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Il maestro Asai Katsuaki venne per la prima volta in Italia probabilmente nel 1968 in occasione del primo seminario internazionale di aikido organizzato in Italia, al Lido di Venezia, dal maestro Hiroshi Tada.

Fecero immediatamente sensazione le sue grandi doti atletiche, che si materializzavano in una stupefacente capacità di adattamento alle tecniche di Tada sensei, che molti affrontavano con malcelato timore non consentendogli di esprimere un aikido al meglio delle sue potenzialità. Aveva all'epoca 26 anni, e dal 1965 si era stabilito in Germania, su mandato dell'Honbu Dojo di Tokyo, per diffondervi l'aikido. Da allora è una presenza ricorrente in Italia.

Da Aikido, Anno 1972 n. 2Asai sensei aveva iniziato la pratica 10 anni prima, all'età di 13 anni, sotto la guida del fondatore Ueshiba Morihei e dei grandi maestri storici, mettendosi ben presto in luce come uno dei discepoli più promettenti.

Dopo la sua prima partecipazione ad un seminario italiano fu una presenza costante in tutti i seminari estivi dell'Aikikai d'Italia, spiccando per l'utilizzo di una hakama bianca, che confessò più tardi essere stata utilizzata soprattutto per fini promozionali, essendo all'epoca l'aikido ancora un'arte praticamente sconosciuta che aveva necessità di attirare l'attenzione.

Ma i praticanti impararono ben presto che la didattica di Asai sensei, senza concedere assolutamente nulla all'apparenza pur rimanendo bella da vedere e da mettere in opera, richiedeva un impegno serio e costante per quanto sempre affrontato col sorriso sulle labbra.

Purtroppo col passare degli anni i suoi impegni crebbero in modo esponenziale, e le occasioni di incontro e di studio con il maestro si sono diradate. Oltre a partecipare sempre volentieri ai grandi raduni celebrativi, tiene però ogni anno un seminario a Milano, a cavallo tra primavera ed estate.

Grazie all'impegno del Dojo Nozomi ha da poco cadenzato una serie di seminari anche a Roma. Il prossimo, consigliamo di prenderne nota, sarà il 25 e 26 maggio 2013.

Si è appena concluso invece il consueto seminario invernale di Milano, organizzato come sempre dal Dojo Fujimoto:

 

 

Milano, 2/3 marzo 2013.

Fa sempre piacere risentire la risata del maestro Asai, e oggi si è sentita forse ancora più spesso del solito.

Durante le spiegazioni ma anche durante l'allenamento, illuminando due giornate di pratica serena.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il seminario era iniziato però con un velo di tristezza. Asai sensei dopo il consueto saluto cerimoniale ha voluto far notare che il maestro Fujimoto non era al suo solito posto, al bordo del tatami, dove era sempre stato in ogni seminario precedente.

Ma gli stava vicino, e non solo in immagine: anche io nel mio piccolo l'ho sentito.

Il classico brusio sul tatami si affievoliva man mano che arrivava l'ora prevista. Mancavano ancora 5 minuti, il maestro attendeva come al solito nel "suo" angolino.

In quel momento - senza che nessuno l'abbia segnalato - il brusio è spontaneamente cessato, ognuno ha iniziato il suo seiza. Un bel momento, mi è piaciuto esserci.

E mi piace immaginare di aver sentito in quel momento il vocione di Fujimoto, che appare brusco solo a chi non sa ascoltare, che invitava all'aikido.


Alcuni grandi personaggi esprimono il loro carisma naturalmente, senza doverlo necessariamente materializzare in una azione concreta o in un atteggiamento preciso. Asai sensei ne è un esempio tipico.

E' stato a lungo presidente dello Shidoshakai, l'associazione degli insegnanti dislocati dall'Honbu Dojo in Europa, organizzando ogni anno la relativa assemblea, cogliendo l'occasione per memorabili seminari in Germania.

Ne facevano parte oltre a lui, fondatore e direttore didattico dell'Aikikai di Germania, altri personaggi di notevole spessore.

Tamura Nobuyoshi (Francia), Chiba Katsuo e poi Kanetsuka Minoru (Inghilterra), Kitaura Yasunari (Spagna), Ichimura Toshikatsu (Svezia), Ikeda Masatomi (Svizzera), Sugano Seiichi (Belgio)  e per l'Italia Fujimoto Yoji e Hosokawa Hideki.

Già in quegli anni Hosokawa sensei si esprimeva con queste parole riguardo ad Asai sensei. "Riconosciamo ed accettiamo tutti la sua naturale attitudine alla guida."

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel corso degli anni la didattica di Asai sensei è sempre rimasta fedele ad alcune nitidissime linee guida.

Il primo criterio cui attenersi, o  forse solamente quello più evidente per chi affronti per la prima volta un seminario sotto la sua guida, è di impegnarsi con metodo e costanza nella comprensione del difficile ruolo di uke.

E' vero che i formarsi ed il compiersi dell'azione di aikido vengono determinati dal volere di tori ma è indubitabile che debba passare attraverso uke ed avere su di lui determinate conseguenze. Queste possono essere lasciate al caso, o per meglio dire alla reazione istintiva, o esaminate analiticamente.

Meglio ancora lasciar assecondare le reazioni istintive da una conoscenza scrupolosa degli effetti della pratica dell'aikido sul proprio corpo, e prepararlo alla pratica.

In questa metodica Asai sensei è una figura di riferimento assoluta.


 

Le lezioni del maestro Asai iniziano sempre con una serie di esercizi preparatori - aikitaiso - ove non si ricerca la posizione estrema ma "semplicemente" quella corretta.

Quella che permette al corpo, alla mente ed allo stato d'animo di predisporsi al meglio per la pratica.

Come sempre la didattica tradizionale giapponese predilige il metodo di apprendimento basato sulla esposizione del movimento corretto, abbracciato ed assimilato dal discepolo con uno sguardo "a volo d'uccello" accantonando le analisi logiche, soggette ad errori di metodo o di valutazione e che comunque ritarderebbero l'esecuzione anche quando esatte.

Il momento dell'analisi e della comprensione logica è però solamente collocato in una sequenza temporale diversa. Non è assolutamente ritenuto inutile, tantomeno dannoso. In questo seminario il maestro Asai ha richiesto frequentemente di analizzare taiso e tecniche.

I corretti ashisabaki (spostamenti sul tatami) e taisabaki (movimenti del corpo) sono la base del passaggio dalle tecniche statiche di preparazione a quelle dinamiche di pratica dell'arte.

Gli esercizi di kkyo undo non mancano mai nelle sequenze preparatorie del maestro. Si tratta come sanno tutti coloro che frequentano i suoi seminari di una modalità di esecuzione per alcuni versi particolare.

Il maestro tuttavia, pur richiedendo una aderenza completa a quanto da lui richiesto, non ha alcun timore delle "differenze" di impostazione e ne parla con assoluta naturalezza: in questo modo esegue questa tecnica o questo spostamento Tada sensei, in questo modo invece lo eseguiva o sensei Ueshiba Morihei, in questo modo lo eseguiremo oggi.

La prima giornata del seminario è dedicata a tecniche su presa katatetori gyakuhanmi. Partendo dalla esecuzione canonica di uchikaiten nage si presenterà l'occasione per numerose varianti che metterano in luce altrettante prospettive didattiche.

Non manca né poteva mancare la consueta cura meticolosa riservata al lavoro di uke.

E' facile che il praticante assuma posizioni antifisiologiche, sia per il naturale decadimento dovuto all'età sia per una assuetudine alle tecniche che non riesce a divenire assimilazione per un comprensibile ma comunque nocivo calo di concentrazione.

Diviene allora compito di uke l'esecuzione della tecnica secondo modalità che guidino uke verso la posizione corretta.

Uchikaiten nage in esecuzione ura.

Quest'angolo di ripresa permette anche di apprezzare come l'azione di tori determini la postura di uke e lo conduca poi ai movimenti necessari per la continuazione e la conclusione della tecnica.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Oltre alla esecuzione in proiezione (nage) della tecnica uchikaiten il maestro ha mostrato nei dettagli anche il relativo controllo a terra (udegarami).

Anche qui uke deve essere indotto ad assumere la posizione più vantaggiosa, dove vengono massimizzati gli effetti benefici per il corpo ma viene eliminata ogni possibilità di ulteriore comportamento aggressivo, mentre tori mantiene il pieno controllo della situazione.

Non verrà mai ripetuto abbastanza: anche nei momenti di maggiore impegno il contagioso buonumore del maestro fa la differenza.

 

 

 

 

La prima giornata di studio si conclude con una variante di uchikaiten nage (applicabile ovviamente anche alla esecuzione con rotazione esterna sotokaiten).

E' molto interessante, oltre al suo valore intrinseco, come testimonianza tangibile del lungo percorso che il fondatore Ueshiba Morihei ha fatto compiere alla sua arte, per tramandare intatta l'eredità delle tecniche di combattimento - bujutsu - all'interno dei nuovi metodi formativi - bushidô - che ne presero il posto a partire dall'inizio dell'epoca Meiji (1868).

La tecnica kaiten nage può terminare come abbiamo già visto sia con una proiezione (nage) che con un controllo a terra (osae) mediante una leva sul braccio (ude garami).

E' possibile tuttavia anche continuare la ruotazione della colonna vertebrale di uke fino a farlo uscire dalla presa senza obbligarlo alla caduta, come se fosse un gioco.

Continuando però la rotazione senza lasciare la presa, eseguendola per intendersi come se si avesse in mente uno shihonage ura, si obbliga uke ad una caduta all'indietro dalle conseguenze quasi sicuramente rovinose, o si può deliberatamente decidere di impedirgli la caduta provocandogli una inevitabile lussazione delle vertebre cervicali. Per motivi immaginabili non presentiamo immagini o spiegazioni di queste modalità esecutive.

Che possono però - perfino - essere interpretate ed eseguite come una benefica forma di ginnastica controllata, rivolta a mantenere in efficienza la colonna vertebrale di uke.


 

La seconda giornata del seminario verrà dedicata quasi interamente a shomenuchi sankyo, sia nella forma uchikaiten che in quella sotokaiten.

Prima di entrare nel vivo però il maestro chiede ai praticanti di esprimere i concetti che sono alla base di queste tecniche attingendo solamente nella propria memoria, sia quella mentale che quella corporea, senza l'ausilio (che solo apparentemente è un ostacolo, un opponente) di uke.

Le immaginabili difficoltà vengono come al solito viste non traumaticamente ma come una divertente occasione di progresso.

 

 

 

 

La tecnica inizia per Asai sensei prima ancora di cominciare: un opportuno atteggiamento del corpo con le spalle ortogonali alla linea dei piedi - in posizione hanmi - offre ad uke un bersaglio invitante e praticamente obbligatorio.

Va notato che negli ashisabaki di preparazione il maestro aveva sempre richiesto una posizione diversa - più protetta - del tronco, in linea con quella degli arti inferiori.

Non si tratta chiaramente di una contraddizione, sono momenti diversi della pratica, e a queste fisiologiche e salutari differenze il praticante si deve assuefare, facendole sue "a pelle" piuttosto che con ragionamenti astratti.

Una volta attirato l'attacco, Asai sensei prescrive di uscire immediatamente dalla linea di pericolo, provvedendo allo stesso tempo sia a bloccare o meglio ancora deviare ulteriori azioni da parte di uke sia a rafforzare il controllo nei suoi confronti nei punti soggetti ad atemi, non necessariamente portati fino a fondo.

Ancora una volta l'esecuzione della tecnica è soprattutto occasione di approfondimento per la parte di uke.

E' indispensabile una sua attiva partecipazione, non per assecondare o facilitare la tecnica, ma per reagire in modo logico e conseguente alla azione di tori.

Questi a sua volta ha maggiori possibilità di controllo, anche visive, e ricade sotto la sua responsabilità la correzione delle posizioni assunte da uke quando inizino a divenire antifisiologiche o comunque controproducenti.

Di nuovo una cosa già detta: ma probabilmente non sarà mai ripetuta abbastanza.

L'assimilazione dell'arte - aikido o altra espressione umana - inzia il suo percorso attraverso canali che prevedono un coinvolgimento limitato e condizionato dei procedimenti logici.

Questo non significa però che la riflessione, l'analisi ed infine la ricostruzione dei processi logici e l'elaborazione delle relative teorie non siano previste, non siano necessarie.

Sono riservate indubbiamente a momenti diversi.

Inoltre, vanno probabilmente affrontate, questo sembra di capire dall'insegnamento dei più grandi maestri, con assoluto rigore e con impegno totale ma con uno spirito giocoso.

 

 

 

 

Ed è quindi come un gioco che viene qui proposta una visualizzazione "analitica" del complesso sistema tori-uke che sottintende anche alle più semplici tecniche di aikido.

Benevolmente implacabile, il maestro non si contenta mai.

Non è certamente sufficiente avere una comprensione intellettuale dei propri errori per emendarli.

Lo prova mettendo a confronto le esecuzioni di alcuni praticanti scelti a caso, alcuni a livello mudansha ed altri a livello yudansha.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Le cinture bianche mostrano una generale tendenza ad innalzare il proprio baricentro e ad agire irrigidendo le spalle, il contrario di quanto dovrebbe suggerire il corpo.

Questa tendenza non si nota, o si nota molto di meno, tra le cinture nere: per quanto la comprensione mentale del problema sia alla portata di ognuno, solamente un adeguato periodo di pratica consente di lasciarlo alle proprie spalle.

 

 

 

 

 

 

 

 

Una ennesima innocente domanda rivolta dal maestro al gruppo dei praticanti mette definitivamente in crisi le loro già scricchiolanti certezze.

Saprebbero ricostruire il movimento di jo alla base di quanto fatto immediatamente prima?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Poco male: sarà l'occasione per ritornare su alcuni movimenti fondamentali, rivedendoli però da angolazioni e con strumenti inediti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Termina purtroppo qui, con la sensazione che ce ne sarebbe voluto di più, l'ennesimo piacevole incontro con Asai sensei.

Conosciamo già la data del prossimo appuntamento, il  25 e 26 maggio a Roma.

Gli assenti hanno ancora tutto il tempo necessario per rendersi conto che avranno torto.