazione, per quanto importante e significativa, dell'ambasciatore del Giappone, Kazuyoshi Umemoto.

Il miglior segno della cinquantennale opera congiunta, sifdando ogni distanza materiale e culturale, è la grande partecipazione all'evento da parte di insegnanti e praticanti provenienti dal paese del sol levante.

 

 

 

 

 

 

 

 

E naturalmente non va dimenticato che la politica dell'Aikikai è fortemente mirata, da alcuni anni, alla formazione delle generazioni future.

Era quindi particolarmente nutrita anche la delegazione dei bambini, che hanno apportato alla manifestazione il loro prevedibile ma sempre benvenuto slancio vitale, la loro spontaneità ed il loro entusiasmo.

Abbiamo molto da imparare dai bambini, come sempre.

Questa volta direi che ci hanno rammentato, ed era veramente il caso, che non dobbiamo compiacerci per quanto raggiunto ma considerarlo solamente come una solida base da cui partire per costruire nel futuro qualcosa di ancora più grande, commisurato all'entusiasmo ed alle aspettative di questi bambini.

Debbo chiudere con una nota solo apparentemente triste.

Il rimpianto ed il dolore per la perdita prematura di Fujimoto sensei non potranno mai avere un termine.

Sappiamo però che ci ha lasciato una missione da compiere, che non potrà colmare questo vuoto ma darà un ulteriore impulso alla nostra ricerca.

La consegna alla sua consorte della medaglia destinata al maestro Fujimoto è stato sicuramente il momento più intenso di queste intense brevi giornate.

Ed è stato, altrettanto sicuramente, un momento molto bello.