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Abbiamo già visto che Osawa sensei sconsiglia, perlomeno nel corso di questa lezione, di assumere nelle fasi iniziali delle tecniche posizioni troppo larghe come quella che ora sta mostrando.

E' evidente che si tratta di un errore per sovraccumulo in movimenti altrimenti leciti.

Le conseguenze immediate possono essere la perdita del proprio baricentro, che si trasferisce sulla gamba avanzata o su quella arretrata, e un rallentamento dei movimenti dovuto all'eccessivo compasso delle gambe.

 

 

 

 

 

 

 

Non starò a ripetere in continuazione che in questa fase storica dell'aikido i vertici didattici si stanno chiaramente indirizzando su un ritorno alle origini, un affinamento ed un consolidamento delle basi. Solo questo permetterà di arrivare in alto in futuro.

Quanto mostrato da Osawa sensei sarà quindi riassumibile in poco più di una manciata di tecniche: ikkyo, nikyo, sankyo, kotegaeshi, shihonage, iriminage, kaitennage, tenchinage.

Impressionante invece il numero di variazioni, ma anche di punti nodali all'interno di ogni singola tecnica. La prima giornata si è lavorato partendo dalla posizione gyaku hanmi.

In questo iriminage vediamo la caratteristica postura di Osawa sensei, al termine della fase iniziale. Da quel momento in poi, che giustamente il maestro mette in luce arrestandosi un attimo prima di continuare, inizia la fase terminale.

 

Il momento tecnico può essere differente, ora stiamo vedendo sankyo omote, ma l'approccio e la metodologia di spostamento rimangono invariati.

La posizione del maestro è ovviamente speculare, in precedenza si trovava in hidari hanmi (guardia sinistra) mentre ora sta in migi hanmi (destra), e le mani lavorano ora verso una direzione jodan (alta) e non più gedan (bassa), ma queste differenze ci aiutano ora a rendere più evidente quanto invece non cambia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La veduta frontale permette di apprezzare un altro tema affrontato da Osawa: la necessità di alzare il baricentro di uke allo stesso tempo che tori abbassa il suo.

E naturalmente le varie procedure finalizzate a questo scopo.

Una delle più vistose, e quindi didatticamente utili ad affrontare il tema, è l'azione sul gomito di uke.

Alzando il suo gomito, si agisce anche sulla gamba corrispondente, che tende a sollevarsi dal suolo.

A quel punto uke, oltre a trovarsi in equilibrio precario, è anche praticamente impossibilitato a muoversi, se non nelle direzioni dove verrà portato sfruttando il suo squilibrio.

 

 

 

 

 

La modalità di spostamento alternativa, che abbiamo visto in precedenza, con il corpo in linea con le gambe, si sposa naturalmente con una esecuzione gedan, in cui il corpo di uke viene guidato verso il basso.

La posizione del torso ha in questo caso una funziona attiva nel controllo di uke.

La spalla del maestro, agendo con una pressione sulla articolazione di uke, lo obbliga a seguire la direzione più funzionale per il proseguimento di sankyo omote.

 

 

 

 

 

 

 

 

Nella posizione finale di sankyo omote si concretizza l'osae (immobilizzazione) di uke, attraverso una azione di kime (controllo).

La foto permette di apprezzare, oltre all'ineccepibile metsuke (focalizzazione) del maestro anche la differenza tra le fasi conclusive di sankyo e di nikyo, che è rappresentato nella seconda foto di questa fotocronaca, accompagnata da qualche nota tecnica indirizzata soprattutto a chi si trovi agli inizi del cammino.

Chi invece si trova già a buon punto troverà sicuramente nella semplice visione delle foto spunti maggiori di quelli che cerco di proporre nei miei commenti.

 

 

 

 

 

Pur concedendo brevi finestre aperte sulle impostazioni alternative Osawa sensei non devia dal percorso didattico che si è prefisso in questo seminario.

Nessuna concessione nemmeno nella preparazione di shihonage. La posizione rimane raccolta e focalizzata sulla direzione di lavoro successiva.

Chi si adatta - chi deve adattarsi - alla situazione del momento è soprattutto uke.

La didattica di Osawa è filosoficamente analoga a quella di Tada sensei, per quanto ne sembri apparentemente distante nella gestualità.

Agire positivamente, rendendosi padrone della situazione e delle controparti in gioco, senza lasciarsene condizionare.

 

 

 

 

Questo richiede un condizionamento costante e continuato nel tempo, senza cedimenti.

Il movimento opportuno deve nascere spontaneamente ed istantaneamente quando necessario.

Non può passare attraverso il filtro dei processi logici, che ne ritarderebbero nella migliore delle ipotesi l'esecuzione, e nella peggiore lo sostituirebbero con un movimento errato frutto di una analisi insufficiente e della influenza di fattori esterni non pertinenti come fretta, timore ma anche desiderio di fare bene, di mostrare la propria padronanza.

Osawa richiede sovente ai praticanti di assimilare a solo il movimento che dovranno poi richiamare nella esecuzione di una tecnica.

 

 

 

 

Mostra poi, qualunque sia la tecnica, chiunque sia il suo uke, che i principi cui lui si affida, cui consiglia di affidarsi o perlomeno di studiare seriamente, sono validi.

Nella foto precedente vediamo una delle possibili posizioni di partenza per l'esecuzione di gyaku hanmi ikkyo, che è la tecnica che vediamo illustrata a fianco.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Potremmo fare esattamente le stesse considerazioni in gyaku hanmi iriminage, qui riproposto da una differente angolazione rispetto a quella vista poco fa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Leggendo questa interminabile sequela di raccomandazioni, prescrizioni, obblighi, approfondimenti e diversioni, qualcuno potrebbe avere l'impressione che si sia trattato di un seminario in qualche modo 'pesante'.

Forse interessante ma insomma un po' duro da mandare giù

Nulla di tutto questo e per provarlo basterà una foto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Inutile dire che nemmeno nei movimenti in suwariwaza Osawa viene meno ai suoi principi o perde un niente del suo impeccabile aplomb.

Lo dimostra in suwariwaza kokyuho, la tecnica che tradizionalmente conclude quasi tutte le lezioni di aikido.

Termina infatti qui la prima lezione dell'intenso, bello ed importante seminario tenuto da Hayato Osawa, Hombu Dojo shihan, in due fredde giornate di Milano.