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Quando portata ai suoi estremi la tecnica maki-e rischia di divenire sovrabbondante.

In questo esemplare possiamo notare che vengono applicate alla perfezione tecniche elaboratissime al fine di rendere al meglio una scena di piccola vita di spiaggia, ma l'effettivo complessivo che ne deriva è di saturazione.

L'iscrizione, in stile corsivo che ne rende difficile l'interpretazione, è probabilmente il nome del proprietario,

Un magnifico oggetto da museo, ma lascia l'impressione di essere fin troppo impegnativo per poter essere effettivamente indossato senza correre il rischio di essere considerati troppo "snob".

E' indubbiamente un manufatto molto lontano come filosofia dalla tsuba di Matashichi mostrata in precedenza, che corrisponde talmente al sentire ed al tradizionale gusto estetico del popolo giapponese da essere classificata come tesoro nazionale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La tecnica maki-e rimane la tecnica più apprezzata da molti intenditori, ed è quella con cui gli artisti giapponesi hanno saputo portare le maggiori innovazioni dopo avere probabilmente importato l'arte della lacca da Cina e Corea.

Non fu però l'unica ad essere utilizzata nella fabbricazione degli inro.

 

Questo inro presenta una lavorazione più convenzionale.

Uno spesso strato di lacca rossa lavorata a rilievo con motivi geometrici che richiamano un cesto intrecciato funge da cornice al paesaggio montano illustrato nella parte centrale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ancora un tema di montagna, un uomo che sembra intento ad attingere dell'acqua sotto una cascata.

Viene reso con intarsi di madreperla che richiamano la trasparenza e la dinamicità dell'acqua che scorre.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lavorato con la tecnica tipicamente orientale della lacca a rilievo, questo inro ha però un tema namban, ossia ispirato all'arte occidentale.

Si trattava di una conoscenza sovente superficiale assorbita attraverso gli sporadici rapporti con i mercanti stranieri autorizzati a risiedere nell'isola di Deshima.

In questo genere artistico venivano spesso raffigurati personaggi di questo pittoresco e quindi affascinante microcosmo, inserito come un corpo estraneo nella società giapponese.

Probabilmente commissionato all'inizio dell'epoca Meiji da un ufficiale o uomo d'affari statunitense, sull'inro appare un ritratto, non diremmo molto realistico, del primo presidente degli Stati Uniti d'America George Washington.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Un altro esemplare è palesemente specializzato e dedicato ad un compito specifico: conteneva ovviamente del tabacco, come conferma la presenza di un solo scompartimento.

E accompagnato dal kiseru, accessorio praticamente indispensabile nella tenuta del samurai di rango.

L'elaborata decorazione della pipa non è eseguita sovrapponendo strati di lacca ma è probabilmente lavorata dal pieno utilizzando avorio od osso.

 

 

 

 

 

 

 

Ritornando al tema dei netsuke, eccone uno, ricoperto in maki-e

Dimostra come anche i temi della natura si prestino a delicate  elaborazioni geometriche.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E concludiamo con un altro netsuke, questa volta del tipo katabori.

Una famigliola di tartarughe si presta ben volentieri a posare per essere il tema dell'artista.