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Le storie manga contrariamente all'opinione corrente hanno in Giappone una lunga tradizione e non sono un fenomeno esploso improvvisamente da pochi anni tra gli adolescenti.

Per quanto non direttamente paragonabile in quanto non racconta una storia ma è una raccolta di scene di vita non legate tra loro, uno dei libri più famosi nella storia dell'ukiyo-e è infatti Hokusai manga, opera del celeberrimo incisore.

Molti album illustrati dai più grandi artisti, nati per comunicare con quanti avevano difficoltà nelle lettura dell'impervio sistema di scrittura giapponese, sono giunti a una dignità tale da rappresentare per secoli, data la facilità con cui potevano essere trasportati,  la cultura giapponese nel mondo.

 

Per i manga moderni, album a puntate che hanno conosciuta una enorme popolarità, erano presenti le insegnanti Barbara Montruccoli e Marvi Manzoni in rappresentanza della Accademia Europea di Manga.

Hanno allestito in breve tempo un validissimo ed apprezzato laboratorio frequentato poi da molti giovani, che si sono potuti così cimentare in questo tipo di arte, qualificata e stimolante.

Il sogno più o meno inespresso di quasi tutti i giovani che si dedicano alla raccolta dei manga è infatti di diventare loro stessi mangaka, creatori e illustratori di storie.

 

 

 

 

Apparentemente produzione seriale destinata a un pubblico di adolescenti in cerca di evasione l'arte dei mangaka richiede seria applicazione e costanza nel tempo.

Necessità ben riscontrabile nei volti impegnati dei giovani che si sono alternati nell'avvicinamento a questa forma di rappresentazione artistica, cui pure si sono dedicati con assoluto entusiasmo.

 

 

 

 

 

 

 

 

La presenza della maestra di cha-no-yu Michiko Nojiri (per la cerimonia del the), ha assicurato comunque un altro percorso di avvicinamento alle arti "comportamentali".

Nojiri sama risiede a Roma fin dagli anni 60 ed è da allora un importantissimo punto di riferimento per quanti si interessano alla cultura giapponese, nonché per molti praticanti di aikido.

 

 

 

 

 

 

 

 

La scuola Urasenke, cui appartiene la maestra Nojiri, nasce dall'insegnamento del grande maestro Senno Rikyu, vissuto nel XVI secolo.

Ricerca l'armonia, come la maggioranza delle arti giapponesi, non con la sovrapposizione e la ricchezza di decorazioni, di idee, di cerimonie, ma al contrario con l'abbandono del superfluo.

E' il reame del wabi no bi: la bellezza nella semplicità.

 

 

 

 

 

 

 

Nojiri sensei rappresenta magnificamente questo ideale della bellezza coltivato in Giappone, e ha saputo introdurre il pubblico, con rigore espositivo associato - naturalmente - a grande semplicità a questo importante evento.

Una semplice tazza di the.

Assunta in assoluta armonia con sé stessi e con l'universo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il concerto di music bells, strumenti di recente diffusione che sono rapidamente divenuti molto popolari in Giappone, organizzato dalla Associazione A&A Music che ha sede in Roma,ha chiuso la giornata.

Ha permesso al pubblico di comprendere che lo strumento primario di ogni arte è l'essere umano e che all'arte si può avvicinare chiunque.

L'evento è stato presentato da Francesco Berio.

 

 

 

 

 

 

 

Gli strumenti utilizzati derivano dalle handbell, nate a metà del XVIII secolo in Gran Bretagna e dervate dalle campane delle chiese, di cui erano riproduzioni in miniatura e che di diffusero poi nei paesi anglosassoni.

Vennero introdotte In Giappone, a Nagoya, da un missionario di nome Kelly che insegnava presso una scuola  e fu lui a formare nel 1970 il primo gruppo musicale di handbell. Lo strumento però, sia per il suo alto costo che per la mancanza di una tradizione di musica sacra, non conobbe grande diffusione.

In seguito il compositore Kunihiko Suzuki ha realizzato delle handbell di dimensioni più conenute e più economiche, alla portata di tutti e  che potessero essere suonate da tutti. Erano così nate le music bell.

 

Il concerto è stato diretto ed interpretato in modo impeccabile dalla cantante Ayumi Fujii e dalle sue musiciste: Ayako Orihara, Benedetta Sette e Yuka Matsubara.

Una splendida conclusioone di una splendida giornata dedicata ai rapporti, culturali artistici ed umani, tra l'Italia e il Giappone.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non si può passare sotto silenzio, in conclusione, l'apprezzamento dei dirigenti dell'Archivio Centrale dello Stato, piacevolmente sorpresi dalla notevole affluenza di un pubblico interessato e coinvolto.

Naturalmente va alle istituzioni che hanno messo a disposizione questa importante struttura, e al personale tutto che si è prodigato nel corso dell'evento, il ringraziamento di quanti hanno contribuito alla manifestazione e – crediamo – di tutti i partecipanti.

E' auspicabile che iniziative del genere siano possibili più spesso.