L'aikido è per tutti, o almeno questo messaggio noi insegnanti ci sforziamo di trasmettere. Ed è giusto.
Non è però da tutti. E' forse questo un messaggio ancora più importante, e abbiamo il dovere di trasmettere anche questo per quanto possa essere meno "vendibile". Meno commerciale.
Poiché l'aikido non deve sottostare alla filosofia del commercio per quanto debba tenere conto delle leggi dell'economia, rinunciando senza rimpianti a irrealistiche idee destinate a scontrarsi con realtà inattaccabili ma spesso anche finalizzate a essere utilizzate solamente come supporto alle proprie aprioristiche convinzioni. Ne sia un esempio la crescente multiforme adattabilità di quanti tentano di figurare come "sportivi dilettanti" di fronte al fisco e come operatori culturali professionali nonché maestri di vita di fronte ai propri allievi.
Aggiungo che il commerciante è chi fornisce un prodotto per trarne qualunque tipo di vantaggio, che sia misurabile attraverso il conto in banca oppure no. La conseguenza è che il commerciante si mantiene attento ai gusti della clientela e volentieri seleziona i propri prodotti tenendone conto. O addirittura modifica il prodotto per venire inconto al "mercato", programma monitoraggi periodici per tenere conto del mutare delle tendenze e delle domande e di quantaltro si renda necessario alla conservazione del proprio portafoglio di clienti. Che è vano pretendere di chiamarli allievi se non addirittura discepoli.
L'insegnante è chi trasmette la propria conoscenza ad altri per permettere loro una crescita autonoma e indipendente, felice di continuare il cammino assieme a coloro cui lo ha indicato e che ha preparato al percorso, altrettanto felice se decideranno di camminare da soli senza il suo supporto, pienamente appagato se e quando si vedrà superato su quel cammino dai suoi ex allievi.
Non è quindi lecita mercede quella di chi adatta l'arte alle esigenze del praticante ricevendone in cambio quanto acutamente, spietatamente, detto da un osservatore esterno: il compiacimento di "vedere la propria immagine riflessa nelle pupille dei propri allievi". E quanto più questa immagine è deformata, leggi ingigantita, tanto più alcuni se ne compiacciono e lo adducono a prova provata della giustezza e necessarietà delle loro azioni: la clientela è soddisfatta. E ritorna.
Quel brivido che è corso lungo la loro schiena la prima volta che si sono sentiti appellare con quella magica parola, "maestro", è diventato una necessità quotidiana, mascherata da spirito di servizio verso i propri "discepoli".
L'aikido non è da tutti.
E' per tutti ma non è da tutti: richiede che il praticante, a qualunque livello, dal mukyu allo shihan, adatti sé stesso all'arte e non che l'arte si pieghi alle sue esigenze o ai suoi desideri o alle leggi del commercio o di qualunque altra situazione estranea alle regole dell'arte..
Utilizzo parole provenienti da una cultura distante da quella orientale cui si dovrebbe accostare il praticante di akido: "Fuori i mercanti dal tempio".
Ma i mercanti più insidiosi e più pericolosi non sono necessariamente quelli che richiedono il pagamento di quote di frequenza elevate.
L'aikido non è per certi praticanti, se non sono disponibili ad accostarvisi con maggiore umiltà.
E nemmeno per certi insegnanti.
Paolo Bottoni