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Ci riallacciamo ora alla teoria della ripartizione delle discipline marziali in tre categorie, elaborata dal sottoscritto, di cui parliamo più diffusamente altrove:

  • competitive,
  • formali,
  • relazionali.

 

 

 

 

 

 

 

 

Arti marziali competitive:

questo metodo, tipico ad esempio del judō e del kendō, prevede e richiede sistemi di verifica oggettiva incentrati su una competizione vincolata a regole e convenzioni e che certifichi l’esistenza di un vincitore e di un vinto.

Occorre dire che queste metodiche originariamente rimangono aliene dalla ricerca della vittoria a tutti i costi: ad una rigorosa preparazione quotidiana segue il momento di un confronto aperto e leale, privo di tatticismi, in cui si accettano con la medesima imperturbabilità sia la vittoria che la spesso necessaria sconfitta.

Sono purtroppo oggigiorno pesantemente inquinate dalla diffusione internazionale che ne ha causato uno sbilanciamento indiscutibile verso il raggiungimento del risultato a qualunque prezzo.

 

Arti marziali formali:

Sono rappresentate da quei metodi didattici ove si studia e si pratica a solo, senza controparte umana ma misurandosi con un kata (型 forma) da riprodurre al meglio.

E' una pratica indirizzata al miglioramento di se stesso, anche in previsione di ogni tipo di confronto, ma che rinuncia ad adattare la pratica a queste ipotesi conflittuali.

Nella immagine: il maestro di iaidô Nakayama Hakudô (1872-1958), considerato la figura maggiormente rappresentativa del Muso shinden ryu nel XX secolo.

 

 

 

 

Arti marziali relazionali:

in questo gruppo di arti, di cui probabilmente l’aikidō è quella maggiormente diffusa e conosciuta, si pratica costantemente assieme ai compagni, in coppia od in gruppo (kakarikeiko), alternandosi nelle parti di assalitore e difensore, che di norma prevale ma senza schiacciare od annientare la controparte.

Il praticante calibra il livello della sua azione sul livello di aggressività o pericolosità dell’attacco, mantenendo un atteggiamento mentale e corporeo di assoluta serenità.

Nella immagine: Tada Hiroshi sensei, 9. dan, direttore didattico dell'Aikikai d'Italia. Uke Zucco Domenico sensei, 7. dan.

 

 

 

Elaborata dal grande maestro Ueshiba Morihei a partire dal 1926 circa, ossia circa due generazioni dopo la nascita del judô, l'arte dell'aikidô è probabilmente la più nuova ma anche la più moderna delle discipline di derivazione marziale.

Abbiamo visto però come le sue lontane radici si spingano attraverso il Daitô ryu ed il tegoi fino alle origini stesse della cultura samurai.

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel programma di Tada Hiroshi sensei è prescritto lo studio delle vite e del pensiero dei grandi guerrieri del passato, ad ulteriore prova del legame indissolubile che lega l'aikidô alla tradizione samurai.

Tra essi Isenokami Nobutsuna (1508-1577 circa):

Colpire con decisione e senza incertezze. Pulito.
Gesto raffinato, ampio e sicuro.
Essere determinati nella pratica.
Non avere tensioni nel corpo.
Avere le spalle rilassate e basse.
Saper muovere il corpo con cura.
Movimento dei piedi chiaro e leggero.
Spirito calmo e sicuro. Ampio.
Non avere dubbi ed esitazioni.
Avere una postura naturale.
Tempo del colpo chiaro e sicuro.
Avere uno spirito che non si irrigidisca.

 

Dopo Nobutsuna, vissuto immediatamente prima dell'epoca in cui fiorisce il pensiero samurai, un grande maestro vissuto nel crepuscolo di questa epopea: Yamaoka Tesshu (1836-1888).

Una catena ininterrotta che corre, attraverso azioni e pensieri, per oltre 1200 anni.

Non concentrarti
Nel colpire il tuo avversario
Muoviti naturalmente
Come raggi di luna che penetrano
In una capanna senza tetto

 

 

 

 

 

Grazie a tutti voi che siete arrivati a percorrere fino in fondo questa proposta di ricerca.

Che non si esaurisce naturalmente qui, ma vuole essere uno stimolo per ulteriori ricerche, sia personali che condotte all'interno di una comunità di percorso.

 

P.B.

 

NOTA: Le immagini che illustrano i costumi tipici dei samurai di epoca Edo provengono dalle opere dei maggiori maestri del cinema jidai giapponese: Akira Kurosawa (Kagemusha), il suo allievo Takashi Koizumi (Ame agaru), Kei Kumai (Il mare e l'amore), Kon Ichikawa (Dora heita), Nagisa Oshima (Gohatto).