Ikeda Masatomi si trasferì in Svizzera negli anni 70 a consolidare un movimento aikidoistico già avviato, in Italia fu invece un pioniere. Arrivò su richiesta di Tada sensei nel 1965 o forse 1966 e io lo incontrai casualmente appena arrivato, il primo giorno che si recò al Ueshiba Morihei Dojo in Roma. Era arrivato un po' in anticipo (le chiavi del dojo le avevo io) e in attesa si era seduto sul marciapiede facendo amicizia con gli allievi già sul posto. Aveva all'epoca circa 26 anni, essendo nato l'8 aprile 1940.
Si stabilì poi a Napoli su proposta e con l'appoggio del maestro di judo Attilio Infranzi, che fu la prima cintura nera italiana di aikido (nel 1957 circa). Inizialmente insegnò anche judo essendo l'aikido ancora una disciplina relativamente sconosciuta; era se non ricordo male sandan di aikido, yondan di judo e godan di sumo.
Non tutti sanno infatti che il sumo era materia di educazione fisica in molte scuole e che Ikeda arrivò a conquistarne il titolo nazionale studentesco. Aveva praticato presso il dojo Jiyugaoka del maestro Tada a Tokyo e in seguito presso l'Hombu Dojo.
Non saprei dare una definizione del suo aikido di quegli anni lontani. Non praticavo, avrei cominciato diversi anni dopo, quindi non avevo competenza per farmi una opinione.
Inoltre avevo occasione di vederlo solamente in occasione degli embukai tenuti a Roma presso il Dojo Centrale, cui il maestro Tada invitava sempre il mio gruppo escursionistico che lo aveva coadiuvato nei lavori per rendere agibile il dojo.
Ricordo solamente la grande emozione che derivava dalle dimostrazioni di Tada sensei non appena chiamava Ikeda al ruolo di uke. Il maestro era in qualche modo frenato dalla mancanza di esperienza dei primi praticanti italiani e solamente con un uke di grande livello come Ikeda sensei poteva esprimersi al meglio.
L'intensità di quelle dimostrazioni è ancora viva nella mia memoria, e sono sicuro che fossero altrettanto rigorose che intense, per quanto poco e nulla ne capissi: solo diversi anni dopo avrei iniziato la pratica.
Ikeda rimase 5 anni in Italia e grazie a lui a Napoli e nella Campania si sviluppò una delle più fiorenti scuole italiane.
Dopo essere stato tra i fondatori dell'Aikikai d'Italia ritornò in Giappone all'inizio degli anni 70 per perfezionare i suoi studi, rimanendovi però più di quanto aveva preventivato.
Infine accettò la proposta di dirigere l'Association Culturelle Suisse d'Aikido e tornò in Europa, dove doveva poi adoperarsi per lo sviluppo dell'aikido anche in diversi altri paesi.
Avvenne alcuni anni dopo che io gli chiedessi se non avvertiva un salto culturale troppo ampio tra la Svizzera dove risiedeva e Napoli dove tornava tanto spesso e tanto volentieri.
Osservò sorridente che si trovava a suo agio in ogni caso: il giapponese infatti è a suo dire rigorosamente svizzero nei suoi atteggiamenti esteriori ma altrettanto rigorosamente napoletano nel profondo dell'animo.
Nel 1977, Hosokawa sensei mi chiese durante il raduno estivo di andare alla stazione di Firenze ad accogliere un suo amico, senza specificare chi fosse ma assicurandomi che l'avrei sicuramente identificato: un giapponesone grande e grosso, non ce ne potevano essere due nello stesso treno in un periodo in cui di giapponesi in giro per il mondo se ne vedevano veramente pochi.
Arrivò il treno, per puro caso o fortuna sostavo sulla bancbina esattamente al posto giusto: si aprirono le porte, scese un giapponesone: grande, grosso e sorridente. Era Ikeda sensei, e per la seconda volta fui tra i primi se non il primo in assoluto ad accoglierlo in Italia.
La sua amicizia e collaborazione con Hosokawa sensei continuò senza alcun momento di pausa, e lo incontrai ancora spesso negli anni seguenti, sia durante i suoi periodici seminari a Napoli o Sorrento, sia durante i suoi arrivi inaspettati al Dojo Centrale di Roma.
Ma soprattutto in occasione delle sue visite private a Hosokawa sensei, sempre a Roma, e sempre occasioni di intenso lavoro sulle rispettive didattiche che in realtà erano in gran parte coincidenti anche se a molti non sembrava.
Ikeda sensei, dotato di grande senso dell'umorismo, si autodefiniva un orso impacciato.
Delegava infatti a Hosokawa sensei l'esecuzione delle tecniche più elaborate, che avevano però concepito assieme, ivi comprese quelle che lui amava definire “di artemarzialmente”.
In realtà sapendo di non avere la rapidità di movimenti di Hosokawa aveva studiato a fondo la scienza dell'ashisabaki, e sapeva trovarsi sempre al posto giusto nel momento giusto per portare a termine la tecnica che aveva in mente.
Il suo aikido era fluido e potente.
Sempre in simbiosi con Hosokawa aveva approfondito i legami tra l'aikido e l'arte della spada, soprattutto riguardo al kata hojoken della scuola Jikishinkage ryu.
Aveva inoltre analizzato a fondo i metodi di preparazione fisica del metodo Nishikai integrati nell'aikitaiso, al punto di elaborarne un suo metodo personale cui diede il nome di Genkikai.
Un episodio? Andati a mangiare qualcosa nei pressi della stazione centrale, non lontana dal dojo e mal frequentata come tutte le stazioni, al nostro tavolo si avvicinò un ubriaco con l'intenzione di attaccare briga perché "lo avevamo guardato". Un rapido calcolo... sommando i dan presenti al tavolo, i due maestri da soli arrivavano a 12 e qualcosina potendo aggiungerla anche io e R.C., si arrivava a una conclusione tale da sconsigliare a chiunque di passare alle vie di fatto.
Perciò ci preparavamo già mentalmente alla "discussione" con l'ubriaco e i suoi spalleggiatori, che ci immaginavamo divertente e avremmo accettata con piacere. L'occasione giusta per mettere – finalmente – in pratica quello per cui ci preparavamo da anni.
Con un certo nostro stupore Ikeda sensei invece apostrofò amichevolmente l'aggressore (Hoso assentiva placidamente); gli offrì un bicchiere di vino e lo convinse senza grandi difficoltà a lasciar perdere e andarsene in amicizia.
Un altro episodio, a dimostrazione del suo proverbiale umorismo, sempre mirato e mai fine a sé stesso, meno che mai aggressivo. In un seminario lontano nel tempo, osservando come stavamo praticando l'immancabile R.C. e il sottoscritto, alla fine della contemplazione disse:
- R,: non sapevo che lei fosse così forte!
Ovviamente il prevenuto apprezzò l'apprezzamento, fosse stato un pavone avrebbe sicuramente fatto la ruota; ma dovette ben presto ripensarci. Con un sorriso in cui era avvertibile una certa percentuale mefistolelica il maestro concluse, mentre girava le spalle per andare a osservare altri .
- Perché così la tecnica non dovrebbe riuscire...
La sorte lo ha duramente colpito poco prima che lo stesso destino colpisse Hosokawa sensei, e questo non desti meraviglia.
Chi si dedica al prossimo curandone la salute fisica e mentale troppo spesso attinge senza risparmio alle sue energie: può pagarne lo scotto.
Fortunatamente la sua patologia non gli impediva di risalire sul tatami e ritornato in Giappone con il supporto di devoti amici continuò la pratica fin quando dovette abbandonarci, il 21 giiugno 2021.
Spero di aver fatto comprendere al lettore per quale ragione, quando penso a Ikeda sensei, a parte il suo enorme spessore tecnico mi viene in mente soprattutto il piacere che ci ha donato ogni volta che è venuto a proporci il suo aikido e la sua compagnia. Doni ambedue ugualmente preziosi.