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Scandalo (Shubun)

Akira Kurosawa - 1950

Toshiro Mifune, Yoshiko Yamaguchi, Takashi Shimura

 

Mifune ha fino al 1949 interpretato 3 film sotto la regia di Kurosawa, in relativamente poco tempo: L'angelo ubriaco Cane randagio, Il duello silenzioso. Ha sostenuto solamente ruoli moderni, ora nella parte del malfattore ora in quella del poliziotto o del medico sfortunato.

Lavorerà l'anno seguente - sempre con Kurosawa - nel suo primo ruolo jidai, il bandito Tajomaru di Rashomon, che darà fama mondiale sia a lui che al regista.

Stranamente però le sue interpretazioni moderne tardano ad essere riscoperte sia dal pubblico che dalla critica, come del resto quasi tutte le opere gendai di Kurosawa, di cui ingiustamente si cita soprattutto Vivere, considerando le altre opere minori.

Ma soprattutto sono opere meno facili, meno spettacolari, e sorge il dubbio che sia soprattutto questo genere di motivazioni che ha impedito finora che venissero apprezzate come meritano.

Il pittore Ichiro Aoye (Toshiro Mifune) si presenta fin dall'inizio come un personaggio stravagante, se non altro per la sua abitudine, rara per l'epoca, come gli fanno notare perfino dei montanari del tutto ignari di mode ed abitudini della gente di città, di spostarsi sempre in motocicletta.

Kurosawa ci mette in guardia fin dalla prima inquadratura: è la ruota di una motocicletta in marcia, e chiaramente una moto di grossa cilindrata: chi la guida ne ha fatto una scelta di vita, non utilitaria.

Il personaggio ha sicuramente una componente autobiografica: sappiamo infatti che la carriera artistica di Kurosawa iniziò con lo studio della pittura, e che continuò per tutta la vita a trasmettere le sue direttive artistiche attraverso sceneggiature piene di disegni impressionistici ma efficaci.

Diceva infatti che riusciva a comunicare il suo messaggio soprattutto quando dimenticava la tecnica e si lasciava portare dalla frenesia dell'arte.

Ichiro Aoye si è recato nelle montagne in cerca di ispirazione, e là comincia una avventura che cambierà la sua vita.

Sopporta con buonumore di essere circondato da un gruppetto di montanari curiosi che dietro le sue spalle commentano e a volte criticano spensieratamente (le montagne non sono di quel colore, le montagne non si muovono!...) le sue libere interpretazioni artistiche.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Una giovane donna, elegante ed attraente (Yoshiko Yamaguchi), arriva a sua volta nel piazzale dove Ichiro ha postato la sua attrezzatura e sta dipingendo le montagne che si affacciano alla vista.

Si sta dirigendo verso un albergo, ma non conosce la direzione ed ha perduto l'autobus, il prossimo passerà tra diverse ore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dopo averle dato burbere e sbrigative indicazioni, Ichiro offre altrettanto rudemente di darle un passaggio con la sua moto, se avrà la pazienza di attendere il termine del suo lavoro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I due, che alloggiano nello stesso albergo, approfondiscono la conoscenza con una breve chiacchierata amichevole, e Ichiro indica alla ragazza ove recarsi per delle piacevoli passeggiate nella natura.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quello che Ichiro ignora, e non sa nemmeno lei, ë che ci sono due reporter appostati in basso, che pedinando costantemente la donna l'hanno seguita fin là.

i tratta infatti di una famosa cantante lirica, Miyako Saijo, e i due non attendono altro che di poterla fotografare in atteggiamento compromettente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La situazione è in realtà totalmente innocente, ma una foto può trarre in inganno, ed il resto lo faranno la fantasia e soprattutto la malafede dei giornalisti.

Il servizio viene venduto ad un periodico scandalistico, dal significativo titolo di Amour.

Lo sviluppo della foto aveva infatti mantenuto le promesse: proprio il materiale che ci voleva per farne un articolo di grande richiamo sul pubblico.


Amour ha deciso di fare le cose in grande: i manifesti che annunciano l'uscita dell'articolo riempiranno letteralmente la città.

Vi appaiono, in atteggiamento reso maliziosamente allusivo dal montaggio, Ichiro Aoye e Miyako Saijo.

Se la copertina è allusiva, Kurosawa lascia solo immaginare su che tono si mantenga il testo.

Ma non per niente questo tipo di periodici si è guadagnato da tempo la ben meritata definizione di junk press: stampa spazzatura.

 

 

 

 

 

 

 

 

Ichiro verrà a conoscenza dello scandalo nel modo più banale: con la sua inseparabile motociletta si ferma ad un semaforo rosso.

Il muro alla sua sinistra è completamente tappezzato dei famosi manifesti.

Una ossessiva pressione pubblicitaria chei i grandi del cinema, come Kurosawa ma anche il nostro Fellini, accusarono con grande tempestività, quando era ancora tendenza e non realtà di tutti i giorni.

Senza purtroppo che il loro grido di allarme venisse in alcun modo ascoltato.

 

 

 

 

 

 

Quando per caso il pittore, sempre in attesa del via libera, getta uno sguardo sul muro, trasecola..

Non crede ai suoi occhi.

Solo dopo lungo tempo, alle sonore proteste delle macchine in coda cui sta bloccando la strada, si riprende e continua il suo cammino.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non andrà molto lontano.

Si ferma al primo chiosco di giornali per acquistare subito la rivista e rendersi conto di persona di quanto c'è scritto e quali foto "scandalose" vi appaiano.

Sfortunatamente per lui anche nel chiosco sono affisse per ogni dove le locandine di Amour.

La giornalaia lo riconosce immediatamente, chiamando le amiche per mostrar loro la "celebrità".

Ichiro preferisce allontanarsi prima che arrivi altra gente, rinunciando a prendere una copia della rivista.

 

 

 

 

 

Nel frattempo nella redazione di Amour sono molto soddisfatti di come stanno andando le cose.

Qualcuno solleva dubbi sulla correttezza dell'articolo, che attribuisce ai due la colpa e lo scandalo di essere amanti, senza avere in realtà nessuna vera prova del fatto.

Ma la sola cosa che sembra contare è l'effimero successo in edicola.

Per i numero successivo si penserà a qualche altra cosa.

 

 

 

 

 

 

 

 

Purtroppo per loro Ichiro non è una persona che ami perdersi in riflessioni.

E'arrivato direttamente in redazione, chiaramente irritato, e chiede di avere in visione una copia della rivista.

Non hanno il coraggio di dire nulla, e gliela porgono.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ichiro si concentra nella lettura.

Il suo viso non promette nulla di buono.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quello di Hori (Eitaro Ozawa), il giornalista che ha firmato l'articolo, è chiaramente il volto di un uomo in difficoltà.

La sua malafede è evidente dall'espressione, ma non mostra segni di pentimento.

Solamente timore per le possibili conseguenze.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La prima delle quali non si fa attendere: un micidiale pugno di Ichiro lo scaraventa addosso ad una pila di numeri arretrati di Amour, che gli frana addosso.

E' evidente a tutti, compreso lo spettatore, che la faccenda non potrà finire lì.


Il pugno di Ichiro era indubbiamente ben dato, e abbondantemente meritato dall'altra parte ma getta ulteriore benzina sul fuoco, se ve ne fosse stato bisogno.

I mezzi di comunicazione si gettano famelici sul caso.

La conferenza stampa in cui Ichiro annuncia la sua intenzione di citare in tribunale il giornalista e la testata è affollata di giornalisti e fotografi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non è da certamente da meno quella in cui Hori annuncia indignato l'attentato contro la libertà di stampa perpetrato dal pittore.

Ribadisce naturalmente l'assoluta rispondenza al vero di quanto pubblicato da Amour e ricorda la schiacciante evidenza delle "prove".

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Adesso non è più solamente il giornaletto scandalistico a gettarsi sul caso.

Il mondo della carta stampata è in subbuglio, le prime pagine non parlano di altro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ichiro dal canto suo è alla prese con un problema non facilmente risolvibile.

Miyako odia la pubblicità e gli scandali e ritiene che una citazione in tribunale non farebbe altro che attirare maggiore attenzione su di loro.

Per quanto siano perfettamente innocenti, ammesso che amare sia una colpa, sono entrati in un ingranaggio che alla lunga non potrà che stritolarli.

Sarebbe forse meglio attendere che il frastuono mediatico si plachi, e forse ha realisticamente ragione: il pubblico ha fame di notizie fresche, non tarderà ad arrivarne un'altra che farà dimenticare la loro "tresca".

Di conseguenza non intende associarsi alla querela che Ichiro vuole presentare, rendendo di fatto più debole la sostenibilità della sua tesi.

 

 

 

Ichiro tuttavia, ad onta della fama di persone sregolate che hanno gli artisti, ha dentro di se dei principi ben saldi a cui non intende rinunciare.

La sua modella Sumie (Noriko Sengoku) si presta volentieri a servirgli un po' da confidente, anche se non è una semplice spalla su cui piangere.

Il carattere positivo e senza remore di Ichiro renderebbe superfluo un tale ruolo.

D'altra parte è proprio il suo carattere leale che gli impedisce di esercitare pressioni su Miyako, di cui è divenuto un sincero amico.

 

 

 

 

 

 

 

La pacata discussione dei due viene interrotta bruscamente: Sumie si accorge che qualcuno, da fuori, sta spiando dentro la finestra.

E' così che farà irruzione nel film Takashi Shimura, e da questo momento non ce n'è più per nessuno.

Questo camaleontico attore si impossessa della scena e non la lascia più: tutti diventano di colpo comprimari, nulla succede più che non dipenda da lui, spettatori ed attori tutti pendono dalle sue labbra.

 

 

 

 

 

 

 

 

Farà risuonare contemporaneamente - in armonia - tutte le corde del sentimento.

Se si è imposto per il carisma in altre opere disegnando indimenticabili figure vincenti (I sette samurai), o perdenti (L'angelo ubriaco, Vivere) ma comunque ben definite, qui gioca contemporaneamente e con impareggiabile maestria su tutti i fronti.

Otokichi Hiruta, il suo personaggio, si presenta come un buffo ometto dal comportamento decisamente comico. Diventerà poi tragico, commovente, ripugnante, degno di ammirazione.

E tutto senza che si riesca a cogliere in lui alcuna contraddizione: è il personaggio in definitiva più credibile di tutta la vicenda, Ichiro e Miyako sembrano troppo buoni e nobili per essere veri ed Hori troppo disgustosamente ignobile e privo di umanità, anche se la mano di Kurosawa è talmente delicata da non far notare queste forzature.

Solamente un grande maestro come Takashi Shimura, di lui Kurosawa disse che aveva la stoffa del leader senza averne l'aria, poteva dar vita a questa memorabile interpretazione.

Lo stesso Kurosawa sembra avere subito - inavvertitamente visto che se ne assume la responsabilità - la personalità discreta ma pervadente di Shimura: Mentre scrivevo la sceneggiatura mi lasciai prendere la mano da un personaggio del tutto imprevisto che finì per rubare troppo posto nella storia. Questo personaggio che mi prese per il naso è il corrotto avvocato Hiruta.


Non appena passata la furia del ciclone Hiruta, omino dalla loquela torrenziale e dai ragionamenti strampalati ma non privi di una certa loro logica, Sumie commenterà: ci sarà da fidarsi di uno con quel nome?.

Probabilmente si riferisce al sostantivo otoko, che intende dire bello, virile, od anche amante, e non sembra accordarsi granché con l'aspetto fisico ed i modi chiassosi e poco ortodossi di Otokichi Hiruta.

Che ha visibilmente molti difetti, ma ha almeno il pregio di saper parlare chiaro quando vuole: Ichiro ha sicuramente bisogno di un avvocato per andare avanti, in America, patria del progresso, nessuno pensa di poter fare a meno di un avvocato.

E chi potrebbe essere un candidato ideale? Modestamente lui. Otokichi Hiruta: avvocato.

 

 

 

Ichiro è un artista, ama giudicare in base alle proprie sensazioni.

Non si può dire che Hiruta abbia un'aria molto professionale, ma nel complesso non gli dispiace.

E soprattutto, giudicando dalla fisionomia, ha gli occhi di una persona onesta.

Non conosciamo la percentuale di successo dei giudizi di Ichiro, ma questo è sicuramente fuori bersaglio, eppure in qualche modo azzeccato.

Solamente andando avanti nella vicenda potremo sciogliere questa apparentemente insanabile contraddizione.

 

 

 

 

 

 

Ha deciso infine: Hiruta sarà il suo avvocato.

L'indirizzo indicato sul biglietto da visita si trova però in una bidonville,chiara indicazione che le fortune professionali di Hiruta non sono adeguate alla sua irruenza.

Un vecchio cartello scritto alla buona indica di fare attenzione al cane, ma la cuccia è vuota.

Ichiro apprenderà poi che il cane è morto da anni, ma la scritta viene mantenuta per mantenere lontani i malintenzionati, che non si capisce però che dovrebbero cercare nel tugurio di Hiruta.

 

 

 

 

 

 

 

Dove Ichiro dopo aver bussato scopre solamente una bambina, che giace a letto malata. Il padre non c'è, si trova in ufficio.

Lei non ha una semplice infreddatura, è costretta a letto dalla tubercolosi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Si chiama Masako (è interpretata da Yoko Katsuragi), e nonostante tutto non ha perso la sua infantile ma poetica fiducia nella vita.

E' sola per il momento e ha cheisto di lasciare aperto lo scorrevole per poter osservare la piccola vita del modesto giardinetto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ha anche chiesto alla madre, che lavora come sarta, di appendere nella sua stanza finché non dovrà essere consegnato uno splendido kimono tradizionale.

E' un abito da sposa, e la bambina alla sua visione già si sente partecipe della gioia della cerimonia, che non vedrà nemmeno da lontano.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ichiro per il momento la deve lasciare. Deve ancora rintracciare l' avvocato Hiiruta.

Il suo ufficio è situato in uno squallido palazzo nelle vicinanze, se possibile ancora più inquietante della bidonville dove vive e abitato o frequentato da strani personaggi.

Uno di essi fa presente ad Ichiro che il sesto piano, dove sarebbe diislocato l'ufficio, non esiste: il palazzo ha solo cinque piani.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lo studio legale Hiruta infatti si trova sul terrazzo, probabilmente è un ex lavatoio.

Al'interno una confusione indescrivibile, ed un cumulo di riviste di cavalli, che indicano una pericolosa passione dell'avvocato per le scommesse.

Ce ne sarebbe più che a sufficienza per concludere che Hiruta non può essere l'uomo giusto per lui.

L'artista, con la sensibilità che è propria degli artisti, sente che non è così.

 

 

 

 

 

 

 

 

Rintracciato un gessetto scrive sulle nude assi della parete con mano sicura, diremmo imperiosa, il suo messaggio: nomina Hiruta suo consulente legale. I dettagli, a dopo.

Avrà incredibilmente ragione: Hiruta è il suo uomo, ma prima di dimostrarlo e riscattarsi cadrà più volte - miseramente - vittima delle sue debolezze.


Nel frattempo il frastuono mediatico non dà il minimo cenno di volersi calmare, anzi la situazione sembra diventare peggiore di giorno in giorno.

Sotto lo studio di Ichiro si aggira un uomo sandwich, che fa allegramente pubblicità per gli articoli di Amour.

Ovviamente gli editori hanno deciso di lavorare il ferro finché è caldo e la rivista continua a denunciare lo ' scandalo" che si vanta di avere scoperto, aggiungendo ogni volta nuovi fantasiosi ed insinuanti particolari.

 

 

 

 

 

 

 

Non è più possibile sfuggire alle morbose attenzioni del pubblico.

Mentre i due discutono, invano Ichiro prega l'uomo di spostarsi da qualche altra parte, si aprono le finestre.

Grappoli di persone curiose, comprese quelle dall'aria apparentemente più aliena dalla caccia ai pettegolezzi, assistono alla scena, tentando di afferrarne ogni dettaglio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sumie tenta di sollevare il morale di Ichiro, che in questo momento è veramente ai minimi livelli.

La sua natura lo porta a combattere senza soffermarsi a valutare le possibilità di vvittoria, senza lunghi e complicati calcoli sulle strategie più opportune.

Ma non era assolutamente preparato a combattere un nemico così insidioso e così pervasivo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel frattempo Hiruta è partito con entusiasmo per assolvere al suo incarico.


Si è recato nella redaizone di Amour per verificare se ci siano le condizioni per un accordo extragiudiziali.

La sua ingenua parlantina però non scalfisce l'imperturbabilità di Hori.

Ha già inquadrato il personaggio che gli si trova davanti, sa come trattarlo.

 

 

 

 

 

 

 

 

In un attimo, senza che il malcapitato riesca a renderse conto di come sia successo, le parti si invertono.

E' Hori a prendere in mano la situazione, a pressarlo, a piegrlo alla sua volontà.

Ha immediatamente compreso, con l'astuzia di chi è abituato a barcamenarsi in un mondo arido e crudele, di avere di fronte a se una persona irrimimediabilmente debole e perdente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Naturalmente Hiruta sa di essere quello che è, ma la sua natura non gli permette di vedere lontano.

E' destinato a rimanere facilmente quanto effimeramente incantato da ogni suo irrealistico proposito di rivalsa o redenzione.

Ogni, volta, implacabile, la cruda realtà lo lascia solo di fronte alle sue debolezze: sempre le stesse.

Ed ogni volta, inevitabilmente, Hiruta cede.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La sconfitta è innegabile. Bruciante.

Corrotto da Hori, l'uomo si affretta col denaro ricevuto ad acquistare dei doni per la figlia.

Ma non riesce a convincere se stesso di essere nel giusto: sa di avere perduto l'ennesima battaglia, prima ancora di avere incrociato le armi.

La sua espressione, lo stesso atteggiamento del corpo, ripiegato su se stesso come per ripararsi dall'ennesimo colpo di una sorte maligna, sono eloquenti

 

 

 

 

 

 

 

 

Sarebbe difficile ingannarsi su questo, ma l'affetto può coprire ogni cosa.

Non per questo Masako si lascia trare in inganno.

Ha sviluppato l'elevata sensibilità di chi non sa quanto tempo gli rimane da vivere, e di chi privato di un senso compensa sviluppando gli altri.

Ha compreso da diverso tempo la natura infleice del padre, e sa con certezza che ogni suo improvviso colpo di fortuna coincide con un cedimento morale.

Non può quindi essere felice dei doni del padre, sa che non provengono - non possono provenire - da una azione lecita.

 

 

 

 

 

Hiruta è solo, nello squallido ufficetto sul terrazzo.

Sta tentando di lottare con se stesso, per l'ennesima volta, pur sapendo che per l'ennesima volta non sarà la parte migliore di lui a vincere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La sua decisione finale è già palese.

La porta, da sempre, dentro di se.

Al momento di uscire non ha il coraggio di guardare ancora la foto della adorata figlia, è costretto a girarla.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Si sta recando alle corse oer scommettere.

Il vizio del gioco che lo divora e gli fa balenare davanti agli occhi la possibilità di miracolose ed istantanee soluzioni a tutti i problemi, suoii e dei suoi cari.

Naturalmente perderà ancora, ma il maligno Hori è là, per "soccorrerlo".

Altro denaro corre tra i due.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Hiruta è ormai definitivamente preso nella rete.

Non ha più nemmeno la forza per dibattesi.

Ma in realtà, l'ha mai avuta?

Il processo sta per iniziare, ma lui non è più nullaltro che un fantoccio inerte nella mani di Hori.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Le precauzioni comunque non sono mai troppe.

Per difendere la causa del giornalista e della testata viene designato un principe del foro: il dottor Kataoka (Sugisaku Aoyama), che si suppone farà un sol boccone dello sprovveduto Hiruta.

Ammesso e non concesso che questi osi tentare di assolvere al suo mandato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Hiruta in realtà ha già rinunciato, e vede come unica via di scampo quella di convincere anche Ichiro a rinunciare alla querela.

Si reca da lui con una scusa pronta: non ci sono speranze di successo se la seconda parte lesa, la signora Miyako Saijo, si dissocia dalla causa.

E' destino che al povero Hiruta non gliene debba andare bene una: Ichiro le presenta Miyako in persona, che si trova lì: ha appena acconsentito a costituirsi in tribunale.

Lo spavento di Hiruta è tale che stringe spasmodicamente il manubrio della motocicletta, azionando il clackson senza accorgersene, finché non interviene il peroplesso Ichiro a staccargli la mano dal pulsante


Ichiro ormai è ridotto a travestirsi per poter girare tranquillamente per strada, si cela sotto un cappello a larghe tese e un paio di occhiali finti.

Miiyako dal canto suo porta sempre una mascherina di protezione sul viso, in Giappone sono molti a portarla per evitare l'inquinamento urbano o i contagi dalle malattie più comuni.

Ancora una volta un cartellone pubblicitario semovente lo ferma per proporgli qualcosa.

Nonostante i suoi timori non si tratta di un'ennesima puntata del "suo" scandalo.

E' semplicemente arrivato il Natale, e l'uomo sta probabilmente reclamizzando qualche miracolosa vendita natalizia.

 

 

 

 

 

Già... è Natale! Il Natale dell' anno 1950.

Ichiro l' aveva forse dimenticato, preso come era dai suoi problemi, ma adesso corre lestamente ai ripari.

I bambini della bidonville rimangono a bocca aperta: cosa sta arrivando mai?

Ha l'aria di essere qualcosa di fantastico ed irripetibile.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E' Ichiro, a cavallo della sua inseparabile motocicletta dove ha issato in periglioso equilibrio un gigantesco albero di Natale, addobbato nel migliore dei modi.

L'abilità, ma anche la malizia, di Kurosawa non cessa mai di destare ammirato stupore.

Quando la tensione diventa eccessiva ed eccessivamente negativa, quando il degrado morale delle situazioni descritte rischia di angosciare lo spettatore, spesso un capovolgimento degli eventi verso qualcosa di bello e positivo dà la forza di continuare a seguire la vicenda.

 

 

 

 

 

 

Miyako ed ishiro hanno organizzato una indimenticabile festa di Natale per Masako.

Gli addobbi riescono a rendere bella perfino la misera capanna.

Ichiro suona al pianoforte; chissà quanti problemi organizzativi avrà superato o travolto con il suo positivo interventismo, chissà dove avrà trovato quel pianoforte.

Lo suona con grande disinvoltura, accompagnando Miyako che canta le tradizionali melodie di fine anno e anche le più diffuse canzoni natalizie occidentali.

Il rapporto tra i due supposti amanti continua ad essere limpido, trasparente, disinteressato, puro.

 

 

 

 

 

Masako è fuori di se dalla gioia.

Sta probabilmente pensando che solo una cosa manca alla sua felicità, ma non può tardare molto.

Quando Otokichi ritornerà a casa e si riunirà a loro la festa potrà dirsi completa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Otokichi in realtà è già rincasato.

Ma si è fermato, vergognoso, sulla porta di casa.

Sente crescere dentro di se l'onta per avere tradito per del miserabile denaro non solo la fiducia dell'unico uomo che gli abbia dato credito nonostante ogni apparenza contraria, ma anche quelle dell' unico raggio di luce della sua vita, Masako.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non riesce a reggere il peso della sua colpa, decide di andare via.

Si è tradito però facendo rumore, assieme ad Ichiro lo rincorre e lo trattiene anche la moglie ((Tanie Kitabayashi che tritroveremo alcuni anni dopo in L'arpa birmana di Kon Ichikawa).

Non potranno nulla di fronte alla sua irriversibile crisi: Otokichi Hiruta si divincola e fugge nella notte.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ichiro lo ha seguito.

Il poveruomo si è rifugiato in un locale di terzo ordine, dove si sta deliberatamente ubriacando per dimenticare i suoi rimorsi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non è il solo ad avere fatto quella scelta, nella fredda notte di Natale del 1950.

Assieme a lui un inveterato ubriacone è salito sul palco dove si alternano improvvisati cantanti.

L'attore è Bokuzen Hidari, che il pubblico occidentale ricorda soprattutto nei panni del pavido contadino Joei (I sette samurai), ruolo che interpretò pochi anni dopo.

Otokichi Hiruta ha una richiesta da fare.

Perchè l'orchestrina del locale non può, per una volta, suonare per lui? Dedicargli, donargli, qualcosa?

 

 

 

 

 

 

Il desiderio di Hiruta ha qualcosa di magico.

E magicamente, si avvera. Non solo perché gli orchestrali decidono di farlo contento, ma soprattutto perché tutti i presenti sentono in qualche modo di essere partecipi di quel dono.

Nessuno riesce ad esimersi dal cantare assieme ai due infelici, e Hiruta si stringe - con affetto? - al braccio di Ichiro, che canta assieme a lui ed al coro dei derelitti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La mano di Kurosawa è particolarmente felice nella scelta dei comprimari chiamati a prestare i loro volti .

Debbono esprimere la speranza di un mondo migliore da parte di chi la speranza credeva oramai di averla perduta per sempre.

Allo spettatore il giudizio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La magica notte non è finita.

Al di fuori splendono magnifiche le costellazioni.

Il cielo è di una limpidezza assoluta, senza l'ombra di una nuvola.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ichiro ed Otokichi sono usciti tenendosi ancora sottobraccio, del resto hanno tutti e due bevuto più che abbondantemente ed è meglio sorreggersi a a vicenda, appoggiarsi l'uno all'altro.

Grande è la loro sorpresa nel vedere, nel solito lurido acquitrinio che Kurosawa non manca mai di mettere nell'ambientazione dei suoi film gendai, l'intero firmamento.

Ichiro osserva, con la saggezza e la capacità di vedere oltre le paarenze che hanno talvolta gli ubriachi, che non sono semplicemente un riflesso.

In quella notte delle autentiche stelle sono nate dal fango.


E' finalmente, dopo tanti preparativi da una parte e dall'altra, il giorno della prima udienza.

L'attesa è ancora cresciuta, oltre a spettatori interessati e semplici curiosi ci sono anche tutti i mezzi di comunicazione, che non hanno voluto " bucare" l'evento.

Per ogni dove giornalisti, cronisti, fotografi, cineoperatori

E' evidente che non sarà un processo come tutti gli altri

 

 

 

 

 

 

 

 

Otokichi Hiruta probabilmente non ha mai avuto prima di allora l'occasione di andare veramente in tribunale come avvocato, e le sue informazioni non devono essere recentissime.

Ha rispolverato per l'occasione una tenuta formale che deve risalire al secolo precedente, che se scatena l'eccitazione dei già sovreccitati fotografi ha se non altro un pregio.

Quello di suscitare un momento di grande ilarità nel pubblico, quello virtuale del film e quello reale che sta davanti allo schermo.

Per quanto inveterato gaffeur, per una volta si rende conto che qualcosa non va, e durante le udienze successive indosserà abiti normali.

 

 

 

 

 

Il processo sarà per lui un supplizio.

Di fronte al banco dei querelanti è situato quello della controparte, ove siede Hori.

Il suo sguardo, rivolto pressoché costantemente in direzione di Hiruta, ha l'effetto di paralizzarlo e privarlo di ogni energia.


Sembra quello di un serpente che fissa la sua preda inerme.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lo sguardo di Otokichi Hiruta non ha bisogno di alcun commento.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I testimoni sono chiaramente condizionati.

Vivono con superficialità l'insperato ed inaspettato momento in cui si trvoano sotto la luce dei riflettori.

Ripetono scioccamente i pettegolezzi che hanno sentito in giro, se non li hanno addirittura ripresi tali e quali dalle colonne di Amour.

Un avvocato scrupolos potrebbe metterli facilmente in difficoltà, ma Hiruta ammesso di averne avute le capacità, è in questo momento inutile a se stesso e al suo cliente

Il verdetto sembra già scontato in partenza: assoluzione piena per il periodico Amour e per il giornalsita.

 

 

 

 

 

Tra una udienza e l'altra Ichiro trova il tempo di visitare Masako, che è inquieta.


Da una parte le sue visite la riempiono di gioia.

Dall'altra avverte il rimorso per il cattivo comportamento del padre, che non trova alcuna giustificazione

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ichiro non cede al risentimento.

Per lui Otokichi Hiruta continua ad essere una persona degna di rispetto e di stima, nonostante tutto.

Non è cieco di fronte ai suoi errori, ma li deve considerare frutto della sua debolezza, non di una sua non ammissibile malvagità.

Masako accetta una sua carezza.

Non solo: stringe spasmodicamente la sua mano e non vuole lasciarla.

 

 

 

 

 

 

 

La madre di Masako sente che la forza vitale della figlia sta inesorabilmente esaurendosi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il processo continua.

Finalmente Hiruta ha avuto un colpo d'ala, si è riscosso dal suo torpore.

Perfino il giudice (Masao Shimizu) ha l'aria molto divertita quando ammette a deporre tre testimoni convocati da Hiruta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sono i tre montanari che attorniavano petulanti Ichiro mentre tentava di trovare l'ispirazione nei maestosi picchi di fronte.

Hanno rivestito i loro abiti migliori, ma hanno portato con se le loro maniere: i loro tempi di reazione, il loro modo di fare, la loro mentalità.

Nessuna forza al mondo sarà capace di cambiarli.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La prima grana scoppia immediatamente quando - secondo la procedura - dovrebbero sottoporsi al giuramento di rito.

Si vuole forse insinuare che non sono uomini di parola?

Va reso merito alla loro splendida recitazione, 110 e lode per tutti e tre.

Ed abbraccio accademico per Kokuden Kodo, che si fa portavoce anche per gli altri.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Per quanto la testimonianza diventi ben presto collettiva, riuscendo inutile ogni tentativo di tenere a freno gli altri due quando intervengono, a proposito e - soprattutto - a sproposito.

Pittoresca quanto si vuole ma la testimonianza dei tre è concorde e inattacabile: Miyako giunse da sola al piazzale, dopo aver perso l'autobus, e non dimostrava in alcun modo di avere mai conosciuto prima Ichiro.

Solamente dopo qualche tempo questi, che si era prima offerto di tenerle i bagagli mentre lei proseguiva da sola, si lasciò commuovere e le offrì quel passaggio in motocicletta da cui sono nati poi tanti guai.

 

 

 

 

 

Il pubblico si rende conto che qualcosa potrebbe cambiare nel corso del processo.

Per la prima volta Hiruta è riuscito a piazzare un colpo, ed un colpo che non sembra concedere possibilità di replica.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La replica c'è.

L'elegante, impassibile, gelido avvocato Kataoka chiede la parola.

Se questa testimonianza era così importante, come mai solamente ora, praticamente alla fine del processo, viene presentata?

C' è qualche cosa che non quadra, e il rappresentante dei querelanti dovrebbe darne conto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Hiruta tace, impotente.

Hori sogghigna malignamente.

Il giudice ed il pubblico si chiedono - invano - cosa stia succedendo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Si attende ora l'ultima udienza, in cui è prevista l'emissione del verdetto.

Ichiro, Miyamo e Sumie sono nello studio di Ichiro, muti.

Pensano che non ci sia più nulla che possano fare o dire: la battaglia è persa.

Sumie al colmo della fustrazione non riesce a trattenersi dal rimproverare Ichiro: lei l'aveva messo in guardia, ma ha voluto andare avanti testardamente, facendone pagare le conseguenze anche alla povera Miyako.

 

 

 

 

 

 

 

Ichiro si alza, mette in moto la sua motocicletta, testimone inanimato di tutta la videnda, come sempre parcheggiata nel suo studio sopra al cavalletto.

Accelera ripetutamente il motore fino al massimo dei giri.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

In un ambiente chiuso il frastuono è assordante, e Sumie non resiste.

Ichiro spegne il motore e si scusa: aveva bisogno assoluto di uno sfogo.

Adesso si sente di nuovo in grado di nuovo di affrontare quello che sarà.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sicuramente però non è preparato a quanto segue.

Un rumore fa allarmare i tre, ancora una volta sembra che qualcuno stia entrando, quasi furtivamente, nello studio.

Ancora una volta è Otokichi Hiruta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

O perlomeno la sua apparenza fisica.

Ha l'aria di una persona dentro cui non ci sia più nulla, di un simulacro vuoto.

Ed è così.

A stento riesce a tirare fuori quello che ha dentro, a dare la notizia che è venuto a portare.

Masako è morta.


Il giorno in cui si attende l' emissione del verdetto, gli atteggiamenti fisici dei vari protagonisti anticipano già la probabile conclusione.

Ichiro e - al suo fianco - Miyako - sembrano l'immagine della rassegnazione, di chi non si aspetta più nulla di buono dalla giustizia degli uomini.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Hori è se possibile ancora più tronfio del solito, disgustoso nel suo autocompiacimento frutto di menzogna e corruzione.

L'avvocato Kataoka non batte ciglio come suo solito.

Ma sembra attendere la conclusione come un qualcosa di scontato, una mera formalità per sanzionare quanto già deciso prima.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Hiruta sembra non volersi più interessare di nulla e di nessuno e per una volta meriterebbe di essere compreso.

Dichiara di non avere nulla da aggiungere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A sorpresa, è Ichiro che vuole rilasciare una dichiarazione.

Ammette di essere arrivato impreparato davanti alla corte e alle complesse procedure giudiziarie.

Ma se la sua è stata una colpa, è stata la colpa di chi ha creduto che la macchina della giustizia fosse in grado di stabilire da sola dove fossero i torti e le ragion.

E' stata la colpa di chi ha creduto che fosse sufficiente essere innocenti per presentarsi a testa alta in tirbunale e attendere fiducioso l'accertamento della verità.

Nemmeno ora ha una sola parola di rimprovero verso Hiruta.

 

 

 

 

 

Vogliamo ora rendere un modesto omaggio a quella che è stata con ogni verosimiglianza la fonte cui si è ispirato Akira Kurosawa con questa opera.

Non ne abbiamo parlato in precedenza per permetterci anche noi un pizzico di suspence: ci perdoni l'incauto lettore che ha avuto la pazienza di seguirci fino a qui.

Nella immagine vediamo il famoso attore americano James Stewart. E' impegnato nella parte di Jefferson Smith, nel film Mister Smith va a Washignton, del regista Frank Capra. Uscì sugli schermi nel 1939, circa 10 anni prima che Kurosawa iniziasse le riprese di Shubun.

E' la vicenda di un giovane idealista che si ritrova per circostanze casuali ad essere senatore degli Stati Uniti d'America, ma non essendo piegabile a logiche di parte - e di partito - viene coinvolto in uno scandalo montato ad arte per costringerlo a dare le dimissioni.

Nel corso di una appassionata ed interminabile autodifesa, che ha all'inizio solo lo scopo di ritardare parlando finché lo reggono le forse l'approvazione di una legge nefanda, riesce a convincere con la sua ingenuità - che giustifica con gli stessi argomenti di Ichiro Aoye, della falsità delle accuse contro di lui.

Il discorso muove qualcosa anche nell'animo di Otokichi Hiruta, dentro al quale probabilmente si sta svolgengo una lotta titanica tra il bene ed il male.

Chiede anche lui la parola,

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ma non come avvocato.

Chiede, tra la sorpresa generale, di essere citato ed ascoltato in qualità di testimone.

Il giudice, per quanto meravigliato anche lui, acconsente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E' vero: Otokichi Hiruta deve ammettere di avere tenuto nel corso del processo un atteggiamento rinunciatario, senza veramente tutelare gli interessi del suo cliente.

E' ora però il momento di rivelare, sotto il vincolo del giuramento, in qualità di testimone, quali ne siano state le ragioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Hiruta confessa di essere stato corrotto da Hori per venire meno al suo mandato di avvocato.

Ne ha la prova inconfutabile: un assegno a suo nome da parte di Hori.

E lo esibisce mettendolo a disposizione della Corte.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L'assegno passa tra le mani dei giudici e delle parti in causa.

E' una prova schiacciante, che nessun appiglio legale potrebbe mettere in dubbio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il gelido inappuntabile - ma corretto - Kataoka chiede a sua volta la parola.

Rinuncia ad ogni tentativo di confutare l'accusa di Hiruta, e lanciata una rapida occhiata di intesa ad Hori, che suo malgrado capisce che deve acconsentire, dichiara di rimettersi alla decisione della Corte.

La Corte, accettando la testimonianca di Hiruta,dà ragione ad Ichiro Ayoe e Miyako Saijo nella causa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La gioia esplode irrefrenabile fra i tanti simpatizzanti di Ichiro che gremivano l'aula.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nulla sembra invece poter risollevare Hiruta dall'abisso della sua disperazione.

Il suo riscatto sembra scaturito sfruttnado l'ultima stilla di energia che ancora rimaneva nel suo corpo e nel suo animo..

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I giornalisti si affollano intorno alla coppia dei trionfatori.

Chissà, sono forse almeno in parte gli stessi che prima li additavano al disprezzo dei lettori.

Ichiro ha qualcosa da dire a proposito della conclusione del processo: in questa occasione è nata una stella.

Chi gli sta intorno non capisce: non sembra verosimile che Otokichi Hiruta possa avere una seconda vita come stella dell'avvocatura.

Ma non è questo che vuol dire Ichiro: nonostante tutto, dal fango, nel fango è nata una stella.

 

 

 

 

 

 

E' passato diverso tempo.

A quello stesso muro dove qualche mese prima si era esterefatto fermato Ichiro al vedere la sua immagine riporodotta all'infinito, assieme a quella di Miyako, pendono i resti dei manifesti che tanto interesse destavano al momento dello scandalo.

Ora nessuno li degna più di un'occhiata.

Nemmeno quell'omino intabarrato in un logoro cappotto, che sta attraversando la strada.

Certamente, è Otokichi Hiruta.

Ma Kurosawa non ci lascia capire se qualcosa sia veramente nato dentro di lui nonostante la morte dell'essere che pi⌂ amava al mondo.

Non ci lascia capire se veramente in lui sia nata una stella.