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Fin dal 1939 Domon aveva iniziato a scattare immagini di antichi templi giapponesi, e continuò per tutta la sua vita artistica pubblicando via via una vera e propria enciclopedia fotografica, il Kojujinrei (Pellegrinaggi ai templi antichi)  di cui uscirono cinque volumi tra il 1963 e il 1975.

Oltre alla tecnica anche il suo approccio era peculiare: si trasferiva nel tempio di cui desiderava raccogliere immagini e vi si immergeva totalmente per diverse settimane, tentando di assorbirne l'atmosfera, lo spirito, ma senza scattare alcuna foto.

Solamente quando comprendeva di essere pronto iniziava a riprendere immagini.

 

 

 

 

 

 

Dopo il primo ictus del 1959 Domon aveva perso l'uso della mano destra. Le istantanee gli erano ormai precluse

Continuò nel suo pellegrinaggio, prendendo l'abitudine di scattare facendo uso di un cavalletto e di un cavo flessibile manovrato con la sinistra o dell'autoscatto.

Il secondo ictus del 1968 lo costrinse sulla sedia a rotelle ma non si arrese e non interruppe i suoi pellegrinaggi, mentre le foto venivano realizzate materialmente con l'ausilio dei suoi assistenti che ne seguivano scrupolosamente le indicazioni.

Nel 1976 il terzo ictus lo costrinse all'inattività.

 

 

 

 

 

 

Nel genere ritrattistico (Fudo) Domon utilizza differenti chiavi di lettura.

A volte isola il volto, l'espressione della persona raffigurata da ogni elemento esterno.

Coglie l'essenza della personalità.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Altrove indaga nei rapporti tra le persone.

O forse semplicemente li rappresenta, così come li ha visti nella realtà, in un atteggiamento spontaneo.

Visione oltre le righe preclusa ad altri, che solo la sua maestria ci ha potuto rivelare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Può accadere nei ritratti che Ken Domon scelga una ambientazione d'effetto, che lasci interdetto lo spettatore e gli renda allo stesso tempo manifesta la complessa personalità della persona raffigurata.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ma è anche possibile che scelga "semplicemente" di rappresentare un artista intento al suo lavoro, nel suo ambiente.

Trasfigurato e indifferente a quanto gli possa accadere intorno, rapito dalla musa dell'arte.

Potremmo continuare a lungo nella ricerca di altre significative immagini di Ken Domon.

Rischieremmo però che la ricerca divenisse interminabile, e toglieremmo qualcosa del necessario stimolo che deve spingere ogni persona sensibile a prendere visione di persona delle opere di Domon.

Maestro della memoria. Maestro del reale.